00:00 16 Febbraio 2006

DOSSIER IMPERDIBILE! Cambiamenti del clima e mutamenti del paesaggio: alcune verità…

Quanto e quando i cambiamenti del clima si riflettono sul paesaggio e sulla biosfera in generale; quali le conseguenze per la vita umana e le sue attività.

Prendo spunto dall’ultimo lavoro argutamente segnalato dalla Redazione di MeteoLive, sui “costi” del Global Warming, per fare alcune considerazioni in proposito.

Pur non utilizzando incomprensibili paroloni matematici, vorrei in ogni caso sottolineare quanto siano ancora imprevedibili e inaffidabili le previsioni dei cambiamenti climatici in atto, in particolare in aree così ristrette come il Mediterraneo e per intervalli di tempo non ben definiti e comunque lunghi.

Abbiamo certo dei capisaldi quali: la grande mole di dati sul clima, i più potenti calcolatori della storia, il più grande numero di scienziati e modelli interpretativi mai visti prima; ma esiste anche un’altra verità: quella dell’inesperienza del passato, e soprattutto della sopravvalutazione del presente. In altre parole, tutto ciò che precede il XIX secolo, è ai nostri occhi un susseguirsi di racconti al limite del leggendario e del favoloso (come la famosa nevicata d’Agosto su Roma nel IV sec); poche tessere di un mosaico enorme, di cui si perde sia l’insieme spaziale che l’iter temporale. Ancor più fuorviante è l’idea che il presente che viviamo, sia una condizione media e ottimale.

Gli autori dell’articolo sul Journal of Science parlano di “probabili” impatti dovuti all’aumento dell’effetto serra.

Secondo questi studiosi sarà il Mediterraneo a subire gli sconvolgimenti maggiori e alcuni eventi calamitosi degli ultimi anni, in determinate zone, ne sarebbero un esempio. Si parla di un aumento medio delle temperature di 3-6 gradi entro il 2080. perché il 2080? E non il 2100 o il 2050? Dire 3 gradi o 6 gradi comporta inoltre differenze più che sostanziali.

Ci stiamo arrabattando su due o tre decimi di grado, nel discutere il presunto aumento delle temperature avvenuto nell’ultimo secolo (dal 1900 ad oggi); quale trend dunque potrebbe portare la temperatura a salire di 20 volte tanto, così come dicono questi studiosi, nello stesso tempo? Sarà realistico tutto ciò? Se fosse reale sarebbe una catastrofe, la fine del mondo; altro che “Apocalisse bianca”.

Mi chiedo poi cosa verrà fuori quando inseriremo, tra le medie del secolo, i dati termici di questo inverno in corso, ovunque di 2-3°C più basse del normale. La Grecia e i Balcani possono vantare diminuzioni ben più ragguardevoli. Qualcuno lo sa che la media del secolo, per certe zone, potrebbe ridimensionarsi significativamente?

Quando si parla di catastrofi nell’agricoltura, nel turismo e in altri settori economici dipendenti dal clima, non dimentichiamo che si tratta di situazioni artificiali, svincolate dal contesto naturale ed inserite in una logica di profitto e di crescita continua a tutti i costi.

È ovvio che in Portogallo, così come in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi condizione, avranno sempre difficoltà a maturare olive di 20g, a prescindere dalle annate più o meno siccitose. Lo stesso dicasi per altre colture palesemente al limite biologico dell’iperproduttività.

Gli incendi poi, si sa che hanno cause prettamente antropiche, ed affatto climatiche. Chi parla di “crollo” dell’economia turistica in certe zone, per mancanza di risorse idriche, deve tener conto che le stesse aree (ad esempio le Isole dell’Egeo, la Costa Brava o la Puglia) hanno sempre avuto difficoltà di approvvigionamento idrico e che oggi vivono a livelli di sovrasfruttamento ecologicamente e demograficamente incompatibili.

Relativamente allo spostamento latitudinale della vegetazione, si tratta per lo più di fantastiche chimere, piuttosto che di fatti reali. I paesaggi stanno cambiando per il mutamento delle attività umane e non certo del clima. Le foreste si espandono in Europa a causa dell’abbandono dei terreni coltivati, proprio come avvenne dopo la caduta dell’Impero Romano a partire dal V-VI sec.

Tra il V e il IX secolo inoltre, abbiamo un raffreddamento climatico non indifferente, altro che optimum medievale; quest’ultimo si limita a circa tre secoli a cavallo dell’anno 1000, coincidenti con l’espansione nord-occidentale dei Vichinghi. Oggi aumenta la diffusione di pioppi e platani semplicemente perché nei decenni scorsi ne abbiamo piantati a iosa e poi perché si tratta di piante opportuniste di luoghi luminosi, freschi e umidi.

La famiglia dei pioppi, tra le altre cose, annovera forme tipiche di ambienti freddi e periglaciali. La sopravvivenza inoltre, dopo la fine dell’ultima glaciazione, di molte specie vegetali di clima freddo o glaciale, in regioni mediterranee quali il meridione d’Italia, i Balcani e la Turchia, la dice lunga sui tempi di spostamento delle fasce vegetazionali.

Un dato tra i tanti: grazie all’inversione termica, nelle doline delle Murge pugliesi, crescono spontaneamente anche degli agrifogli.

Che i girasoli possano crescere in Lombardia è poi cosa nota e più che possibile, dal momento che grandi estensioni di questa coltura si trovano anche in Ucraina; altro che piante del Sud! L’olio poi è già una realtà in molte zone del Lombardo-Veneto; d’altronde diffusione e produttività dell’olivo non dipendono tanto dal fattore termico medio, quanto dagli estremi di freddo, dal periodo di insolazione e dalla presenza di siccità estiva. Forse l’olivo rischia di sparire in certe zone del sud per l’elevata umidità e tasso di precipitazioni!

Che dire poi del passaggio dal grano al riso…non coltiviamo più il primo, che verrebbe molto bene, per mancanza di tempo; perché dovremmo passare al secondo, che ne richiede di più ed è una coltura molto più delicata. Infine due parole sul decremento demografico delle sponde mediterranee dell’Europa. Il Nordafrica, più siccitoso, biologicamente povero e climaticamente più estremo della sponda opposta, insegna l’esatto opposto e cioè che la popolazione aumenta o diminuisce in risposta a cause non riconducibili, se non in minima parte, al fatto climatico.

Per concludere vorrei sottolineare quanto fragili siano gli equilibri creati e supportati dall’uomo, per se stesso e per la natura. La sopravvivenza, o semplicemente la resistenza, agli attuali lievi (almeno per ora) quanto improvvisi cambiamenti delle condizioni climatiche, potrà essere garantita da un maggiore avvicinamento a condizioni naturali. Non un ritorno, peraltro non auspicabile e contro-producente; bensì un rientro all’interno di certi confini. Se non ci rendiamo conto che stiamo viaggiando oltre il limite, la cura potrebbe risultare peggiore del male.

Un esempio palese è ciò che sta avvenendo in questi giorni: il Protocollo di Kyoto auspica l’eliminazione dei combustibili fossili per la produzione di energia, al fine di contenere l’incremento dell’Effetto Serra; ma a causa del freddo persistente, non basta più nemmeno il gas naturale e siamo costretti a riutilizzare perfino il Carbone!
Autore : Dott.Giuseppe Tito