00:00 6 Agosto 2001

Romanzo breve: una settimana estiva a Livigno(SO) 1816 m

Una vacanza indimenticabile in alta Valtellina

Stanco della calura della Pianura padana; chiuso con il lavoro che con il caldo riuscivo solo a far male, mi sono deciso a partire per qualche luogo di villeggiatura, che mi ricaricasse le batterie.
Mare? Montagna?
Tanto un buco in albergo, in questo periodo lo trovo, ed anche senza le fastidiose e antipatiche prenotazioni, si proprio quelle che se le fai, capita sempre qualcosa, (che poi non vai)…

Dopo tanti puntini di sospensione che equivalgono a tanti ripensamenti, decido di andare in montagna e, dato che sto scrivendo e non sto solo pensando, mi perdonino gli albergatori disseminati lungo le magnifiche assolate spiagge italiche per la scelta fatta. Dopo la decisione presa, devo anche decidere dove andare. Dolomiti?Val d’Aosta ? Carnia e Tarvisiano ? Alpi Orobiche? Bernina, Ortles Cevedale? Ma si, andiamo a Livigno (m.1816) tra il Bernina e l’Ortles, dove fa sempre un freddo cane, sia d’inverno che di sera d’estate, e dove di giorno, se hai la fortuna di godere di giornate di sole, come difatti le previsioni indicano…….(fregatina di mani), puoi grigliare la tua pelle con tempi di cottura molto rapidi, anche con creme protezione 250.

Presa la tribolata (si fa per dire ) decisione, metto in valigia tutto ciò che va dal costume da bagno alla giacca a vento e, venerdì 20 luglio 2001 giorno di luna piena, con caldo persistente, temperatura 24°C alle nove del mattino, salto in macchina da Milano direzione Lecco, Colico, Sondrio, Tirano, Forcola, Livigno.

Arrivato in Valtellina mi aspettavo di sentire temperature più accettabili, ma anche a Sondrio non è che sudassero molto meno. Infatti le persone mostravano larghi aloni sotto le ascelle, fazzoletti tergifronte e sguardo assente davanti al semaforo per loro verde.

Io soffrivo meno per l’aria condizionata ma, quando sono sceso per aver avuto la fortuna di trovare un parcheggio proprio davanti ad un bar, mi sono subito pentito di essere entrato in città e di non aver proseguito per la tangenziale. Arrivato però a Tirano, in direzione del Bernina, grossi nuvoloni neri e veloci carichi di pioggia giocavano con altrettante nuvolette bianche più basse e veloci. In Val Poschiavo pioveva e tirava un forte vento (tanto per essere in tema con le canzoni di montagna).

Era quasi mezzogiorno, un mezzogiorno non di fuoco ma finalmente con 10 gradi, che dovevano scendere poi a due al Passo della Forcola, Il tutto condito da una fitta acquerugiola che solo a vederla ti dava una sensazione di bagno schiuma e metteva in movimento gli enzimi dell’ appetito.

Ma il mio sguardo continuava a vedere quel paesaggio fatato che oramai mi accompagnava da quando avevo iniziato la Val Poschiavo e che cercavo di mettere a fuoco ad ogni curva per scoprire cose già viste come se fosse la prima volta. Il corso del fiume Spol, i rigagnoli e i piccoli torrenti che vi si immettono e scorrono con mutevoli pendenze che propagano il loro suono lungo la valle quasi a formare un coro; un coro a volte accompagnato dallo scampanellio delle mucche al pascolo o dallo stridio di qualche marmotta. Mi avvicinavo al Pianoro dell’Alpe Vago ed in alto, un po’ ricoperte dalle nubi, le cime del Monte del Buon Curato e del Grop della Tresenda, nomi che credevo di aver dimenticato, ma che pian piano ritornavano alla mente e poi…ecco finalmente apparire il primo distributore di benzina, che non avrà nulla di poetico, non ispirerà nessun sentimento, ma che ti evita di spingere la macchina, perché infatti come tutti gli squattrinati sono arrivato con un litro di benzina, ma con il serbatoio colmo di soddisfazione per fare il pieno a Lire 1256 il litro.

