00:00 18 Gennaio 2010

SUPER-AMARCORD: l’episodio nevoso di fine gennaio nell’inverno del 1986

Ripercorriamo la storia degli avvenimenti meteo sul nostro Paese grazie ad un preziosissimo lavoro di Alessandro Bruscagin.

10° puntata
E’ il 28 gennaio 1986: il cuscino freddo che si era creato nei giorni precedenti sulla Pianura Padana era pronto a svolgere il suo dovere, permettendo la caduta di neve fino al livello del mare. Le temperature minime notturne erano molto basse su tutta la penisola italiana.
I valori più interessanti sono i -14°C di Aosta, i -8°C di Bolzano e L’Aquila, i -6°C di Firenze, i -2°C di Roma e Cagliari, i 2°C di Napoli e i 5°C di Reggio Calabria e Palermo. Le temperature alle ore 13: le correnti meridionali che precedevano il peggioramento incipiente riuscivano a scaldare il centro-sud Italia, mentre al Nord e sull’alto Tirreno ristagnava l’aria fredda. Come non segnalare Genova, dal clima notoriamente mite, con una temperatura diurna si soli +1°C?

Il meteorologo Guido Caroselli, di turno quella sera, introduceva la puntata di “Che tempo fa” parlando del miglioramento che aveva interessato le regioni centro-meridionali dopo alcuni giorni di freddo, pioggia e neve anche a quote basse.
L’evoluzione prevista per il giorno 29 vedeva la parte settentrionale della perturbazione n° 18 che si staccava e si avviava verso la Scandinavia. La sua parte meridionale, invece, come affermato da Caroselli (testuali parole), “è il primo sintomo di una crisi, una crisi che sembra essere piuttosto seria”. Il tempo sarebbe peggiorato sensibilmente entro pochissime ore: c’era già la perturbazione n°19 (apportatrice del guasto vero e proprio) alle porte dell’Italia. Al suo seguito sarebbe affluita aria fredda nel mar Mediterraneo, con tutte le complicanze del caso una volta che queste correnti nord atlantiche avrebbero fatto il loro ingresso sui nostri mari.

Ed ecco il risultato dei miliardi di operazioni dei calcolatori elettronici: anche in questo caso preferiamo scrivere la previsione di Guido Caroselli tale e quale come l’aveva illustrata. “In questa prima fase spirano i venti da Sud, e allora il peggioramento in queste occasioni riguarda le regioni settentrionali e tirreniche. Abbiamo suddiviso l’Italia in 3 fasce: al Sud da poco nuvoloso a variabile, con tendenza ad aumento della nuvolosità. Su quasi tutto il centro -esclusa una parte della Toscana- e sul medio/basso Tirreno nuvolosità in aumento e, a fine giornata, cielo molto nuvoloso con occasione per piogge sul lato tirrenico e nevicate sull’Appennino Centrale. Sulle regioni settentrionali, sull’alta Toscana e sulla Sardegna cielo coperto con precipitazioni che risulteranno nevose sui monti ed anche in Pianura Padana”.

11^ puntata
Arriva la neve al nord

E’ il mattino del 29 gennaio 1986: il risveglio dei valdostani, piemontesi, lombardi, liguri e parte degli emiliani è stato bianco. Come previsto dai bollettini meteorologici dei giorni precedenti, infatti, l’arrivo delle correnti instabili atlantiche (con una componente africana) aveva prodotto un rapido peggioramento del tempo. Le basse temperature presenti nei bassi strati dell’atmosfera (eredità della recente irruzione fredda) avevano permesso la comparsa della neve anche in pianura. A MILANO: 10 cm di neve caddero in mattinata, e lo spessore raggiunse i 17 cm in serata; tuttavia, il giorno seguente, la pioggia avrebbe preso il sopravvento nel capoluogo della Lombardia.

