Quando mi capita di parlare di riscaldamento globale mi trovo di fronte a due tipi di reazioni: paradossalmente trovo molte più persone che non si occupano di meteorologia, essere le prime a dubitare della sua portata, e a ipotizzare che i “giochi” si svolgano su un piano che non conosciamo, legato all’interesse commerciale e industriale.
L’ossessiva ripetizione dei peggiori scenari futuri, amplificata dal “grande fratello” non riesce a penetrare ancora con forza, ostacolata dal buonsenso, dall’osservazione, dal ricordo del passato.
Consiglio peraltro a tutti la lettura dell’opera “1984” di Orwell e de “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley, straordinarie e attualissime chiavi di lettura sul mondo attuale.
D'altra parte c'è una nutrita schiera di scienziati che non accetta minimamente la discussione. La scienza si dovrebbe invece fondare sul dubbio. Una legge è certa finché non ne è scoperta una migliore. Essa viene invece erroneamente interpretata come sinonimo di verità assoluta, in realtà essa progredisce tanto più, quanto meno esistono tabù e dogmatismi.
Il problema reale del progresso scientifico è la paura del pensiero libero, la incapacità ad accettare di percorrere nuove strade, o solamente di prenderle in considerazione.
Una carriera universitaria, non diversamente da molte altre carriere, non è fatta di colpi di genio sbandierati ai quattro venti, ma piuttosto di anni di gavetta, di ripetersi di esperimenti anche inutili, di attenzione a non allontanarsi dal seminato, soprattutto nei confronti dei predecessori, cui magari si devono condividere le idee e portare “le borse” per molti anni.
In Italia si raggiunge, temo, il titolo di ricercatore in base a principi che non tengono in sufficiente conto la qualità della ricerca svolta e i meriti personali.
Prova ne è l'età straordinariamente alta in cui i ricercatori divengono di ruolo, spesso quando non hanno più lo stimolo o sono rimasti troppo indietro rispetto alla tecnologia per portare nuova linfa, magari addirittura senza sapere usare un pc. Non parliamo di quegli scienziati (magari auto-nominatisi tali) troppo poco preparati a cui nulla costa accodarsi all'idea più di moda, sicuri che nessuno li possa smentire, che tristemente “sono” poiché “appaiono”, e sono ricercati perché comunque attirano persone alle conferenze, indipendentemente dalla loro professionalità.
Il potere dell'informazione è tale che non ha bisogno di prove. Lo stesso accusare chi denuncia eccessi nell'asserzione che il clima sta cambiando a causa dell'uomo, rappresenta l'inversione dell'onere della prova. Perché io dovrei dimostrare che l'aumento di CO2 non sia la causa principale dell'aumento di temperatura? Non dovrebbe essere chi asserisce il contrario a spiegare perché nella storia della Terra l'aumento di temperatura ha sempre causato l'aumento di CO2, tranne ora?
Quale impatto, poi, potrebbe mai avere la riduzione auspicata del 6% di emissione di CO2 del trattato di Kyoto, puro esercizio burocratico di intenti, quando, se anche ciò avvenisse, ciò porterebbe alla riduzione dello 0,3% dei gas atmosferici totali che contribuiscono all'effetto serra?
E perché non si pone più attenzione al Sistema Solare, avendo nel Sole la vera, unica, immane fonte di calore, lungi dall'essere sufficientemente studiata?
Non ho certezze, ma desidero qui esprimere il mio dissenso al modo in cui le persone sono informate, e da ciò che è legittimamente detto (in buona fede, per carità) da altri, col diritto di libertà di stampa che presumo vi sia.
Non posso poi tacere il fatto che non è sufficiente basarsi su modelli matematici se non per prevedere brevissimi periodi, ma finora persino le previsioni stagionali si sono rivelate insoddisfacenti e pressoché inutilizzabili.
Allora quali straordinari modelli possono descrivere l'andamento di un sistema complesso e caotico, che sottintende anche un calcolo statistico, partendo dal presupposto che il modello stesso non sarebbe stabile proprio per come è concepito, dato l’uso che ne viene richiesto, forzandolo a modellizzare un lontano futuro? E lo dimostra la forbice di aumento previsto di temperatura, che preannuncia i più diversi scenari, perdendo così di reale credibilità e impedendo realistiche contromisure.
Mi è capitato in mano un libro degli anni '70. Si parlava di previsioni sull'inquinamento in base alle quali già anni fa si sarebbe potuto uscire di casa solo con le mascherine per lo smog, prevedendo scenari che, come bambino, mi avevano spaventato molto. Leggevo dell’aumento di precipitazioni in atto per il Nord Italia partendo da una solida base statistica. Ricordo anche che si temeva una nuova era glaciale. Sono passati solo 30 anni.
Con qualunque velocità si stia evolvendo il clima della Terra, l'uomo dimentica con velocità ancora maggiore. Forse è questo il nostro primo problema.