00:00 29 Marzo 2013

Il marzo più freddo e perturbato degli ultimi decenni: cause e motivazioni

Il periodo stagionale che abbiamo vissuto questo mese di marzo 2013 potrebbe restare imbattuto per diversi anni. Cosa è successo alla circolazione media europea durante questo inizio primavera? Come mai nell'ultimo decennio la circolazione fredda antizonale o meridiana si è sostituita a quella più classica occidentale?

Risulta sotto gli occhi di tutti il periodo fortemente perturbato che stiamo vivendo in queste ultime settimane. Se si esclude una breve fase durante la prima metà di gennaio in cui il tempo atmosferico è stato dominato dalla presenza di una figura anticiclonica sull’Europa ed il Mediterraneo, il resto della stagione invernale è trascorsa sotto un tipo di tempo piuttosto freddo ed instabile. Con l’arrivo di marzo in molti si aspettavano un imminente miglioramento delle condizioni meteorologiche e qualche gradevole giornata soleggiata in più.

A conti fatti la stagione primaverile 2013 sino a questo momento ha presentato ben poco di primaverile. La stagione sta continuando a stringere l’occhiolino su configurazioni e pattern tipicamente invernali i quali includono la presenza di un’area anticiclonica polare sull’Europa settentrionale. Venti con movimento antizonale si muovono da est verso ovest mantenendo il continente raffreddato. D’altro canto il processo di preservazione del freddo risulta oltremodo favorito dalla presenza al suolo di un forte snowcover. Un esteso manto nevoso che è il risultato di molte giornate caratterizzate da un flusso costante di venti nord-orientale sin verso l’Europa occidentale.

Questi venti quando irrompono nel continente durante la stagione invernale risultano generalmente secchi, durante la stagione primaverile subentra una maggiore instabilità provocata dal contrasto tra le prime masse d’aria calda che tendono ad invadere le latitudini settentrionali, con quelle ancora molto fredde che non vogliono cedere il passo. Il risultato finale è la caduta di neve, che risulta certamente più abbondante rispetto all’inverno. Così si spiegano le intense nevicate che hanno colpito diverse città dell’est europeo (Kiev e Mosca tra tutte) che trovano spiegazione solo nel risveglio di alcune dinamiche primaverili. Una primavera ancora sopita ma ben presente, intrisa nelle dinamiche atmosferiche che interessano l’Europa in queste settimane.

A cosa è dovuto il periodo così prolungato di instabilità e freddo?

La formazione di un anticiclone in sede polare trova spiegazione nella mancanza di un Vortice Polare ben strutturato alle quote troposferiche. Il Vortice Polare altro non è che una grande figura di bassa pressione che durante l’inverno, complice il raffreddamento radiativo della colonna atmosferica, acquista sempre più vigore in corrispondenza del Polo Nord geografico.

Negli ultimi anni il Vortice Polare Troposferico ha riscontrato sempre più difficoltà nell’acquistare una forma ed una struttura realmente stabili. Una condizione che ha portato spesso e volentieri alla presenza di un vortice destrutturato con numerosi lobi freddi collocati in modo irregolare nei due grandi continenti dell’emisfero boreale. L’attuale circolazione fredda che sta dettando legge sull’Europa è frutto di una condizione persistente di Vortice Polare indebolito che si trascina da diverse settimane.

L’evento di "Final Warming", cioè il riscaldamento diffuso alle quote stratosferiche avvenuto in conseguenza dell’aumentato irraggiamento solare, ha inferto la mazzata decisiva alla completa distruzione del Vortice Polare in troposfera. D’altro canto l’avanzato periodo stagionale non ha fatto altro che facilitare la strada alla creazione di una situazione di questo tipo. Una situazione che si traveste da inverno ma resta primaverile al 100% in quanto comprende grandi scambi di masse d’aria tipico delle stagioni intermedie.

Che relazione esiste tra gli inverni del 2000′ e quelli degli anni 90′?

Negli inverni degli anni 90′ abbiamo assistito ad una grande potenza del Vortice Polare, il quale si manifestava tramite una fervente attività delle depressioni nord-atlantiche. Fasce anticicloniche subtropicali (Azzorre in primis) visitavano frequentemente le medie latitudini. Europa centrale e Mediterraneo risultavano i protagonisti indiscussi delle annate "senza inverno" che hanno caratterizzato stagioni tristemente note come il 1988, 1989.

Con l’arrivo degli anni 2000′ questo equilibrio è andato stravolgendosi sempre più. Dinamiche completamente diverse caratterizzano il tempo a partire dal 2005 in avanti. Abbiamo assistito ad una rapida perdita di importanza del polo ciclonico nord-atlantico a scapito del polo ciclonico scandinavo od est europeo. In poche parole l’aria artica sempre più frequentemente sta diventando la protagonista dei nostri inverni, presentandosi sul nostro continente con una frequenza decisamente aumentata.

Il passaggio da un tipo di circolazione zonale ad una di tipo artico risiede probabilmente nel drastico ritiro dei ghiacci alle latitudini polari. L’arrivo degli anni 2000′ infatti, sono stati caratterizzati da un profondo e drammatico ritiro dei del pack artico, con conseguenze ancora adesso poco immaginabili.

Si può ipotizzare un minore scarto termico tra la diminuita superficie dei ghiacci polari, aree in cui l’aria risulta costantemente raffreddata dall’effetto albedo, e l’aria sensibilmente più calda al di fuori delle superfici ghiacciate. In conseguenza di questo abbiamo assistito ad una aumentata frequenza delle rimonte anticicloniche azzorriane sino alle alte latitudini atlantiche ed alle regioni polari.

Se da una parte abbiamo aria calda che sale, dall’altro lato abbiamo aria fredda che discende, così sul continente europeo la mancanza di una marcata circolazione zonale, ha favorito la formazione ed il rapido approfondimento di aree cicloniche a carattere freddo, con sede sulla penisola Scandinava o sulla Siberia.

Con l’arrivo dell’inverno il mantenimento di questo pattern permette alle masse d’aria veicolate da queste depressioni, di estendere la loro influenza sino all’Europa centrale ed al Mediterraneo con le conseguenze che tutti noi conosciamo. Questo particolare assetto delle figure bariche permette agli inverni delle medie latitudini di risultare decisamente più instabili e vivaci mentre pesanti anomalie positive caratterizzano l’inverno delle latitudini polari, facendo segnare ogni anno drastici ritiri della superficie ghiacciata.

 

Autore : William Demasi