Che il Nobel non venisse accettato per eccesso di modestia, ci sarebbe pure stato; anche se non è mai successo! Ma che fosse rifiutato perché non si condividono i risultati della ricerca giustappunto premiata, è davvero grossa.
Eppure uno dei neo “premiati”, l’emerito climatologo John R. Christy dell’Università dell’Alabama, si è dissociato in modo brusco e critico dall’Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change), da Al Gore e da tutta la schiera degli pseudo-ambientalisti appena osannati nel celebre Collegio di Oslo; rifiutando a quanto pare, anche la quota del premio a lui spettante.
Christy ha fatto parte dell’Ipcc, così come migliaia di altri scienziati, tra cui una trentina di italiani; ma proprio non è riuscito a digerire i catastrofistici proclami del quasi-presidente americano e della sua benemerita schiera di adepti.
Per il ricercatore americano, gli studiosi odierni non hanno più l’umiltà fondamentale dell’uomo di scienza; colui che più volte si inchina davanti alla maestosa complessità della natura, prima di ottenerne minute deroghe nel progresso della sua conoscenza.
Pregiudizio comune sta diventando il fatto che ogni stranezza del clima contemporaneo è preventivamente imputabile all’uomo. Il presunto riscaldamento globale, (perché dati alla mano, di presunzione, tutt’al più di sufficienza, bisogna parlare) è così diventato lo spettro di una prossima travolgente apocalisse.
Quello di Christy è solo un minuscolo risvolto piccante, peraltro sottaciuto, del grande minestrone (globale) sulla diatriba inerente i cambiamenti del clima, nella quale sguazzano associazioni, enti, gruppi di ricerca e liberi scienziati, di ogni luogo ed estrazione. Tra vaneggiamenti e pavoneggiamenti insomma, vogliono farci credere che il nostro destino è già segnato: Se qualcuno avrà la fortuna di andare in barca vela al Polo Nord tra il 2020 e il 2050 (così come testualmente citato in uno dei primi quotidiani italiani), un miliardo di persone avrà difficoltà a reperire l’acqua potabile; a milioni moriranno di malaria e di fame, mentre molte aree del pianeta di desertificheranno in pochi decenni (come se molte di queste cose non fossero già rigettate dagli schermi televisivi, ogni volta che c’è un Tg).
Quali sono le cause? Cosa fare? Chi deve intervenire? Tre domande, una sola risposta: il Protocollo di Kyoto! Questo documento, già vessillo dell’IPCC, non solo spiegherebbe tutti i disastri geo-climatici come ascrivibili all’attività umana, ma offrirebbe anche la ricetta del cambiamento di rotta, con una presunta drastica riduzione della produzione di CO2. Chi deve farlo? Tutti ovviamente, a partire dai paesi che ne producono di più, cioè quelli ricchi o in via di sviluppo. Sono compresi anche i quasi-sudditi di Al Gore, che per ora si rifiutano di aderire, ma che tutti cercano di contrastare nella loro politica economica del “fossil fuel” (più semplicemente “petrolio”).
Intanto l’Europa cavalca l’onda dello spauracchio ambientalista, vero terrore per le masse (da quelli che hanno saltato la settimana bianca nello scorso inverno, a quelli che hanno visto andare in fumo le vacanze in Grecia); cosa succede al pianeta? La febbre sale! Ma solo negli angoli ottusi del cervello popolare. Ebbene il Parlamento Europeo, lo scorso 25 ottobre, ha appena approvato la “Relazione Reul” a larga maggioranza (509 si, 153 no, 30 astenuti), facendosi beffa e respingendo i pochi (47) emendamenti presentati.
La “Relazione Reul” (si cita testualmente) argomenta anche di energia nucleare, soprattutto nell’ ottica di rimedio contro i gas che provocano l’ effetto serra. L’ energia nucleare «è indispensabile per garantire a medio termine il carico di base in Europa». Essa, inoltre, è la maggiore fonte energetica dell’UE a basso tenore di carbonio e, in proposito, i deputati sottolineano «il suo ruolo potenziale ai fini della protezione del clima». Segnala inoltre che decisioni a breve e medio termine sull’uso dell’energia nucleare «avranno effetti diretti anche sugli obiettivi climatici che l’UE potrebbe realisticamente fissare». Mentre «in caso di uscita dall’energia nucleare non si potranno conseguire gli obiettivi in materia di riduzione dei gas a effetto serra e di lotta contro il cambiamento climatico» (vedi Kyoto).
Insomma, giù il velo! Si scopra l’altarino del “reattore”, quello che nessuno vuole, ma che tutti prima o poi avremo vicino; sempre più vicino. Già a Febbraio di quest’anno la Finlandia, alcune repubbliche baltiche e la Repubblica Ceca, ostaggio delle forniture di gas russe, avevano chiesto all’Unione Europea di inserire il Nucleare fra le fonti rinnovabili.
L’approvazione della “Reul” pone il sigillo definitivo ai progetti energetici europei!
E per il clima? Non è aria. Kyoto poco probabilmente ci salverà dalla CO2, ma ci spingerà sicuramente verso il nucleare e chissà quali risvolti futuri; ora che, anche chi come l’Europa sembrava vocato a salvare il pianeta, si avvia sulla strada della cieca incoscienza, come quella di coloro che studiando l’intima struttura della materia, furono catturati dalla logica del potere e del profitto, sempre lesta a manipolare le coscienze e piegare le volontà.
E i cittadini? Se reazione ci sarà, speriamo che non sia solo quella nucleare!