00:00 30 Settembre 2004

DOSSIER: Un fiume di spazzatura elettronica da Londra a Hong-Kong! Il problema del riciclaggio, i danni per l’ambiente…

Nessuno ne parla, ma il problema del riciclaggio dei rifiuti non organici è quanto mai attuale e i rischi che derivano da una sottovalutazione del problema sono enormi. In questa sede affrontiamo il caso della Cina, che importa rifiuti britannici sottoponendoli a lavorazioni precarie, con gravi danni per l'uomo e per l'ambiente. I dati sono stati resi noti da un'inchiesta del quotidiano "The Guardian".

Rifiuti non organici pari a duecentomila tonnellate di plastica, mezzo milione di tonnellate di carta e cartone, e imprecisate quantità di spazzatura elettronica vengono esportate ogni anno dalla Gran Bretagna verso la Cina. Sono questi i numeri spaventosi, emersi dai dati del governo londinese secondo un’inchiesta del quotidiano “The Guardian”, che confermano le voci di un mercato di materiali plastici ed elettronici in disuso verso il continente asiatico, in particolare verso lo Stato cinese.

Le motivazioni che spingono i rispettivi governi ad inscenare questo tipo di commercio sono dichiaratamente economiche: i costi dell’interramento dei rifiuti nel suolo brittannico sono lievitati in maniera esponenziale, tanto da far divenire conveniente l’esportazione degli stessi dall’altra parte del pianeta, dove uomini d’affari senza scrupoli riciclano il tutto, senza precauzione alcuna nei confronti dell’uomo o dell’ambiente, utilizzando metodi rudimentali e approfittando di una mano d’opera a bassissimo costo, ignara dei rischi che corre per la propria salute.

I rischi che derivano da quanto detto, infatti, oltre quelli poc’anzi elencati, sono anche quelli legati al trasporto di simili sostanze (trasporto che avviene per mare) e all’inquinamento di falde e corsi d’acqua messi in diretto contatto con gli stabilimenti dove si lavora al riciclaggio dei rifiuti.

Martin Baker, di Greenpeace Cina, si è pronunciato in merito mettendo in luce proprio questo aspetto: “‘I metodi utilizzati dalle aziende di Pechino sono prevalentemente rudimentali. La gente brucia plastica trattandola a mani nude. Le acque si inquinano e vanno direttamente nei fiumi. Inoltre la maggior parte del lavoro è svolto da pendolari che vengono dalle campagne e che guadagnano un’inezia”.

Ma non c’è solamente la Cina nel mirino. Anche India, Pakistan e Africa Occidentale “collaborano” in questa direzione. Il problema, poi, non è legato solo alla plastica, ma anche e soprattutto alla spazzatura elettronica: hardware informatico, televisori, cellulari, condizionatori, elettrodomestici d’ogni tipo… tutto questo viene caricato (spesso senza precauzione alcuna e in alcuni casi anche illegalmente) su navi dirette in questi Paesi, dove viene “smaltito” in maniera primitiva. Arsenico, piombo e altri materiali tossici o quanto meno difficilmente riciclabili vengono a diretto contatto con uomo e ambiente, con gravi rischi di contaminazione per entrambi.

Per il governo di Londra -emerge dall’inchiesta del “The Guardian”- si tratta invece di un’attività lecita, mentre i responsabili delle esportazioni affermano che i materiali trasportati sono innocui.

Un esempio eloquente di quanto sta accadendo ci viene dalla città di Guiyu, a nord-est di Hong-Kong, sommersa da migliaia di tonnellate di rifiuti non organici, costretta ad importare acqua potabile per i propri abitanti, tale è il livello di inquinamento raggiunto dalle proprie sorgenti.
Autore : Emanuele Latini