00:00 26 Maggio 2009

I ghiacci polari invertono i motori: l’Artico tiene, l’Antartico zoppica

Inversione di tendenza nella tenuta delle banchise glaciali con il Polo nord, pur sempre sotto la media trentennale, in discreto stato di salute, mentre il Polo Sud, pur sempre al di sopra della media trentennale, ha sofferto gli efetti dell'ultima estate australe.

Tra i perenni saliscendi che regolano gli elementi climatici del nostro Pianeta particolare attenzione va riservata senz’altro a quelle grandi spie del clima che sono i ghiacci polari. La particolare posizione geografica e circolatoria delle banchise polari rende quelle fette remote del nostro Pianeta alquanto vulnerabili alla fasi climatiche in atto significando una esaltazione delle stesse sia in un verso che nell’altro.

Per questo motivo monitorare l’andamento dell’estensione glaciale in sede polare risulta altamente produttivo per comprendere l’andamento climatico emisferico anche su piccoli (climaticamente parlando) periodi. Il discorso invece si complica qualora volessimo estrapolare i dati e proiettarli su una visione climatica globale; spesso i dati risultano infatti contrastanti sottolineando che prima di sparare a zero la parola “globale” dovremmo pensarci più di una volta.

L’esempio lampante viene degli ultimi dati che la NOAA ci propone riguardo l’andamento dei ghiacci sulle nostre calotte polari. L’Artico, decretato prematuramente morto già qualche anno fa, risulta invece in discreto stato di salute con un trend che tiene testa alle ultime prestazioni sotto tono del vortice polare, ivi compresa quella dell’ultimo inverno.

I dati attuali riferiscono un estensione di 11 milioni 838 mila kmq, al momento la migliore prestazione degli ultimi 7 anni a pari merito con quella del medesimo periodo del 2003. Sono circa 650 mila kmq di ghiaccio in più rispetto al valore del 2008, anche se complessivamente, l’anomalia riferita alla media trentennale che parte dal 1979 conferma che siamo sotto di circa 500 mila kmq.

Il dato promuove comunque un certo ottimismo rispetto allo sfacelo paventato, mentre le calotte polari sembrano essersi invertite i ruoli con un Antartide che, uscito da un’estate difficile, sta mostrando segnali di cedimento. Il periodo più cupo di mezza estate sembra comunque essere ormai alle spalle e l’estensione glaciale, rapportata a quella dello stesso periodo del 2008, ammanca ora di circa 120 mila kmq.

Il dato riferito alla solita media trentennale ci mostra un trend che, contrariamente all’Artico, risulta comunque sempre positivo rispetto alla medie con un surplus di ghiaccio pari a circa 1 milione di kmq.

Quanto esposto naturalmente, come spiegato all’inizio, non assume alcunsignificato di rilievo nei confronti dell’andamento climatico globale del Pianeta ma rivela l’estrema sensibilità dei ghiacci polari alla circolazione atmosferica imposta dalla potenza più o meno robusta del vortice polare nonchè a quella oceanica prodotta la transito di acque a differenti temperature.

L’ammanco glaciale riferito all’Antartide, soprattutto il settore occidentale e la Penisola Antartica ivi compreso il bacino di Wilkins, può quindi essere imputabile ad un temporaneo mutamento della portata della circolazione oceanica circumpolare, la stessa che potrebbe avere trasferito difatti le acque calde dai settori del Pacifico equatoriale (vedi Nino che non decolla) verso quelli polari.

Se così fosse, il vortice polare antartico ne potrebbe risentire al punto tale da indebolirsi e provocare ondulazioni nel relativo fascio della corrente a getto con un inverno australe teoricamente predisposto a fare la voce grossa su diversi Paesi dell’emisfero meridionale.
Autore : Luca Angelini