Secondo una ricerca condotta dal National Center for Atmospheric Research (NCAR) di Boulder, in Colorado, confrontando dati atmosferici raccolti per alcuni decenni sull'intera area boschiva mondiale è risultato che circa il 40 per cento dell'assorbimento del biossido di carbonio precedentemente attribuito alle foreste temperate è in realtà da imputare alla vegetazione delle zone tropicali.
Per anni uno dei più grandi misteri della climatologia ha riguardato la fine che fa il carbonio di origine antropica presente in atmosfera e che risulta dal mancato assorbimento dovuto alle deforestazioni. Dei circa 8 miliardi di tonnellate di carbonio emesse ogni anno, il 40 per cento si accumula nell'atmosfera e circa il 30 per cento viene assorbito dagli oceani. Si ritiene pertanto che siano gli ecosistemi terrestri, specialmente gli alberi, ad assorbire la quota rimanente.
Da quanto risultava da precedenti studi a riguardo, ottenuti grazie all'elaborazione al computer dei dati riguardanti gli schemi di circolazione atmosferica e le misurazioni di biossido di carbonio effettuate poco al di sopra della superficie terrestre, le foreste più a nord dovevano assorbire circa 2,4 miliardi di tonnellate all'anno. Per contro, gli studi a terra hanno riscontrato la presenza soltanto della metà di tale quantità, lasciando gli scienziati alle prese con il problema del pozzo di carbonio mancante nel nord.
Stephens e i suoi collaboratori hanno ora scoperto che gli ecosistemi tropicali rappresentano un polmone che assorbe anidride carbonica in modo più efficiente di quanto ritenuto finora: secondo alcuni precedenti modelli tali ecosistemi potevano emettere una quota netta di 1,8 miliardi di tonnellate di carbonio, in gran parte a causa del rilascio di tale elemento dovuto alla deforestazione, agli incendi e ad altre forme di distruzione. Secondo la ricerca di Stephens, tale quota andrebbe ridimensionata a soli 100 milioni di tonnellate.