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Come nascono i FULMINI

Da recenti risultati di ricerca è stata dimostrata sperimentalmente la genesi dei fulmini in atmosfera.

In primo piano - 2 Maggio 2007, ore 08.15

Il National Space Science and Tecnology Center di Huntsville, in Alabama ha annunciato di aver finalmente chiarito il meccanismo di generazione dei fulmini. Tramite l'utilizzo del satellite TRMM (Tropical Rainfall Measurement Mission), sono stati analizzati centinaia di migliaia di cumulonembi con un sensore chiamato LIS (Lightning Imaging Sensor). Dai risultati della ricerca è così emerso che esiste una ben precisa correlazione tra la quantità di ghiaccio presente nella nube e la quantità di fulmini prodotti. Come è noto ormai da tempo, i fulmini scaturiscono dalle nubi temporalesche ad alcuni chilometri dal suolo dove l'acqua si trova sottoforma di particelle congelate che, sfregando vorticosamente l'una contro l'altra, generano imponenti scariche elettrostatiche: i lampi e i fulmini. Fino a ieri tuttavia, ci si è basati su ipotesi e teorie, ora sono state raccolte le prove sperimentali che all'origine delle "grandi scintille" tra il cielo e la terra c'è proprio l'interazione fra le particelle di ghiaccio. All'interno dei cumulonembi o nubi temporalesche, convivono due classi ben distinte di particelle congelate: cristalli di ghiaccio microscopici e palline dalle dimensioni che variano da qualche millimetro a qualche centimetro. Il caricamento elettrostatico avviene tramite la collisione e lo sfregamento di queste due diverse tipologie di particelle. I cristalli più piccoli tendono a salire verso la parte alta della nube, caricandosi di elettricità positiva, mentre le palline e chicchi di grandine scendendo verso la parte bassa del cumulonembo, si caricano negativamente. Trattandosi di quantitativi enormi di ghiaccio, nell'ordine di centinaia di milioni di tonnellate, l'energia ellettrostatica che si accumula con questi enormi potenziali di cariche opposte è tale da provocare enormi scariche elettriche tra nube e nube, e tra nubi e il suolo. Tramite i nuovi dati raccolti dal TRMM si potranno perfezionare i modelli matematici e i parametri RADAR, per poter prevedere in tempo utile il livello di pericolosità delle nubi temporalesche e il loro effetti su aree del Pianeta densamente popolate.

Autore : Luca Savorani

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