00:00 5 Marzo 2008

Riscaldamento globale: ancora troppe divergenze di pensiero per dare in pasto al mondo solo certezze

Nonostante i notevoli progressi scientifici e tecnologici degli ultimi anni, persistono ancora molti punti interrogativi sulla vera entità e sulle cause del "Global Warming".

Nel corso di una vecchia intervista, rilasciata ad un noto settimanale, il colonnello Edmondo Bernacca, il pioniere della meteorologia, coglieva l’occasione per fare il punto sulle conoscenze di allora, in tema di climatologia.

Parlò di Optimum climatico, di Piccola Era Glaciale, di variazioni di temperature globali, di aumento delle concentrazioni di CO2, di due ipotesi sostanzialmente in voga nella comunità scientifica di allora, una che si riferiva all’ “Effetto Serra”, e che avrebbe portato ad un riscaldamento globale, l’altra all’ “Effetto Polvere”, dai possibili effetti contrari.

Fece riferimento anche a dubbi su possibili errori e limiti dell’allora primitiva era modellistica climatica, derivanti dalla scarsità di dati e conoscenze. Era il febbraio del 1985, ed il colonnello Bernacca fu intervistato per cercare di fare chiarezza sulle cause di quella che fu una delle più intense ondate di gelo che colpì l’Italia e l’Europa nel secolo scorso, quella appunto del gennaio 1985.

Ebbene, rileggendo quelle poche righe, dalle quali si percepisce un’epoca storica completamente diversa, e non solo dalle pagine oramai logorate dal tempo, sono rimasto colpito dal fatto che i contenuti essenziali espressi in quell’occasione, non sono minimamente diversi dai contenuti spesso trattati oggigiorno e ridondanti in questa epoca di Global Warming, dove chiunque crede di possedere la chiave di lettura del complesso sistema climatico.

La mia naturalmente è una provocazione, ma con alcune semplici considerazioni, vorrei solamente proporre qualche spunto in più di riflessione rispetto ad un tema così complesso e dibattuto, invitando chiunque a non dare niente per scontato.

Partirei proprio con le dichiarazioni del colonnello Bernacca, che forse allora potevano suscitare un certo interesse, visto che eravamo agli albori della ricerca climatologica moderna. Oggi il fenomeno dell’Effetto Serra, per esempio, è oramai conosciuto anche da mio figlio che ha sei anni, per dire, delle variazioni di temperature globali vere o presunte se ne parla ogni giorno, del fenomeno dell’Effetto Polvere invece, oggi meglio conosciuto come Oscuramento Globale, non se ne parla più, forse perché non lo si riesce ancora a definire abbastanza, in quanto troppo sensibile a forzanti imprevedibili quali ad esempio le eruzioni vulcaniche.

Per quanto riguarda la modellistica meteoclimatica, a mio avviso deve essere chiaro ad esempio, che anche oggi nel 2007, siamo ancora ben lontani dal possedere risposte certe, in quanto, nella fattispecie, i risultati ottenibili da tali sistemi, ancor oggi risentono di diversi processi di parametrizzazione e cioè della necessità di approssimare arbitrariamente determinati meccanismi fisici anche conosciuti allo scopo di semplificare le equazioni altrimenti difficilmente risolvibili; inoltre altri meccanismi soprattutto riguardanti i famosi feedback, vengono completamente tralasciati perché non ancora ben compresi e studiati a fondo. A tutt’oggi si discute ancora se taluni problemi intrinseci ai modelli fisico-matematici applicati allo studio del clima saranno mai superabili.

E’ logico che dal 1985 la ricerca scientifica ha fatto passi da gigante in materia, la macchina climatica è stata per così dire smontata e studiata in ogni minimo dettaglio, si conoscono indici climatici teleconnettivi di tutti i tipi, ENSO, NAO, AO, AMO, QBO, e chi più ne ha più ne metta, ma se chiediamo ad esempio di sapere come sarà dal punto di vista meteoclimatico il prossimo inverno in Italia, nessuno lo potrà dire con certezza, nemmeno il Bernacca del ventunesimo secolo e piaccia o non piaccia, è questa la realtà.

