00:00 27 Novembre 2006

Una TRANQUILLA serata di PAURA (confessioni di un previsore)

Un'avventura nevosa sulle Prealpi lombarde. Una "ragazzata" come tante che avrebbe potuto concludersi tragicamente.

Era novembre, l’autunno del 1990, l’anno dei mondiali, l’inizio dell’ultimo decennio del secolo.

Tornato da pochi mesi a Milano, dopo il sevizio militare trascorso nelle fredde terre altoatesine, cercavo di ritrovare la compagnia, quel gruppo di amici e amiche ormai dispersi nella quotidianità, soffocati dai nuovi impegni lavorativi.

Una fredda e piovosa serata, dopo un mese di caldo anomalo con l’anticiclone delle Azzorre centrato proprio sul bacino del Mediterraneo, che abbracciava con i suoi tentacoli gran parte dell’Europa centro-meridionale. Seguivo già le vicende meteorologiche da alcuni anni, e durante il servizio militare, svolto nell’arma degli Alpini, ebbi l’occasione di provare sulla pelle, durante le interminabili guardie notturne, le temperature più rigide e le nevicate più intense a cui abbia mai assistito.

Le previsioni alla TV (ai tempi non si sapeva neppure cosa fosse internet) prevedevano la discesa di una saccatura dal nord Europa sino al Mediterraneo occidentale. Sull’Europa orientale era presente una vasta area di alta pressione. Si stava formando una depressione sul Ligure, in grado di attivare un flusso di correnti calde e umide che avrebbero raggiunto a breve tutto il nord Italia.

Le temperature però erano troppo elevate per produrre nevicate in pianura, ma sufficienti per dar luogo a nevicate anche abbondanti sulle Alpi e Prealpi; secondo le mie stime sopra i 600, 700 metri.

Fu un guizzo di passione, agguantai il telefono e feci un veloce giro di telefonate, ma gli amici sembravano colti dal torpore invernale, come in una fase di pre-letargo. Alla fine fu Davide a farsi avanti; un mio caro amico, che non perdeva mai l’occasione di seguirmi nelle avventure, alla ricerca della neve o delle temperature più basse tra le nostre care Prealpi. Negli anni trascorsi a vagabondare tra le montagne avevamo mappato gran parte dell’alta Lombardia, scoprendo le strade e i passi più alti e freddi della Regione.

Presi il giaccone e l’attrezzatura del caso: guanti, berretto di lana, catene da neve e macchina fotografica e mi catapultai verso il mio caro “mulo”, questo il soprannome dato dai miei commilitoni ad una vecchia Golf GTD della metà degli anni ottanta, un vero mostro di resistenza e affidabilità dotata di un nuovo treno di gomme da neve.

Recuperato l’amico di tante avventure, partimmo alla volta dei Piani Resinelli, una località sul Lecchese situata a quota 1250 metri.
La superstrada per Lecco era già allagata, e la pioggia battente sembrava non dare tregua, faticavo a tenere la strada; infatti non è il massimo della sicurezza viaggiare con le gomme da neve sul bagnato!

Guinti in Valsassina l’aria si fece frizzante, asciutta, la caratteristica e ARIA di NEVE, quella che apre i polmoni e rinvigorisce l’anima.

Via con i tornanti allora, per i Pian Resinelli: fuori uno, fuori due, ecco i primi fiocchi attraversare tra la pioggia i fasci luminosi dei fari abbaglianti. Dopo un paio di tornanti, a quota 700 metri i fiocchi, già abbondanti, impattavano placidamente sul parabrezza. Era il momento di inserire l’audio-cassetta degli eventi importanti, il mitico album: The Final Cut, dei Pink Floyd!

Ancora qualche tornante e la neve sembrava evitare con astuzia il parabrezza, svolazzando qua e la come una tempesta di stelle cadenti. La strada cominciava ad imbiancarsi, mentre aumentava lo spessore e la quantità accumulata sui bordi della carreggiata, ad indicare che la neve era già stata rimossa in precedenza da uno spazzaneve, ma non v’era traccia di sale e tanto meno di ghiaia sul manto stradale, fu da subito fonte di preoccupazione nella mia mente, ma al momento sorvolai procedendo spavaldo verso la colma.

Il tappeto nevoso si faceva sempre più compatto e l’atmosfera si fece ben presto luminosa, candida, ovattata, con le fronde degli alberi che sembravano danzare come a festeggiare il nostro arrivo lasciando cadere manciate di neve ovunque.

L’entusiasmo era alle stelle e mancavano pochi tornanti al mitico piazzale, il grande parcheggio meta delle evoluzioni rallystiche invernali. Quanti testacoda e sensazioni forti, era il parcheggio del divertimento sfrenato.

Le ruote cominciarono ad un tratto a pattinare, sorprese da un sottile strato di neve bagnata, stava arrivando lo Scirocco, il vento caldo da sud-est, il mangia neve!

L’auto faticava ad avanzare sino all’arresto completo, un colpo di freno, ma l’auto accennò ad un leggero movimento all’indietro, come a scivolare verso valle.

Allora tentai una manovra, una lenta retromarcia, un’inversione. Indietreggiai di qualche metro, portando il retro treno verso la parete a monte, sino ad assumere una posizione trasversale alla carreggiata; davanti a me i pini che delimitavano lo strapiombo.

All’improvviso il veicolo come impazzito iniziò a muoversi di lato e predere velocità verso valle. Dal mio finestrino del lato guida vedevo il tornante avvicinarsi velocemente, fu il panico, il sangue sembrava raccogliere il gelo circostante, e il cuore pareva voler fuggire dal petto.

Ad un certo punto un rumore sordo mi distrasse un attimo dal dramma che si stava consumando, mi girai di scatto e vidi il panico sul volto del mio amico che gettatosi dal lato passeggeri si allontanava accasciato sul manto nevoso, continuando ad osservare la scena come impietrito.

In un impeto disperato o forse per istinto mi accorsi che il motore dell’auto era ancora acceso e ingranando la prima balzai in avanti, appoggiandomi con il paraurti anteriore sulle montagne di neve accumulate sui pini, sul bordo strada.

Il veicolo dopo qualche metro e un semi-testacoda si arrestò all’improvviso come per miracolo, finendo la sua marcia ancora in carreggiata.

Dopo qualche istante, increduli dell’accaduto ci tuffammo sulle ruote anteriori per montare le catene da neve, ma eravamo troppo provati per proseguire e ci avviammo con la coda tra le gambe verso valle, immersi in un silenzio innaturale, reduci da una scampata tragedia.
Da quel giorno mi promisi di non affrontare mai più una salita impegnativa senza catene, soprattutto in condizioni climatiche analoghe.

Acquisendo negli anni, una notevole esperienza di guida, compresi a pieno l’enorme rischio corso in quella lontana ed incosciente avventura. Una vera fortuna poter raccontare oggi l’accaduto con ironia, senza il rimorso delle possibili tragiche conseguenze, con un occhio sempre vigile allo stato del manto nevoso e le catene sempre a portata di mano, perché anche la migliore gomma da neve in certe situazioni può tradire spudoratamente.
Autore : Luca Savorani