Già dai tempi di Galileo è documentata la comparsa del Niño, dove si sospettavano forti influenze del fenomeno sull'andamento climatico globale.
Oggi grazie ai progressi scientifici e misure accurate è possibile seguire il fenomeno, produrre calcoli e previsioni che solo fino a pochi anni fa sembravano impensabili.
Tra le varie conseguenze prodotte dal riscaldamento delle acque del Pacifico, nel 1998 era stata avanzata l'ipotesi di un suo coinvolgimento nel rallentamento della rotazione terrestre.
Recenti ricerca condotta da Jean Dickey e colleghi del California Institute of Technology di Pasadena, pubblicata su Geophysical Research Letters confermano tale ipotesi. Secondo le misurazioni effettuate, El Niño riscalda la superficie delle acque che vanno dall'oceano Pacifico ai tropici, modificando sostanzialmente la circolazione dei venti con tendenza a disporsi dai quadranti occidentali i quali accelerano leggermente la rotazione atmosferica. Il momento angolare del Pianeta, tende tuttavia a conservarsi per mantenere la rotazione della durata costante di 24 ore. La Terra quindi è costretta a decellerare per compensare l'accelerazione atmosferica e ne consegue che le giornate tendono ad allungarsi di qualche frazione di secondo.
Come spiega lo scienziato Dickey, l'atmosfera tende a dissipare il calore piuttosto lentamente, così la temperatura oceanica impiega un paio di mesi a raggiungere il suo picco massimo. "Si spiega in questo modo il ritardo nella decelerazione delle Terra. Un effetto insignificante tutto sommato perché i cambiamenti del momento angolare tra la terra e l'atmosfera, durante El Niño, provocano un rallentamento di circa un millisecondo al giorno".