Ben più freddo e nevoso sarebbe risultato il Piemonte durante l’ondata di maltempo che era appena iniziata. Qui a destra vediamo TORINO imbiancata, in una immagine tratta da un servizio del TG2. Lo spessore nevoso aveva già raggiunto i 20 cm a mezzogiorno, e la nevicata continuava intensa con temperature sotto lo zero. Le colline torinesi erano ricoperte da 30 cm di neve, la strada statale “Valle di Susa” risultava bloccata. L’aeroporto di Caselle era rimasto aperto, ma alcuni voli erano stati annullati. Il Colle di Tenda era valicabile esclusivamente con le catene, e le stazioni sciistiche piemontesi si potevano permettere un sospiro di sollievo: nelle ultime ore erano caduti oltre 50 cm di neve fresca e farinosa, una vera manna per gli sciatori.

Ma notate in che contesto si trovavano l’Italia e l’Europa nel pomeriggio (ore 15:30) del 29 gennaio 1986: il satellite Meteosat mostrava chiaramente la vigorosa spinta delle correnti fredde, distinguibili dalla nuvolosità cellulare presente sulle coste settentrionali spagnole, che irrompevano con violenza sul mar Mediterraneo. Al contrario, sull’Italia, l’aria calda scorreva sopra a quella fredda preesistente al suolo, ed andava ad “incastonarsi” (come diceva Caroselli quella sera) negli spazi vuoti lasciati dalla precedente ondata fredda. “Le regioni nord occidentali sono ormai entrate nel tunnel con le nevicate; pure la Sardegna è entrata nel tunnel con le piogge incessanti. TRA POCO SAREMO TUTTI DENTRO”. Era la frase introduttiva di Guido Caroselli nel bollettino meteo serale delle ore 19:50.

Situazione termica alle ore 13: il Piemonte e la Valle d’Aosta erano le regioni più fredde, con temperature sotto lo zero e nevicate incessanti. In Val d’Aosta nevicava da 24 ore e al Traforo del Monte Bianco, temporaneamente, la neve si trasformò in pioggia, chiarissimo sintomo dello scorrimento di aria calda in quota in cui si parla nel paragrafo precedente. GENOVA, notoriamente mite, aveva trascorso una giornata di ghiaccio, e incredibilmente ben 30 cm di coltre bianca ricoprirono la città ligure, non di certo abituata a questi eventi! Per il Trentino, ma ancor di più per l’Alto Adige, era iniziata una fase ininterrotta di nevicate, che avrebbe portato nei giorni seguenti accumuli record in alcune valli altoatesine. L’afflusso mite sciroccale era già riuscito a scalzare l’aria fredda in gran parte delle pianure venete: Verona registrava +5°C, situazione classica in queste condizioni in quanto la città dell’Arena viene investita quasi subito dallo scirocco, che fa alzare la temperatura e trasforma la neve in pioggia.

Risulta splendida e piena di significato per un meteorologo la carta sinottica qui a sinistra, prevista per il 30 gennaio 1986. Un vigoroso centro depressionario in ulteriore approfondimento, costituito da 2 minimi barici, aveva fatto il suo ingresso nel Mediterraneo. Questa “bomba depressionaria” era in trappola, in quanto risultava bloccata da due “gendarmi”, e cioè dall’Anticiclone russo a Est e dall’alta pressione delle Azzorre a Ovest. Questi due anticicloni, ci ricordava Caroselli, erano come le “morse di una ganascia” e non permettevano al maltempo di spostarsi, in quanto la perturbazione n° 19 aveva continuamente modo di rinnovarsi, come pure si rinnovavano i contrasti fra l’aria calda e le spinte fredde. Forte maltempo dunque nei giorni a venire, anche se non sarebbe stato il freddo il protagonista, bensì le precipitazioni abbondanti.

Non dimentichiamo che l’evolversi della situazione avrebbe portato una intensa nevicata anche su Roma: ce ne occuperemo prossimamente.
Autore : Alessandro Bruscagin