00:00 12 Febbraio 2015

Vortice Polare ed il clima europeo: il punto della situazione

Un monitoraggio sullo stato di salute del nostro Vortice Polare relativo a questi ultimi decenni. Cosa è cambiato? Il punto della situazione.

Il comportamento del Vortice Polare negli ultimi decenni. Quali prospettive per il futuro?

Quanto stiamo osservando in questi ultimi anni, somiglia sempre più ad un vero e proprio "shift climatico" che determina notevoli ritardi su quelle che dovrebbero essere le fasi normali di transizione stagionale da un periodo all’altro. Sono state fatte diverse ipotesi in merito a questo comportamento dell’atmosfera, ed è ancora difficile riuscire a stabilire se possa trattarsi o meno di un cambiamento climatico in grado di plasmare il clima su di una scala temporale più ampia.

Sta di fatto che il Vortice Polare, cioè quella grande depressione che caratterizza i mesi invernali e che, normalmente, staziona alle latitudini polari del continente americano ed euroasiatico, durante i mesi autunnali tende a riorganizzarsi con molta difficoltà. La sua vera e tangibile ripartenza si manifesta ormai giunti nella parte finale dell’autunno, attraverso un incremento delle vorticità zonali tipiche di un vortice in rinforzo che spesso e volentieri caratterizza novembre e dicembre, sconfinando poi nella prima metà di gennaio.

Quando i primi importanti warming stratosferici dovrebbero al contrario agevolarne un graduale decadimento, ci ritroviamo sempre più spesso a fare i conti con una zonalità sostenuta, una prevalenza di correnti occidentali sull’Europa, e la generale assenza di movimenti invernali su larga scala. Dagli anni 90′, tale tendenza è andata manifestandosi con sempre maggiore frequenza.

Sarà forse un caso che negli ultimi anni le maggiori chances di inverno arriviamo a giocarcele nel mese di febbraio se non addirittura a marzo?

Abbiamo proposto un grafico composito (fig. 1) che mostra l’andamento dell’indice AO (Artic Oscillation) relativa alla media 1950 – 2014 (linea nera), 1998 – 2014 (linea blu), 2004-2014 (linea viola). La differenza più tangibile riguarda proprio l’andamento del grafico sulla linea nera che mostra come negli inverni del passato, il picco massimo di rinforzo del Vortice Polare ricadesse in ottobre, mentre con l’arrivo di novembre e poi dicembre, l’intervento dei primi warming stratosferici ne determinavano una caduta, agevolando la creazione delle dinamiche circolatorie assai disturbate che hanno caratterizzato molti inverni del secolo scorso.

Nelle ultime stagioni, specie quelle dal 2004 in avanti, abbiamo invece assistito ad un notevole ritardo nei processi di ricompattamento del Vortice Polare che giunge alla piena maturità soltanto a dicembre inoltrato, quando normalmente dovrebbe verificarsi la sua prima ricaduta, attraverso la creazione di onde di Rossby e le prime importanti manifestazioni invernali sul continente europeo.

Le conseguenze di tale ritardo tutti noi le conosciamo abbastanza bene ed includono la mancanza di intrusioni calde verso il polo, la scarsa penetrazione delle onde di Rossby ed una jet stream occidentale troppo irruenta. Sono tutti fenomeni tipicamente associati ad un vortice in rinforzo e quindi assimilabile a dinamiche di tardo autunno piuttosto che di inizio inverno.

Le prospettive per il futuro?

Le cause di questi ritardi sulla maturazione del Vortice Polare Troposferico, potrebbero a tutti gli effetti derivare da un eccesso di calore accumulato durante la stagione estiva sulle regioni polari.  A sua volta questo abnorme accumulo di calore, determina un forte scioglimento dei ghiacciai artici. Una volta che le giornate ritornano ad accorciarsi in modo deciso, l’atmosfera necessita di più tempo per avviare i processi di raffreddamento stagionale, con un ritardo di almeno un mese sulla ricostituzione del Vortice Polare Troposferico. Ad oggi questo reiterato comportamento dell’atmosfera, può essere considerato forse uno degli effetti più eclatanti del famigerato surriscaldamento globale, i cui effetti a lungo termine sono sconosciuti e difficilmente prevedibili. Le cause di tale surriscaldamento non sono necessariamente da imputare alla sola attività antropica ma sono con tutta probabilità legati ad una serie di fattori, tra i quali l’attività solare rimane uno dei principali indiziati.

 

Autore : William Demasi