00:00 3 Novembre 2007

Come si stabilisce l’intensità di un’irruzione fredda?

Attraverso lo studio dettagliato delle mappe che indicano pressione e temperatura alle varie quote della troposfera.

Durante l’inverno le discese di aria fredda dalle latitudini polari o artiche verso il Tropico non mancano mai, ed almeno in qualche occasione coinvolgono anche le nostre regioni, portando conseguenze sia sulla temperatura che sulla copertura nuvolosa, e di conseguenza anche sulle precipitazioni.

Ma come si fa a capire se una irruzione fredda sarà intensa o no? Innanzitutto vanno distinte le discese di aria continentale da quelle marittime oppure oceaniche:

1) Una massa di aria fredda continentale nella maggior parte dei casi è ben strutturata solamente negli strati bassi atmosferici, ossia quelli che si trovano fra il suolo ed i 3-4 km di altezza; più in alto invece l’aria è relativamente meno fredda, o addirittura si può notare lo scorrimento di correnti miti ed umide.

E’ il caso ad esempio delle masse d’aria gelida che costituiscono gli anticicloni termici (come il “Russo-Siberiano”).
Bisogna pertanto fare un confronto fra le carte del tempo riferite al suolo (dove magari si nota una discesa di aria fredda) e quelle alle alte quote (dove invece sullo stessa zona ritroviamo venti provenienti dall’Oceano, o da latitudini inferiori).

2) Una massa di aria fredda marittima invece spesso è ben strutturata solo in quota (dai 4 km di altezza verso l’alto); difatti se l’irruzione è molto veloce, transitando sull’Oceano la massa d’aria fredda tende relativamente a scaldarsi dal basso (l’acqua del mare ha comunque una temperatura attorno ai 7-10°C), e pertanto si crea una forte instabilità, che genera nubi cumulfiromi associate ad improvvisi acquazzoni o rovesci di gragnola.

In questo caso bisogna individuare la discesa di aria fredda in quota osservando l’andamento del geopotenziale sulle mappe riferite ai 500 hPa di quota isobarica, e successivamente verificare che nelle carte delle temperature al suolo il raffreddamento sulla stessa zona si rivela esiguo, nonostante le isobare molto vicine indichino venti (nel nostro caso artici) molto forti.

Quando questo tipo di masse d’aria polare si muovono molto lentamente, però non vengono così efficacemente scaldate dalla superficie marina, e quindi si generano colate fredde molto estese e bene organizzate a tutte le quote, che possono portare ad un repentino abbassamento della temperatura anche al suolo senza l’avvento di venti intensi o rovesci.

In tal modo quindi possiamo cercare di capire quali saranno i fenomeni (sotto forma di nubi, piogge, nevicate ed altro ancora) legati alle singole irruzioni fredde.

La valutazione “nuda e cruda” dell’intensità dell’irruzione si può fare semplicemente attraverso la lettura delle mappe nelle quali vengono indicate le isoterme alle varie quote, quelle carte che indicano le temperature che si potranno registrare punto per punto su tutta l’area interessata, dal suolo fino ai limiti della troposfera.

Una volta individuata la linea di irruzione (il fronte freddo) occorrerà osservare la distanza fra le varie isoterme a seguito del suo passaggio; come intuitivamente si può pensare, più le isoterme saranno vicine, più il fronte freddo sarà intenso.

Ma cosa si intende per “fronte freddo intenso”? Nel caso delle irruzioni artiche continentali, significa che il calo della temperatura nei bassi strati sarà repentino; nel caso delle colate fredde marittime invece significa che la probabilità di formazione di nubi e precipitazioni sotto forma di rovesci è molto elevata.
Autore : Lorenzo Catania