00:00 27 Febbraio 2006

“CHE NERO!”, ma spesso lì sotto piove poco…

MeteoLive vi spiega perché.

Usciamo di casa sicuri di passeggiare sotto il sole. In effetti il sole c’è ma dalla parte opposta della volta celeste si scorge nitidamente un ammasso nero informe e minaccioso. Il nostro primo pensiero sarà: “chissà quanto starà piovendo in quella zona”. In realtà il fatto che il cielo ci appaia nero in modo omogeneo all’orizzonte, non ci dà la prova concreta che si stiano verificando precipitazioni diffuse e generalizzate sotto quelle nubi cumuliformi.

Ad esempio se non c’è molta umidità i contorni delle nubi appaiono più netti ma il quantitativo di pioggia effettivo che giungerà al suolo sarà minimo. Questo non vuol dire che la furia del temporale non possa comunque provocare dei danni, dovuti alle forti raffiche di venti o ai chicchi di grandine, soprattutto in giornate di forti contrasti termici. Anche il sole accentua i contrasti e può far sembrare una zona più scura di quanto in realtà non sia.

In giornate molto umide i cumuli possono anche non vedersi nella densa foschia ma la presenza delle “incudini” dei cumulonembi capillati, in lontananza, deve farci intuire che è presente instabilità. Questo tipo di temporali sono subdoli e possono colpire con inaudita violenza, risucchiando davanti a loro aria caldo-umida per alimentarsi e prorompere poi con pioggia torrenziali, fulmini, grandine e un vistoso calo termico nel giro di 30-40 minuti.

La diminuzione di temperatura sotto un forte acquazzone estivo è più netta e rapida che durante le deboli piogge invernali, a causa della notevole evaporazione che sottrae calore all’ambiente.

Se il vento al suolo soffia nella direzione contraria a quella del temporale non significa affatto che lo spingerà lontano da voi, ma anzi che lo sta alimentando, facendo affluire all’interno della cellula temporalesca altra aria calda ed umida.

Quando compare il “nero” il focolaio è pronto a innestare la combustione ma non dovrete tanto temere la parte scura dell’ammasso temporalesco, ma quella grigiastra che “pende” dalla sua parte terminale. Il “nero”, magari accompagnato dalle classiche “mamma” (che altro non sono che le discendenze piovose che non arrivano al suolo per la forte turbolenza ed il rimescolamento con aria più secca), fa paura ma non morde. Costituisce insomma l’annuncio del temporale, provoca un generale oscuramento del paesaggio, determina Il cambio di direzione del vento che spira questa volta dalla direzione di provenienza del temporale. Le gocce di pioggia formatesi in altitudine, nel frattempo non vengono più sorrette dalle correnti ascendenti e precipitano al suolo provocando intensi rovesci.

E meno male che oltre la metà dell’acqua accumulatasi nelle nubi non raggiunge il suolo, altrimenti assisteremmo a sistematici allagamenti.

Ma il “nero” dove va a finire? Lentamente, questa parte scura che rappresentava le ascendenze viene a mescolarsi con la parte “piovosa” del temporale, fornendo anch’esso il proprio contributo in termini di precipitazioni ma perdendo in pochi minuti l’aspetto inquietante con il quale si era presentato.

Insomma: non è dal nero che dobbiamo difenderci ma dalle “cascate” d’acqua, dai colpi di vento e dalle possibili grandinate che lo seguono a poca distanza.
Autore : Alessio Grosso