Dopo questa pausa un po’ prosaica (ma non si vive di solo pane), risalito in macchina, mi ritrovo nuovamente immerso nel paesaggio L’erba non è stata ancora tagliata, spuntano ancora una moltitudine di fiori gialli in un mare di verde rigoglioso, ora chiaro perché illuminato da un pallido sole che a tratti spunta tra le nubi , ora più verdastro vicino alle abetaie. La gradazione dei colori varia con l’ondulazione dei prati e pian piano vieni pervaso da una sensazione di serenità che una chiesetta sulla sinistra accentua e completa. Ma devo subito svegliarmi perché il paese e prossimo, sono già al Palipert e devo fare attenzione a qualche nuovo senso unico che nel frattempo hanno sottilmente studiato. La viabilità comunque è tutta come l’avevo lasciata e mi dirigo all’Hotel Loredana in località Teola dove, strada facendo, avevo telefonato per trovare alloggio.

Dalla Teola si gode tutto il panorama di Livigno e se hai la fortuna di trovare una stanza d’albergo con balcone o anche un oblò verso la valle, potrai goderti ogni mattina una spettacolo meraviglioso. In questo albergo, con vista sulla valle, posso godere anche di un bel terrazzino, dove volendo e sole permettendo, mi posso abbronzare come alle Bermude.

Il tempo di pranzare ( l’albergo offre tutto ciò che chi ama la montagna desidera, la conduzione è familiare, la cucina è romagnola, per lo più con cibi fatti in casa raffinati e gustosi – abbondante ma nello stesso tempo ricercata -parentesi nella parentesi, si consiglia chi è a dieta di evitare almeno il buffet) e sono di nuovo in macchina per scendere in centro paese (circa un Kilometro).

Paese che comunque è li, sotto di te, lungo la valle; lo vedi e ti meraviglia ad ogni curva, e ti chiedi come un paese montano di cosi grande estensione possa mantenere dominante la sua caratteristica alpestre.

Trovo un parcheggio sulla strada parallela a quella centrale, vietata invece agli automezzi, e percorro a piedi quelle poche centinaia di metri che mi separano da quel l’allegro interminabile percorso consumistico tra i negozi, ristoranti, bar, alberghi , case d’epoca e baite in legno, ritrovi; un percorso che a spanne, per circa 4 Km si diparte dalla Via Ostaria a Via Saroch e eventualmente prosegue ancora, anche se più sfrangiato, in via Resia e nelle vie traversali che portano ai parcheggi.

Un paradiso per tutte le tasche per chi vuol spendere, un allegro percorso per chi vuol curiosare o per chi invece vuol solo camminare avanti e indietro e si accontenta di partecipare. Piove e, verso sera, la temperatura si abbassa ulteriormente. Sto pensando che comunque, malgrado il viaggio, credo di aver già ricaricato le mie batterie del 30% Sto anche pensando che dopo cena, se scenderò in paese, dovrò indossare la giacca a vento.

Un orologio luminoso indica 10 °C ma temo sia ottimista La cena poi si rivela un altro conflitto tra la ragione e la gola, con vittoria finale di quest’ultima, che indica al poco cervello rimastomi la strada del buffet, seducendolo poi ancora fino a fargli aprire le barriere psicologiche che lo stomaco stava opponendo ad un primo, al secondo e infine al resto che sadicamente il cameriere ignaro via via mi porgeva. Finita la dolce tortura mangereccia, considerando che in paese non era il caso di andare, vista la pioggia insistente, ho preso visione dagli opuscoli giacenti presso l’albergo e messi a disposizione dall’aptilivigno.

Mi sono fatto un bella infarinatura di tutto quanto in questa settimana e in tutti i mesi estivi è stato organizzato e mi sono trovato davanti una scelta vastissima di gite, escursioni, attività per giovani giovanissimi e non più giovani. Giochi, animazioni per i più piccini e sempreverdi, sfilate e balli in costume, cori balli e danze, scene di vita attività e usanze contadine di una Livigno ormai lontana, il tutto assolutamente gratuito. Si godete; ho detto gratuito e non ho sbagliato; è sufficiente che l’albergo o la casa che vi ospita vi rilasci, come vi rilascerà, la carta Natura Card, e con questa avrete particolari sconti su tutti gli impianti di risalita, al cinema, sulle carrozze trainate dai cavalli e a tutte le altre attività che il depliant Natura Card riporta tanto bene che è da rimba non capire.

