00:00 25 Maggio 2017

La meteorologia urbana

Nelle grandi aree urbane si percepisce un clima distorto e i modelli matematici risultano più fallaci nelle previsioni sulle metropoli.

Nuvolosità, precipitazioni, pressione, vento: nelle regioni abitate dall’uomo tutti questi parametri, e loro derivati, sono stati col tempo alterati dalla sovrapposizione e moltiplicazione dei manufatti, nonché degli interventi superficiali di origine antropica.

Gli interventi più incisivi sono quelli che riguardano la trasformazione delle superfici (deforestazione, bonifiche, creazione di laghi artificiali, ecc.); ma soprattutto quelle di artificializzazione delle superfici stesse (cementificazione, asfaltatura, spianamento, coltivazione, interventi fluviali e costieri, ecc.).

Un ruolo tutt’altro che trascurabile lo rivestono anche la produzione di particolato microscopico e macroscopico. Da non sottovalutare il vapore acqueo prodotto artificialmente.

Infine, come tralasciare la produzione massiccia di calore artificiale, soprattutto nella stagione fredda e di notte. I parametri meteo-climatici citati in precedenza subiscono profonde alterazioni, con variazioni percentuale anche superori al 30%; ossia con effetti sensibili, da parte dell’uomo, anche notevoli.

Vivere in aree artificializzate o in territori antropizzati a queste adiacenti o in qualche modo collegati, ha reso la percezione del flusso climatico, per sua natura già instabile e non ciclico, decisamente più ostile e talvolta pericoloso.
 
I dati numerici, soprattutto quelli sfornati quotidianamente dai super-calcolatori applicati alla meteorologia, si rivelano spesso inadeguati ad una corretta previsione degli eventi. Urgono dei fattori di correzione che tengano conto delle alterazioni locali causate dall’urbanizzazione e dai suoi prodotti.
 
Un’ondata di calore può infatti far registrare valori di 2-3, anche 5°C superiori a quelli previsti dal più affidabile modello previsionale; semplicemente perché il modello previsionale non tiene conto dell’alterazione delle superfici, ormai estese a livelli regionali (da diverse centinaia, fino a qualche migliaio di km2).

Lo stesso valore di umidità previsto, viene completamente alterato dall’esistenza di bacini artificiali, o al contrario assenza di vegetazione, permanenza di sacche di calore artificiale ecc. ecc. Il regime e la tipologia delle precipitazioni può venire alterata fino a rendere ridicole certe previsioni ritenute affidabili (acqua piuttosto che neve, gelicidio piuttosto che pioggia ecc,).

La velocità o direzione del vento può subire delle modifiche sostanziali e i suoi effetti essere localmente più devastanti di quelli che normalmente avrebbe in condizioni di scarsa o nulla artificializzazione. A volte passa per tornado una forte corrente discensionale di un normale temporale, semplicemente perché ha abbattuto qualche albero malaticcio o inadeguato al nostro clima, o scoperchiato qualche capannone improvvisato o iper-prefabbricato.

L’intensità di certe precipitazioni, dagli effetti modesti in un’area più o meno in equilibrio naturale, potrebbe rivelarsi disastrosa per certe aree in cui, ad esempio, i fiumi sono stati rettificati, imbrigliati o peggio ancora ricoperti e abbandonati; le pendenze alterate o addirittura invertite; le superfici spianate o impermeabilizzate; i versanti deforestati, desuolizzati o addirittura creati artificialmente (sedi stradali, ferroviarie, complessi industriali, sbancamenti ecc.).

Una previsione meteorologica comparata potrebbe rendere giustizia di tanti errori attribuiti ai meteorologi e soprattutto rendere evidente, attraverso un confronto numerico, l’alterazione della percezione climatica da parte delle persone, rispetto a ciò che si avrebbe in condizioni naturali.

Un tale approccio inoltre ridimensionerebbe certi allarmismi ed esagerazioni circa uno stravolgimento climatico globale, presunto solo dall’esasperazione di certi aspetti climatici locali.

Non che il clima non stia cambiando, ma certamente non con le modalità o effetti che il profano abitante urbanizzato percepisce o, peggio ancora, qualcuno fa in modo che percepisca.

Autore : Giuseppe Tito, adattamento Alessio Grosso