00:00 25 Aprile 2020

Studio conferma: “il coronavirus è presente nel particolato atmosferico”, ecco cosa vuol dire

Un importante studio condotto dai ricercatori della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) ha evidenziato che il coronavirus è presente nel particolato atmosferico, detto PM10, quindi nell’aria.

Gli studiosi hanno infatti rilevato la presenza di RNA virale del coronavirus SARS-CoV-2 sul materiale particolato con dimensione inferiore o uguale a 10 micrometri, che conferma l’ipotesi già annunciata settimane fa che il patogeno emerso in Cina potesse essere in qualche modo trasportato dalle particelle dell’inquinamento.

Questa capacità di "viaggiare" sul particolato atmosferico potrebbe spiegare la maggiore diffusione del virus nell’area della Pianura Padana, dove le concentrazioni di polveri sottili sono mediamente maggiori rispetto all’Italia centro-meridionale.

Tuttavia, la presenza di tracce di coronavirus nel PM10 non significa che ci sia sicuramente una carica virale sufficiente a scatenare l`infezione, semplicemente respirando. Questo dovrà essere dimostrato da ulteriori studi.

“Questa prima prova apre la possibilità di testare la presenza del virus sul particolato atmosferico delle nostre città nei prossimi mesi come indicatore per rilevare precocemente la ricomparsa del coronavirus e adottare adeguate misure preventive prima dell`inizio di una nuova epidemia”, dichiara il presidente della SIMA, Alessandro Miani.

L`individuazione del virus sulle polveri potrebbe essere anche un buon marker per verificarne la diffusione negli ambienti indoor come ospedali, uffici e locali aperti al pubblico. Le ricerche hanno ormai chiarito che le goccioline di saliva potenzialmente infette possono raggiungere distanze anche di 7 o 10 metri, imponendoci quindi di utilizzare per precauzione le mascherine facciali in tutti gli ambienti.

Ma come hanno fatto gli scienziati a rilevare il virus sul particolato sottile?
Come per i test basati sulla reazione a catena della trascrizione-polimerasi inversa in tempo reale (RT-PCR), utilizzati per verificare la positività di un tampone rino-faringeo di un paziente, i ricercatori sono andati a caccia delle tracce di RNA virale, e più nello specifico, di tre marcatori molecolari: “Vale a dire il gene E, il gene N ed il gene RdRP, quest’ultimo altamente specifico per la presenza dell’RNA virale SARS-CoV-2”, ha spiegato uno dei coordinatori dello studio Leonardo Setti.

Grazie a queste analisi il team di ricerca ha “ragionevolmente dimostrato la presenza di RNA virale del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico”, attraverso la rilevazione di “geni altamente specifici, utilizzati come marcatori molecolari del virus”, ha concluso Setti.
 
 

Autore : Redazione MeteoLive.it