00:00 7 Gennaio 2005

E se lo Tsunami avesse travolto “i famosi”…E se non ci fossero stati europei coinvolti?

Le (mezze) verità nascoste...

I “famosi” erano sull’Atlantico, ma la cosa non cambia di una virgola la sostanza. Avevamo già bacchettato questo genere di trasmissioni quando per un pelo un uragano non aveva trasformato in tragedia il gioco dei vip, viziati ed annoiati, in cerca di emozioni forti e della popolarità perduta.

Chiediamoci per un attimo cosa sarebbe successo se lo Tsunami si fosse abbattuto sull’isola dei famosi; forse a qualcuno sarebbe passata la voglia di giocare a fare il povero naufrago.

In mezzo alla miseria, alle carestie e alle epidemie di oggi avrei mandato un bel gruppetto di vip a fare un po’ di volontariato, magari con telecamera al seguito, giusto per capire cosa si prova di fronte alla miseria più totale.

Consoliamoci con il fatto che finalmente la gente comune abbia scoperto cosa sia uno Tsunami: il bombardamento mediatico è stato notevole, in qualche caso anche esagerato. Ma vi siete chiesti perchè? Italiani coinvolti moltissimi, europei a migliaia, altrimenti, fossero morti anche 300.000 indonesiani, dopo 48 ore si sarebbe parlato d’altro. Ma c’erano le tragedie da raccontare e allora ecco gli speciali, gli approfondimenti.

Tra tutti quello che mi è piaciuto di meno è stato quello di Vespa. Per un’ora e mezza il povero Boschi, invitato per spiegare cosa fosse accaduto e parlare di prevenzione rispetto ad altri potenziali rischi in Italia ed in Europa, è rimasto zitto. (forse trasmettendo la parte tecnica all’inizio l’audience della trasmissione sarebbe calato eccessivamente)

Prima è andata in onda una celebrazione esagerata delle adozioni a distanza, poi si è quasi tentato di accostare il ritrovamento di due dispersi ad una carrambata, vista la presenza in studio della Carrà, fin troppo allegra, dopo aver pianto per anni nelle sue trasmissioni, nell’unica volta in cui forse una lacrima non sarebbe stata fuori posto.

I tragici racconti dei mariti e delle mogli ancora alla ricerca disperata dei loro cari ha indubbiamente colpito ma nessuno quasi batteva ciglio quando si parlava di dentatura, fedi nuziali, cicatrici ed altri tristi particolari per l’identificazione dei corpi.

Poi sono arrivati i tre minuti di silenzio: bello vedere tanta gente fermarsi a riflettere, peccato che nel quarto minuto tutto fosse tornato come prima. Lo show deve andare avanti, ma chi l’ha detto, è forse un comandamento evangelico? Chi ha stabilito questa norma suprema che cancella istantaneamente ogni traccia di umanità, senso di pena, solidarietà, calore umano, condivisione, dalle nostre coscienze?

Ma non finisce qui; nella domenica del derby di Roma, Rai Tre ha mandato in onda uno straordinario speciale sui bambini israeliani e palestinesi, uno di quei servizi che non ti stancheresti mai di rivedere, che dovrebbero essere replicati ogni giorno per educare il becero popolo degli stadi. Bambini israeliani che non ci stanno e non vogliono odiare: bambini palestinesi che guardano oltre Hamas, si fermano a riflettere e a considerare per un attimo gli ebrei come persone, non come invasori. Bambini che superano le barriere dei territori con mille difficoltà, si incontrano, si abbracciano e piangono insieme contro la cattiveria degli uomini che li tengono divisi.
Qui almeno si combatte per un territorio, allo stadio per cosa? Cosa è rimasto nei giocatori (su tutti Di Canio), negli ultras di quei tre minuti di silenzio per le vittime del maremoto? Diamo un esempio di moderazione anche nella gioia, ricordandoci che milioni di persone ci prendono ad esempio…

Il benessere ha portato a sfogare solo in questo modo i nostri istinti animali? Mi fermo qui: ci stiamo allontanando troppo dalla meteorologia e dai motivi che mi hanno indotto a scrivere queste poche righe…
Autore : Alessio Grosso