00:00 18 Giugno 2012

Che cielo nero! Come destreggiarsi tra le nubi accessorie di un temporale

Shelf cloud, roll cloud, inflow tail e chi più ne ha più ne metta: sono tutti termini presi in prestito dai cacciatori di temporali americani che possono essere utili anche a noi per comprendere e studiare gli eventi temporaleschi più violenti. Descriviamo di seguito alcuni elementi utili alla comprensione con l'aiuto di due esempi.

Temporale che passione! Sono sempre di più coloro che si avvicinano al complesso mondo della meteorologia partendo dall’osservazione dei fenomeni cosiddetti violenti, tra i quali spicca senza dubbio il temporale.  Anche l’osservatore più distratto si sarà prima di tutto accorto che nessun temporale è uguale all’altro. Da questo è nata l’esigenza di classificare le strutture temporalesche e le nubi accessorie ad esse associate.

Temporale a cella singola a multicella, a supercella, una grandinata violenta, una tromba d’aria, come fare per riconoscere le varie strutture e i fenomeni che vi si accompagnano? In Italia i temporali più frequenti sono quelli a cella singola e quelli multicellulari, che possono presentarsi in forma lineare (ad esempio durante il passaggio di un fronte freddo) o a grappolo (in caso di instabilità con aria fredda e/o secca in quota).

A volte però la natura mette una marcia in più e costruisce le supercelle, autentici mostri del cielo che possono essere considerati vere e proprie strutture cicloniche in miniatura, alimentate dai forti venti in quota.

In ogni caso dobbiamo immaginare il "telaio", lo "scheletro" di un temporale come una colonna d’aria calda e umida che sale al centro, attorniata da diaframmi d’aria fredda e secca che scendono ai lati. Nella supercella la colonna d’aria in ascesa può contare anche sulla rotazione antioraria della sua struttura, caratteristiche che le conferisce ulteriore potenza.

Tra le nubi accessorie, la più conosciuta e ammirata è la cosiddetta Shelf Cloud, ossia una nube a forma di mensola che corre con forma arcuata dal centro del temporale verso l’esterno sotto la spinta delle precipitazioni e dell’aria fredda in caduta che vi si accompagna. Essa precede l’area delle precipitazioni e spesso viene confusa con la base del temporale, mentre la sua struttura è staccata dal cumulonembo. Nell’immagine in alto un esempio di Shelf Cloud tratta dal Forum di Meteolive.

Va da sè che la sua forma arcuata non indica la rotazione supercellulare, funzione che è lasciata alla vera protagonista della tempesta, la nube a muro o Wall Cloud. Quest’ultima, presente solo nelle supercelle, indica la bocca di aspirazione del temporale, settore entro il quale si infilano però anche parte delle correnti fredde discendenti e delle precipitazioni in caduta. Ne sovviene un abbassamento generale della base temporalesca detto Lowering  (per condensazione a quote minori) tramite cui è possibile individuare spesso la rotazione supercellulare. 

E’ il punto nevralgico dove possono svilupparsi eventuali tornado e attorno alla quale cade la grandine più grossa a causa della spinta ascendente che trattiene nella nube il resto della colonna di precipitazioni.

Grandine e tornado possono però formarsi anche in assenza di temporali supercellulari. Nel caso della violentissima grandinata occorsa nel Barese l’8 giugno 2011 ad esempio, si trattò di una struttura temporalesca multicellulare ad asse obliquo dove un ruolo determinante lo assunsero le correnti alle quote superiori (sud-occidentali) e una inversione termo-igrometrica a quelle medio-basse. Quest’ultima in particolare imprigionò tutta l’energia convettiva entro i bassi strati fino al classico "salto del tappo" cui seguì lo sviluppo della convezione esplosiva con le conseguenze che tutti abbiamo purtroppo constatato. Nell’immagine qui a fianco la struttura temporalesca vista al satellite Meteosat.

Di tutt’altra natura un’altro quasi eccezionale episodio grandinigeno, quello che ha colpito la città di Milano l’11 giugno del 2011. In questo caso la presenza di una shelf cloud ha generato confusione tra i "nefologi" improvvisati, ovvero tra i moltissimi appassionati di fenomeni violenti, i quali pensarono subito ad un fenomeno supercellulare. In realtà si trattò di un complesso multicellulare noto tecnicamente come MCS, ovvero un complesso convettivo formato dall’unione di più multicelle a grappolo. Nella figura qui a fianco il Lowering non mesociclonico (senza supercella) del temporale milanese immortalato dal nostro lettore Claudio Marchese.

250Le correnti in quota occidentali (deboli), la linea di convergenza alpina come spunto iniziale e la successiva direzione di sviluppo dei temporali verso sud-est, secondo il noto schema di Corfidi, ne sono la prova sinottica. Possibile anche una parziale interferenza frontale a causa di una perturbazione in transito oltralpe (vedi immagine satellitare qui a fianco). La notevole energia disponibile per la convezione ha trovato anche in questo caso la via di sfogo sbarrata da una inversione mattutina nei bassi strati. Il soleggiamento diurno ha poi provveduto a smantellare il blocco permettendo la costruzione di convezione profonda e relativo rilascio di grandine grossa laddove le correnti ascensionali si sono dimostrate più vigorose, ovvero sopra i caldi asfalti cittadini.

 

 

Autore : Luca Angelini