00:00 12 Febbraio 2014

L’impressione (sbagliata) di aver vissuto un 2003 invernale

Avevamo vissuto inverni secchi, deprimenti, noiosi, altri magari generosi in termini di precipitazioni e con poco freddo, ma così miti ed alluvionali davvero ci sono pochi precedenti. Eppure ci si dimentica che...

"L’inverno passerà tra la noia e le piogge, ma una speranza c’è, che ci siano nuove spiagge". Così cantava Renato Zero in "spiagge" a fotografare probabilmente l’immagine di un inverno romano, e ci sta, ma la scarsità di gelate, la quasi totale assenza di neve a bassa quota sull’Appennino meridionale, eccezion fatta per l’episodio di fine novembre, la ricorrenza ossessiva delle perturbazioni, ma soprattutto la difficoltà con cui l’isoterma di zero gradi si è spinto a sud delle Alpi a 1500m, fanno davvero riflettere e preoccupare.

Anche negli inverni più perturbati, un po’ di freddo ha sempre valicato le Alpi da nord-ovest o addirittura ci ha raggiunto da ovest, quest’anno il Continente è mediamente caldo e dall’Atlantico non arriva non riesce ad arrivare uno spiffero freddo in grado di ridimensionare l’anomalia.

La pesantissima azione delle correnti occidentali non si è mai praticamente esaurita da Natale ad oggi, eppure l’impressione di vivere stagioni più fredde in passato può ingannare perchè gli anticicloni tendevano a creare situazioni di marcata inversione termica e la mitezza se ne stava in quota, risultando altrettanto vistosa sino a quote molto elevate, quando si inseriva l’anticiclone subtropicale o un cuneo anticiclonico dinamico da ovest che stimolasse una ricaduta favonica calda sul versante sudalpino.

Dunque le gelate, le brinate, la nebbia, che pur fanno tanto inverno in pianura, hanno mascherato spesso un problema molto grave: l’ingerenza anticiclonica molto anomala del periodo fine anni 80 fine anni 90, che è venuta gradualmente meno negli ultimi 14 anni, molto più dinamici rispetto a quelle stagioni, eccezion fatta per il biennio 2006-2007 e 2007-2008.

Certo non sempre la neve ha premiato le Alpi, spesso invece l’Appennino, almeno in qualche modo sono stati contenti tutti. Dunque pur in un anno fortemente anomalo ed eccezionalmente mite l’impressione di aver vissuto un 2003 invernale, così come pazzescamente rovente fu l’estate di quell’anno, è fuorviante soprattutto alla luce di un fatto: di fronte ad un getto così sparato da ovest, avremmo dovuto sperimentare 3 mesi di anticiclone azzorriano, considerate le anomalie a cui abbiamo accennato sopra.

Invece no: l’anticiclone delle Azzorre non è più lui e l’Africano grazie al cielo d’inverno si fa vedere poco. Per la verità l’azzorriano non è più lui nemmeno in estate e le caldazze mediterranee derivano dalla mastodontica invasione dell’africano, figlia dello spostamento verso nord della cella di Hadley, ma anche conseguenza dei capricci del monsone africano. Insomma c’è stato troppo caldo, ma le Alpi sono piene di neve, la primavera è un’incognita e molti temono un’estate iper rovente, ma la notizia è che l’eccezionalità di questa stagione a nostro giudizio non può essere considerata un chiaro segnale di global warming.
  

Autore : Alessio Grosso