00:00 8 Giugno 2005

PAURA a Chernobyl quasi 20 anni dopo…

Nei paesi poco distanti dalla centrale è ancora allarme per le alte concentrazioni di radioattività. Le farmacie sono state prese d'assalto ma la situazione è sotto controllo.

Si parla ancora di Chernobyl, perchè la centrale pur chiusa ufficialmente dal 2002, continua a destare preoccupazione.

L’incidente del 1986 riguardò il reattore 4 durante un’esperimento condotto in modo irresponsabile con reiterate violazioni della prassi di sicurezza.

Le esplosioni all’interno del reattore provocarono lo scoperchiamento del nocciolo che fu esposto all’atmosfera. Vapori, gas radioattivi, grafite, materiali strutturali furono proiettati nel cielo. La grafite del nocciolo si mise a bruciare a contatto con l’aria, diffondendo la radioattività per migliaia di kilometri.
Le manovre tampone riuscirono nell’intento di spegnere l’incendio ma non in quello di far cessare l’emissione di radioattività che proseguì sino al 6 maggio, quando crollò lo schermo inferiore del reattore.

Le deposizioni radioattive: iodio 131, cesio 137 e cesio 134 produssero contaminazioni alimentari su molte zone d’Europa. Fu il latte l’alimento che registrò la maggiore contaminazione.

Tra il luglio e il novembre del 1986 un enorme sarcofago di acciaio e calcestruzzo fu creato attorno al reattore 4. Da allora tale sarcofago viene costantemente monitorato ma seguita a preoccupare gli esperti: la stabilità è a rischio, ci sono concrete possibilità di nuove contaminazioni esterne e inoltre la lava solidificata che contiene il combustibile nucleare (stimato in oltre 135 tonnellate di materiale) è instabile.

Basterebbe un evento estremo per mettere a repentaglio la stabilità della struttura: non ci sono bullonature che sostengano il sarcofago, le strutture di sostegno furono semplicemente appoggiate.
Anche gli acquedotti di Kiev sono a rischio: le acque del fiume Prypiat potrebbero essere contaminate dallo stronzio.

In questi giorni c’è stata agitazione nei paesi dell’area: gli strumenti avrebbero infatti notato un netto aumento della concentrazione di radioattività.
Il giornalista Ito De Rolandis si è rivolto al Prof. Tiberti del Dipartimento di fisica della Terra a Torino a cui ha chiesto spiegazioni.

La risposta non si è fatta attendere: “il problema è soprattutto di natura meteorologica -ha spiegato Tiberti- l’assenza prolungata di vento ha provocato una sorta di ionizzazione radioattiva, in altre parole si è concentrata nell’aria tutta la pur scarsa radioattività che filtra dal sarcofago, raggiungendo livelli relativamente alti. L’arrivo di un debole vento ha sospinto la radioattività verso i comuni limitrofi e solo quando la ventilazione è sensibilmente rinforzata, i livelli si sono abbassati”.

E’ bastato però un rialzo temporaneo della concentrazione di radiazioni per spaventare la gente, che si è precipitata nelle farmacie ad acquistare farmaci inibenti l’assorbimento delle radiazioni.

Peccato che sull’argomento vi sia così poca chiarezza e scarsa eco giornalistica.
Autore : Alessio Grosso, Ito De Rolandis