00:00 17 Aprile 2013

La neve sui nostri rilievi: un ostacolo per la formazione dei temporali pomeridiani

La copertura nevosa presente sui rilievi determina una minore ascesa di quelle “bolle” di aria calda molto importanti per la genesi dei temporali pomeridiani.

Siamo in una calda giornata primaverile o estiva, in una località non troppo lontana dal mare. La giornata è serena e con poco vento; il sole già in mattinata scotta parecchio, portando la temperatura a valori piuttosto elevati. In tarda mattinata si alza la brezza di mare che mitiga la temperatura, facendola scendere di qualche grado. In direzione dei rilievi più vicini a noi, già nell’ora di pranzo, notiamo la presenza di cumuli che in un primo tempo si presentano molto tenui ed esili.

Con il passare delle ore queste nubi tendono ad ingrandirsi notevolmente, originando anche qualche rovescio o breve temporale. Verso sera le stesse nubi, come si erano sviluppate, scompaiono, lasciando spazio ad una notte stellata.

Questo è ciò che soventemente succede nel semestre caldo, quando i pendii montuosi sono colpiti dai raggi del sole che ne determinano un riscaldamento. Il calore viene letteralmente emesso dal terreno sottoforma di autentiche “bolle” di aria calda, le cosiddette termiche. Queste, quando raggiungono una determinata quota, condensano in nubi, determinando la nascita dei primi cumuli.

Più intenso è il flusso di calore che proviene dal basso, più le nubi tenderanno a svilupparsi in altezza, dando origine talvolta ai cumulonembi, annuvolamenti forieri di temporali o rovesci. Inoltre, se in quota è presente aria molto più fredda rispetto al suolo, questi moti di ascesa forzata tenderanno ad accentuarsi, con conseguente produzione di temporali di forte intensità.

Anche in primavera il sole spesso scotta, trovandosi già alto sull’orizzonte. Di conseguenza fenomeni analoghi a quelli estivi possono presentarsi anche in questa stagione, seppure con minore irruenza.

In primavera alcuni rilievi, specie quelli alpini e le vette più alte degli Appennini, possono mantenere la copertura nevosa anche per la prima parte della stagione, stante le basse temperature notturne. Ciò riveste un’importanza non indifferente, perché ostacola la genesi delle nubi e dei temporali pomeridiani.

Il terreno, essendo coperto dalla neve, tenderà a scaldarsi molto meno, con conseguente ridotta emanazione delle termiche, linfa vitale per le nubi cumuliformi e per eventuali temporali.

Emblematico è il caso dell’arco alpino: anche in estate la “fioritura” massima di temporali avviene nella fascia di confine con la pianura (quindi nella zona prealpina) e meno in prossimità delle vette più alte, ricoperte per tutto l’anno dalle nevi perenni e dai ghiacciai.

La neve che ricopre il terreno esercita quindi un’azione stabilizzante, riducendo notevolmente le differenze di temperatura tra la quota e il suolo, annullando quasi totalmente i moti verticali dal basso verso l’alto che generano le nubi imponenti dei mesi estivi.

Autore : Paolo Bonino