Dimenticavo: il lunedi gli impianti di risalita sono addirittura gratuiti – lungo il fiume Spol scorre una pista ciclabile parallela a quella pedonale. Entrambe le piste sono interamente asfaltate e praticamente pianeggianti, consentono lunghe passeggiate o pedalate lontane dal centro e immersi nella natura . La piste si dipartano dal Lago di Livigno ( Ponte delle Capre) all’Alpe Vago con un percorso sinuoso lungo quasi 15 Km. praticamente pianeggiante che si snoda tra verdi prati, lontano dal centro e immersi nella natura. Lungo il percorso panchine e tavoli possono invitare al pic-nic come panchine e tavoli si possono trovare un po’ dappertutto disseminati nella valle.

Dopo questa lunga parentesi pubblicitaria non pagata, che comunque rivela solo una ventesima parte di quanto è possibile fare, ricavata leggendo tutte le istruzioni per l’uso trovate in albergo, mi sono detto. ” bene, da martedì parteciperò a tutte le gite chiamate “family time” e domenica alle ore 21 parteciperò alla serata di benvenuto dove se non ho capito qualcosa mi spiegheranno tutto”.

Tra vin brulè, canti, danze, cori vari, ballo liscio col caschè, la mia partecipazione alla serata di benvenuto è stata veramente attiva (eravamo in trecento tutti giovani e forti ) e chiedere chiarimenti altro non era che una scusa per socializzare con le animatrici gentilissime e graziosissime come poi si sono ancora dimostrate per tutta la settimana in ogni occasione, malgrado l’impegno profuso nel far giocare, con grande pazienza, bimbi scatenati e genitori gasati dall’aria fine dell’alta montagna. Anche gli animatori non erano da meno ( altrimenti si offendono) ma confesso che nutro più interesse per le animatrici tra cui ricordo volentieri e saluto Nada, un fiore locale, solare, pieno di pepe, di cordialità e vivacità.

Oltre a tutte queste persone che si prestano affinchè la vacanza a Livigno per noi vacanzieri diventi piacevole e interessante, devo anche aggiungere che ho avuto il piacere di conoscere anche un personaggio con la P maiuscola che ci ha accompagnato per tutta la settimana lungo i sentieri relativi alle gite Family. Un personaggio che conosce tutto di Livigno, tutto sui fiori, tutto anche sulla fauna locale, nonché guida alpina, scalatore, studioso, autore di diverse interessanti pubblicazioni sui fiori, cartografo e chi più ne ha più ne metta.

Con la sua esperienza, ( non è più giovanissimo ma non dimostra gli anni che ha ) e che con la sua pazienza, ha reso gradevole, interessante, spiritosa ogni gita, facendo scoprire, apprezzare e ammirare ai partecipanti, cose nuove e tanti particolari che con i loro occhi non avrebbero mai visto.

Ci ha inoltre trasmesso sensazioni nuove che, solo un amante della montagna come lui poteva trasmettere- Grazie Ludovico – un caro saluto-

Ed ecco alcune gite organizzate a cui ho partecipato durante la settimana, escursioni molto facili o poco impegnative tranne una, l’ultima.

Lunedì: tutti i partecipanti si ritrovano alla partenza della telecabina del Mottolino (2349 m) e gratuitamente salgono alla vetta dove poi partono per scendere al Passo d’Eira (2210 m) Chi vuole salire al passo d’Eira con la macchina perché teme la telecabina, trova un ampio parcheggio dove aspettare tutta la comitiva . Dal Passo d’Eira si sale lungo il sentiero 125 nel tratto finale di un percorso dedicato alla via crucis, le cui prime croci partono dall’inizio del lago a Pemonte. La salita, tranne qualche tratto, non è impegnativa e il sentiero, assolato, si snoda attraverso i pascoli e vegetazione molto bassa; in alcuni punti i prati sono ricamati da numerosi fiori e si possono incontrare greggi di pecore al pascolo.