Ma non è scopo di questo editoriale andare a formulare capi d’accusa, ma piuttosto sottolineare come, ancor oggi, nonostante tutto, le argomentazioni in materia non siano molto diverse da quelle di più di vent’anni fa, stritolate e congelate dai dubbi, sollevati da una parte dai “serristi” o catastrofisti, e dall’altra dagli “scettici” o moderati.

Due scuole di pensiero tuttora vive, piene entrambe di contenuti, dati, studi che ne comproverebbero l’affidabilità, giungle nelle quali è difficoltoso muoversi, ma che secondo me, sono state recentemente efficacemente sintetizzate nelle loro linee essenziali, da due personaggi entrambi non scienziati, e che per diversi motivi sono stati anche ampiamente criticati: Al Gore con il suo film-documentario “Una scomoda verità” da una parte, e Michael Crichton con il libro “Stato di paura” dall’altra, per me invece entrambi meritevoli sul piano dell’impegno per il non facile e corraggioso tentativo della divulgazione di temi scientifici controversi, al grande pubblico.

Al di là delle solite polemiche successive alla pubblicazione dei loro lavori, che francamente, tralasciando l’aspetto prettamente politico, ritengo un po’ esagerate, vorrei cercare invece di coglierne gli aspetti positivi. Del primo ne apprezzo il tentativo di rendere accessibile a tutti quello che è comunque il punto di vista più diffuso nella comunità scientifica internazionale, l’opera è convincente e i dati scientifici riportati, per quanto possano essere naturalmente opinabili, sono nella maggioranza dei casi, i dati ufficiali disponibili al momento; credo che lo scopo di sensibilizzazione che si era prefissato sia stato pienamente raggiunto.

Del secondo a mio avviso, è pregevole la grande mole di lavoro non facile, svolta nella ricerca di bibliografia che potesse in qualche modo essere controcorrente e cioè nella direzione di portare prove convincenti contro la teoria del Riscaldamento Globale. Anche in questo caso credo che questa ricerca non sia stata improduttiva. E chi avesse voglia di guardare con attenzione a questi due lavori con spirito critico serio e non gratuito, si accorgerebbe che, in fin dei conti, non c’è niente di scontato in tutto il panorama di conoscenze acquisite in climatologia, e che i nodi da sciogliere sono ancora molti, troppi per perdersi nelle solite discussioni sterili così di moda e peraltro ingigantite da una informazione mediatica molto spesso distorta e superficiale.

Una cosa è certa, e cioè che tutto questo non può che far male alla scienza, non vorrei che l’impaludarsi da parte degli addetti ai lavori in questa specie di girotondo senza uscita, fatto di chiacchere, non ostacolasse in qualche modo il naturale progredire della ricerca scientifica nelle giuste direzioni. Nel frattempo comunque nonostante i numerosi dubbi, la maggior parte della comunità scientifica ha assunto una posizione ufficiale in merito.

Visto che in fondo allo stato attuale dell’arte al massimo si può solo obiettare ma non dimostrare il contrario, a mio avviso la prudenza in questo caso è d’obbligo e se da una parte quindi è auspicabile investire in una massiccia ricerca scientifica di base seria ed indipendente che possa procedere anche in direzioni diverse da quelle percorse finora per cercare di appianare le divergenze di pensiero, dall’altra è necessario procedere da subito all’adozione di serie e drastiche misure per la limitazione delle emissioni dei gas serra, e non solo.

I cambiamenti climatici del resto, sono solo la punta dell’isberg di un degrado ambientale di più ampia portata, che segna una profonda crisi del rapporto uomo-ambiente che non ha precedenti nella storia dell’umanità, c’è l’esigenza di una nuova cultura di ambiente nel suo complesso che non può prescindere da serie e corrette politiche ambientali ed energetiche.

A questo punto l’allarme è lanciato, e di fronte anche a solo un’ ipotesi di un rischio ambientale così importante ed inquietante nei suoi possibili sviluppi, sarebbe da irresponsabili non tenerne conto, in fondo i possibili segnali, se vogliamo, potrebbero anche esserci tutti.
Autore : Fabio Vomiero