00:00 13 Gennaio 2010

Tutti i segreti dei venti del Mediterraneo

Temutissimo da agricoltori e navigatori, il Maestrale è capace di raggiungere punte di velocità ragguardevoli.

MAESTRALE

Con il termine Maestrale si è soliti indicare tutti i venti che spirano da nord-ovest sul Mediterraneo centrale ed in particolare sui mari ad ovest della penisola italiana. Etimologicamente il nome maestrale (o maestro) deriva dalla circostanza che nel centro del Mar Ionio, ove per gli antichi greci era posizionata la Rosa dei Venti, esso risultava quello che spirava con maggiore frequenza e anche dal fatto che spirasse da Venezia, La Maestra.

I venti di Maestrale soffiano con particolare intensità sui mari intorno alla Sardegna e sulla parte occidentale della Sicilia ma non sono infrequenti eventi eolici di grande intensità anche sulle coste tirreniche della penisola: si può ricordare la tempesta che ha imperversato sul medio e basso Tirreno il giorno 29 dicembre 1999, con le raffiche che hanno superato i 100 km/h, con punte fino a 130 km/h; tale intensità del vento rendeva possibile assimilare l’evento ad un vero e proprio uragano.

Essi apportano sulle zone interessate masse di aria fresca o fredda di origine marittima con condizioni del cielo che possono variare dalla nuvolosità intensa, prevalentemente cumuliforme e accompagnata da rovesci frequenti, temporali e grandinate, a cielo sereno e terso; questa variabilità dello stato del tempo associata allo spirare di tale vento dipende da innumerevoli fattori: fra di essi i principali sono la curvatura delle correnti in quota e la differenza di temperatura tra la massa d’aria che affluisce e la superficie del mare. Se la curvatura è ciclonica le condizioni sono caratterizzate, nella migliore delle ipotesi, da una spiccata variabilità mentre se la curvatura è anticiclonica il tempo è generalmente buono, l’atmosfera è limpida e le temperature non sono particolarmente basse.
Per quanto riguarda la differenza di temperatura fra superficie del mare e masse d’aria sovrastanti, c’è da osservare che l’effetto instabilizzante sull’atmosfera è provocato da una superficie del mare più calda dell’aria che la sovrasta: questa condizione si realizza con maggiore frequenza in autunno ed in inverno, mentre in primavera l’atmosfera, tendendo a riscaldarsi più rapidamente del mare, fa sì che quest’ultimo risulti avere una temperatura inferiore o di poco differente da quella delle masse d’aria sovraincombenti, con effetto addirittura stabilizzante sugli strati inferiori dell’atmosfera.
I periodi con venti di maestrale hanno una durata molto variabile, da meno di 24 ore a fino 4-5 giorni di seguito. Questi lunghi periodi ventosi portano spesso i mari in tempesta, con violente mareggiate sulle coste occidentali della Sardegna, settentrionali della Sicilia e tirreniche della Calabria. I collegamenti con le isole minori (Egadi, Eolie, Pelagie) vengono sospesi provocando non pochi disagi alle popolazioni indigene.
I venti di maestrale più intensi soffiano dopo il passaggio del fronte freddo collegato ad un minimo depressionario centrato sul golfo di Genova, mentre sul Mediterraneo occidentale la pressione è in aumento.
Durante l’estate la Sardegna viene interessata dal maestrale con una certa frequenza, anche in zona anticiclonica. Esso spira con intensità moderata assumendo quasi le caratteristiche di un vento stagionale: infatti esso si presenta puntualmente, ogni giorno, verso metà mattinata e si intensifica nel primo pomeriggio fino a raggiungere, specie sulle coste settentrionali della Sardegna, velocità anche di 40-50 km/h.

SCIROCCO

Lo Scirocco è il vento che spira da sud-est sul Mediterraneo centrale. Esso investe con elevata frequenza ed intensità i Canali di Sardegna e di Sicilia e lo Ionio meridionale: a Trapani l’ 1 marzo del 1986 si sono raggiunti i 130 km/h mentre sullo Stretto di Messina nel maggio del 1984 tale vento ha raggiunto, con alcune raffiche, i 150 km/h.
Lo Scirocco è il vento caldo per eccellenza in quanto apporta sulle zone interessate masse di aria calda di origine sub-tropicale provenienti dall’entroterra nord africano e, cioè, dalle zone desertiche sahariane. Esso è quindi, in origine, un vento caldo e secco e come tale interessa le coste mediterranee della Libia e della Tunisia. Poi inizia a sorvolare il Mare Mediterraneo: in questa fase, a motivo della loro elevata temperatura, le masse di aria in spostamento verso nord tendono velocemente ad arricchirsi di umidità. Quando questo vento giunge sulle regioni meridionali italiane il contenuto di umidità non è ancora particolarmente elevato mentre, quando si spinge fino a regioni quali la Liguria, l’Alta Toscana ed il Friuli Venezia Giulia, il vento di Scirocco risulta umidissimo per il transito sul Tirreno e sull’Adriatico rispettivamente, transito che è avvenuto nel senso della loro massima estensione: di qui le copiose precipitazioni che si verificano su queste regioni, ove le masse d’aria sono costrette ad un sollevamento forzato a causa dei ripidi rilievi montuosi disposti con le curve di livello pressappoco ortogonali alla direzione di provenienza del vento.
Altro fenomeno che si ricollega direttamente allo spirare dello scirocco è quello dell’acqua alta sulle Lagune Venete: quando vi è concomitanza di alta marea astronomica e forti venti da sud-est che interessano l’Adriatico, il livello della superficie del mare si alza, rispetto al suo valore medio, di molti centimetri, con dei valori massimi registrati di oltre 150 cm.
Allo spirare dello scirocco si accompagnano spesso precipitazioni ricche di una finissima polvere di origine sahariana, con tonalità che vanno dal giallo ocra al color ruggine. Anche la nuvolosità o l’atmosfera possono assumere una colorazione diffusa con le stesse tonalità di colore.
Lo Scirocco vero e proprio, quello cioè che si origina sull’entroterra del nord Africa e dopo un lungo viaggio arriva fino a noi, non è particolarmente frequente: più frequenti sono i casi in cui i venti spirano da sud-est perchè ci troviamo ad est o a sud-est di un minimo depressionario.
La classica configurazione barica che porta allo spirare di venti sciroccali sui mari italiani è quella che vede una depressione con minimo sulle coste algero-tunisine e che si estende sia verso sud che verso nord, conferendo alla struttura barica una forma allungata secondo i meridiani: sul suo bordo occidentale scende aria fredda mentre su quello orientale risalgono impetuosamente i venti caldi che nella zona di origine prendono il nome di ghibli.