Il percorso è adatto ai bambini anche perché l’animazione pomeridiana è tutta dedicata a loro anche se poi vi partecipano lattanti e nonni che vogliono rifiorire. La gita e il paesaggio è sempre incantevole, se si è fortunati come è capitato a me, si può vedere qualche aquila volare anche bassa nella valle. Arrivati in cima al monte La Parè (2393 m) con un dislivello di nemmeno 200 m. che in lenta comitiva si raggiunge in 40 minuti, troviamo l’ultima croce, la più grande, che guarda e protegge Livigno. Il Panorama spazia dal Gruppo del Bernina al Ponte del Gallo sul lago di Livigno, alla Val Federia e a tutte le Cime che circondano il paese che dall’alto sembra quasi una pista di atterraggio.

L’interesse e la soddisfazione traspare in ogni partecipante che dopo una breve sosta viene invitato al ritorno per ridiscendere al Passo d’Eira e nuovamente risalire al Mottolino presso il grande ristorante, dove tutti sono invitati a pranzo a modico prezzo ( questa volta a pagamento e ci mancherebbe) . Dopo l’abbondante libagione, chi riesce a dimostrare di farcela previo test attitudinale, è chiamato ai giochi collettivi, che vi confesso divertono anche le mummie di Venzone e le tante altre sparse per il mondo, merito anche degli animatori/trici che una ne pensano e cento ne fanno e della corale partecipazione di tutti, aspirati come sono in quel vortice godereccio. Il tutto ha termine verso le 17 quando si ridiscende a valle. C’è chi scende in gabinovia, chi a piedi, chi come meglio crede, salutandosi e dandosi appuntamento all’indomani.

Martedì: trattandosi di romanzo breve non posso dirvi ciò che è accaduto la sera del lunedì e passo subito alle cose concrete relative alla passeggiata che oggi presenta l’ascesa alla Val Saliente, ascesa peraltro contenuta in un dislivello sotto i 200 m., Attraverso un bosco di conifere, larici, pino mugo, qualche abete rosso e una vastità di fiori rari, che vi saranno spiegati da Ludovico, la guida e non solo, di cui ho già spiegato le qualità, si arriva fino alla prima cascata che si immette nel torrente, lo stesso torrente che ci ha accompagnato sulla destra per tutto il percorso e dove sono ancora evidenti i segni degli smottamenti e delle slavine invernali nonché grossi ammassi di neve non ancora scioltasi . Sul piccolo pianoro ai piedi della cascata, attraverso i binocoli ed anche ad occhio nudo, si possono osservare i numerosi stambecchi e camosci che ci guardano dall’alto delle cime e dai valloni Facile incontrare marmotte, mentre solo con un pò di fortuna è possibile veder veleggiare l’aquila o il gipeto; fortuna che ho avuto solo per qualche istante a causa delle nubi fattesi più basse. Contrariamente alla gita di ieri, la panoramicità qui non abbraccia spazi lontani, ma si limita alla stretta valle e alla visione non meno suggestiva comunque, delle alte montagne che ci sovrastano imponenti.

Il grido stridulo della marmotta, l’armonia delle acque del torrente e il cicaleccio della comitiva unito qualvolta al tenue rumore del vento è tutto quanto si ode in questa bella, stretta valle. Per chi ama salite più impegnative, il sentiero 121, quello in parte percorso, continua dopo la cascata per raggiungere dopo qualche ora la Baita Dala Sascia (2400 m) dove si può continuare per il Passo Trupchun (2782 m) seguendo sempre il sentiero 121, dove è possibile scorgere branchi di cervi e spaziare la vista sul Gruppo Ortles –Cevedale e Piazzi.

In alternativa, dalla Baita Dala Sascia, diparte il sentiero 122 che arriva alla Bocchetta del Cantone (2720 m) . Da li si può scendere attraverso il sentiero 124 al Baitel del Canton fino al Lago di Livigno all’altezza del Ponte della Viera. Ma questo è un percorso che richiede doti di resistenza (circa otto ore per l’intero giro) ed anche i più preparati prima di affrontarlo dovrebbero chiedere qualche informazione. Siamo partiti alle 9; ora è appena passato mezzogiorno e ci ritroviamo al Ponte della Calcheira da dove eravamo partiti. Il cielo è un pò coperto la temperatura intorno ai 22 gradi ma siamo tutti soddisfatti per quanto abbiamo visto e per quello che Ludovico ci ha spiegato. Ci salutiamo tutti, una ventina e più, per rivederci nel pomeriggio dove è in programma una gita alla Valle delle Mine.