LIBECCIO

Il Libeccio è il vento che spira da sud-ovest sui mari intorno alla penisola italiana interessando con particolare intensità il Mar Tirreno. Le coste toscane, laziali e campane sono spesso investite da tale vento, tipico dell’autunno e dell’inverno, stagioni nelle quali può provocare intense mareggiate.
Pur essendo un vento proveniente dal 3° quadrante (quadrante meridionale) esso non porta ad innalzamenti della temperatura particolarmente sensibili: anzi, talvolta, si presenta come corrente di ritorno ruotante intorno ad un minimo depressionario sul Golfo di Genova. Esso risulta pertanto costituito da masse di aria fresca ed instabile di origine atlantica, che fanno scendere di diversi gradi la temperatura rispetto a quella che si registrava in precedenza, quando spiravano ancora i venti sciroccali.
Le condizioni del tempo sono di solito cattive: la nuvolosità può essere sia di tipo stratificato, con piogge più o meno estese, sia di tipo cumuliforme con rovesci e temporali.
La classica configurazione barica che porta allo spirare di tale vento è quella che vede una zona depressionaria sul Mar Ligure, un fronte freddo sui mari intorno alla Sardegna in moto verso est ed una zona anticiclonica in attenuazione sullo Ionio e sul Mar Libico.
Se la depressione sul Mar Ligure tende a restare stazionaria, dopo il passaggio del fronte freddo si ha un breve intervallo caratterizzato da venti di maestrale che ruotano poi, nel giro di qualche ora, di nuovo a libeccio: è questo il caso già descritto in precedenza, con il quale le temperature possono restare piuttosto basse.

GRECALE

Il grecale è il vento che spira da nord-est sui mari circostanti alla penisola italiana. Esso è un classico vento invernale, freddo e secco in quanto apporta sulle zone interessate masse di aria fredda continentale provenienti, talvolta, dalle lontane pianure siberiane.
Le regioni adriatiche e quelle meridionali, in concomitanza con lo spirare di tale vento, risultano, in genere, interessate da tempo perturbato con mari agitati e precipitazioni nevose fino a bassa quota; il nord Italia e le regioni centrali tirreniche godono di cielo sereno o poco nuvoloso. Può accadere, e questo con una frequenza maggiore che non nel caso che siano presenti correnti di tramontana, che il cielo sia irregolarmente nuvoloso su Toscana e Lazio per addensamenti che i forti venti hanno letteralmente strappato agli ammassi nuvolosi principali presenti sulle zone I

TRAMONTANA

La tramontana propriamente detta è il vento che spirando da nord interessa le regioni del medio e alto versante tirrenico.
Essa è generalmente un vento freddo e secco che apporta ampie schiarite e visibilità eccellente. Particolarmente battute risultano le coste della Toscana e del Lazio ove la tramontana caratterizza le più belle e luminose giornate invernali.
Quando le coste tirreniche sono interessate da questo vento, sulle coste adriatiche, dalle Marche verso sud, il cielo è generalmente coperto e possono aversi precipitazioni nevose fino a bassa quota.
Un periodo con venti di tramontana dura in genere dai due ai quattro giorni. Nei primi giorni il vento mantiene una intensità pressoché costante nell’arco delle 24 ore. Successivamente esso tende ad attenuarsi nelle ore notturne: l’ultimo giorno di tramontana vede spesso una notte con una calma quasi totale. Questo fatto porta, specialmente nei mesi invernali, a valori delle temperature minime notturne sotto lo zero sulle zone pianeggianti e nelle vallate e conche appenniniche; ciò è dovuto alla forte dispersione termica per irraggiamento (perdita di calore verso lo spazio), non ostacolata in alcun modo data l’assenza di nubi.
Ne consegue un caratteristico andamento termico durante gli eventi di tramontana: nel primo giorno la differenza tra i valori minimi notturni e quelli massimi diurni è minima (qualche grado); col passare dei giorni tale intervallo cresce fino a raggiungere o superare i 10°C.
Tutto ciò accade se non interviene una nuova perturbazione o depressione atlantica ad interrompere questa evoluzione che, generalmente, porta ad un periodo piuttosto lungo di dominio anticiclonico.
La configurazione barica che porta allo spirare di tale vento è quella che vede una zona di bassa pressione sulla Penisola Balcanica mentre una zona anticiclonica, che può essere sia di origine continentale che di origine atlantica, si espande verso il Mediterraneo centrale. Nella prima evenienza le temperature sono molto rigide mentre nel secondo caso i minimi termici risulteranno meno marcati.

BORA: vedi articolo specifico.
Autore : Alberto Fortelli