La gita del pomeriggio non vede purtroppo la mia partecipazione e credo di aver perso molto e per l’amicizia delle persone e per il percorso, il 109, che si sviluppa sinuoso in un bosco di Larici e di Cembri inframezzato da prati che mostravano la fioritura di innumerevoli fiori. Vorrà dire che sarà una delle gite in programma nella prossima stagione.

Mercoledì: Purtroppo ho dato forfait anche per la gita del mattino alla Val Nera ma mi ritrovo alle 14.30 tutto pimpante (si fa per dire) per la gita in Val Federia, la Valle che si fa a piedi , a cavallo, in bicicletta, in carrozza a cavalli, in bike, insomma come si vuole. Si parte dal Ponte della Calcheira, luogo da cui partono molti itinerari abbastanza facili come il sentiero 118 – percorso vita attrezzato – che come tutti i percorsi vita siti in tutte le città non consiglio ai pensionati non preparati, di una certa età, che vogliono mostrarsi giovani (sussurrato in un orecchio, altro non fanno che la felicità dell’INPS) Dopo i saluti a tutti, molti dei quali erano i partecipanti alla gita del giorno precedente, ci incamminiamo lungo il sentiero 117 accompagnati sempre da Ludovico. La giornata ci offre un sole splendente e le vette si stagliano limpide nel cielo.

Ludovico abbonda sempre, giustamente, nei particolari relativi ai fiori, ma è grazie a lui che riusciamo il più delle volte a vedere le marmotte che con la sua pazienza ci fa osservare attraverso un tele da 50x ( le malelingue insinuano che per addolcire la delusione dei turisti quando non si vedono animali , applichi davanti al tele diapositive di marmotte, cervi, stambecchi, balene e delfini, per farli più contenti, ma sono solo malelingue)

Dopo circa 30 minuti di facile ascesa lungo il torrente, lo attraversiamo per percorrere la strada in terra battuta ove le carrozze trainate da cavalli trasportano su e giù turisti ammirati come noi dalla dolcezza della valle dai verdi declivi, in parte pietrosi, e disseminata da numerose e splendide baite, parte abitate e parte no, dove all’esterno è facile trovare maiali, asini, mucche e cavalli.

Una mucca si è perfino innamorata del mio zaino credendo contenesse fieno e mi ha seguito per un pò tra i malevoli commenti. Malevoli commenti, che poi si sono fatti per altri motivi circa l’arte, ribatezzata idiota dai più, portata avanti da alcuni artisti (sic!) e incoraggiata dalle patrie giunte per rovinare quanto la montagna, unica grande artista , da sola ha saputo creare. Dato che queste “opere”, contrariamente alle sculture di ghiaccio che fanno parte integrante delle vita della montagna, non meritano nemmeno un cenno ed anzi ne allontanano gli amanti, sorvoliamo l’argomento e tanto per sorvolare ecco che riusciamo ad inquadrare una grande aquila che per alcuni minuti attira la nostra attenzione la verso il Passo Cassana.

Dalla strada che porta al passo alcuni ciclisti in bike stanno scendendo a rotta di collo, e constatato che il collo non lo si erano ancora rotto, l’avventura deve essere stata sicuramente piacevole. La chiesina bianca e i fiori sui prati circostanti hanno attirato a lungo l’attenzione di tutti, ma a farla da padrona era sempre la valle che abbiamo percorso fino alla Baita della Casera, tra il gorgoglio delle sue acque portate a valle da numerosi torrentelli o ruscelli e lo scampanellio delle mucche al pascolo, tutte intonate, dentro e fuori dal coro.

Abbiamo lasciato questo piccolo paradiso intorno alle 18 e ci siamo salutati al Bar ristorante della Calchera dove una ristretta schiera ormai di amici si è fermata per rivivere quanto avevamo visto e per scherzare su un po’ di tutto e di più.

Giovedi: ho noleggiato una mountan bike e mi sono fatto quattro volte la pista ciclabile di 15 Km descritta a monte. Per uno che quando fa tanto fa 30 Km e spinge la bicicletta sui cavalcavia, è stato veramente uno spasso, come uno spasso è stato pedalare senza il pericolo dell’investitura (non quella ufficiale), senza mai fermarsi ad un semaforo o ad un incrocio. I ciclisti poi erano si numerosi ma ben disseminati lungo il percorso e sentivi solo il rumore della catena sulla corona. Ogni tanto mi fermavo sui vari ponti o ponticelli o al guado di un rigagnolo e ciò che vedevi ti constringeva a inquadrare nel mirino della digitale aspetti agro-pastorali che potevi attribuire ai pittori realisti del passato. Anche qui l’aria frizzante sembra allontanare la fatica e non sai se sono le pedivelle a girare le gambe o le gambe le pedivelle, cosa che capisci però dopo i quattro giri e anche prima e capisci anche che è giunta l’ora di riportare la bicicletta Un bella esperienza da riprovare. Tre giri.

Venerdì: Ci siamo ritrovati quasi tutti al Ristorante Bar ristoro Pomin a metà Lago di Livigno, da cui siamo partiti sempre con a guida Ludovico, verso la Cima Fopèl – La salita si presenta subito impegnativa e non è certo facile per chi non è abituato alle forti e continue pendenze. Il sentiero è tracciato interamente nel Parco nazionale dello Stelvio e si dimostrerà faticoso fino al punto di arrivo.

Si sconsiglia a coloro che non hanno esperienza e a coloro che soffrono di vertigini come me e che diversamente da me non sono incoscenti. Salendo, il panorama è maestoso e domina su tutto il lago di Livigno in direzione NNE.

Alle spalle ci troviamo il Parco nazionale svizzero, il Piz da l’Acqua e la Val Trenzera. ( la parete del Trenzera è attrezzata per la scalata sportiva) Dopo 40 minuti di salita e aver attraversato il bosco privilegiato da pini mughi e rododendri irsuti, tocchiamo la méta della nostra gita ,che non è una vallata grande come Piazza del Duomo a Milano, come tutti speravano dopo tanto sentiero per capre, ma un ristretto cucuzzolo dove i partecipanti sono a stretto contatto di gomito e se respirano tutti insieme qualcuno, agli estremi, rischia di ruzzolare a valle. Perfino Ludovico ha qualche difficoltà a piazzare il tele 50X sul treppiede.
Una volta piazzatolo però, lo spazio pur angusto ci consente di vedere a turno, lungo i costoni dei monti culminanti con la Cima Paradiso aldilà del lago, un buon numero di camosci, che quando poi attraversano saltellando avanti e indietro un ampio accumulo di neve, si offrono nitidi, senza contrasti, anche ad occhio nudo, tra le esclamazione di ammirazione, gioia e stupore dei presenti La discesa si dimostra per alcuni più difficile della salita, forse a causa della mancanza di scarpe da trekking che in questa passeggiata sono indispensabili se non si vuol sostituire il sedere alle scarpe.

Dimenticavo: chi vuol affrontare questa “piccola salitella” 200 m circa il dislivello, specie con il sole caldo e splendente in cielo, non vada senza zaino perché valuta la gita breve. Si porti almeno un po’ d’acqua, che qui, diversamente dalle altre gite, non si trova.

Sono le ore 12 di venerdi e ci ritroviamo tutti in fondo alla discesa al Ristoro Pomin, un posticino più che gradevole in riva al lago. Ripartono i saluti per il pomeriggio ma molti oggi si salutano augurandosi di ritrovarsi il prossimo anno. Cosi fanno i signori di Padova, quelli di Olgiate Olona di Trieste e gli Svizzeri di Lugano con cui ci siamo più volti trovati, così faccio anch’io che nel pomeriggio lascio questa magnifica valle che mi ha caricato le batterie oramai al 100%.

La lascio un po’ a malincuore ma invitando tutti coloro che non l’hanno ancora vista a venirci domani, senza aspettare il prossimo anno, perché troverete una simpatica compagnia come ho trovato io, Un Ludovico che vi segue e voi seguite le manifestazioni per cui tutti gli animatori si stanno facendo in quattro (o in otto?) passerete una vacanza boom…
Se andrete, capirete.

Indirizzi utili:

www.aptlivigno.it
Hotel Loredana [email protected]
Autore : Luciano Grosso