00:00 20 Agosto 2012

Che fine hanno fatto le piogge acide?

Foreste decimate? Monumenti di marmo ridotti a gesso? Per il momento, nulla di tutto ciò.

"L’inquinamento atmosferico è arrivato a valori così elevati, che dai nostri cieli, quando piove, cade acido solforico" Questa frase è stata pronunciata molte volte negli anni 80, quando il problema delle piogge acide era sulla bocca di tutti.

Analisi dettagliate, difatti, avevano messo in evidenza la grande quantità di anidride solforosa presente nell’atmosfera, che si originava a seguito della combustione dei combustibili fossili. In poche parole, l’azione di "idratazione" che avveniva a carico dell’anidride solforosa presente nell’aria determinava la formazione di piogge con valori di PH molto bassi, in qualche caso inferiori a 5. Le precipitazioni acide che cadevano al suolo, secondo molti studiosi, erano la causa delle continue morie di alberi, soprattutto su diversi settori dell’Europa centrale.

Addirittura si pensava che buona parte della Foresta Nera fosse stata "decimata" a causa di questo fenomeno. L’azione delle precipitazioni acide, inoltre, non si fermava alla "sola" distruzione delle nostre foreste: anche i monumenti in marmo erano considerati a rischio. L’impatto dell’anidride solforosa sulle formazioni marmoree avrebbe dato luogo ad una struttura gessosa facilmente sgretolabile. Il timore delle piogge acide e le affermazioni che lo avevano suscitato aprirono quindi la strada a numerose indagini scientifiche atte a stabilire la reale portata del fenomeno ed i suoi possibili effetti sui patrimoni naturali ed artistici. In America tale progetto coinvolse circa 700 ricercatori ed il costo dell’intera operazione fu molto elevato, circa mezzo miliardo di dollari!

Alcune specie di piante furono a lungo sottoposte a diverse concentrazioni di pioggia acida per un periodo minimo di tre anni. Gli alberi erano stati piantati in un terreno relativamente povero, in modo da esaltare gli eventuali effetti negativi dell’acidità. Potrà sembrare strano, ma dopo 3 anni di continue esposizioni a piogge con un valore di PH molto più basso di quello rilevato nella parte orientale degli Stati Uniti ( 4,2), nessuna specie rilevò alcun effetto derivante dalle piogge acide!

La velocità di crescita delle piante non presentava alcuna differenza. In Norvegia sono stati condotti altri esperimenti sotto controllo scientifico su periodi di tempo ancora più lunghi e anche in questo caso il risultato è stato che i previsti effetti negativi delle piogge acide sulle piante non potevano essere dimostrati. Tale progetto è stato in seguito esteso agli edifici, per cercare di capire l’effettivo impatto delle piogge acide su case e monumenti. Le conclusioni sono state che, in presenza di un aumento dell’acidità delle precipitazioni pari al 20%, il momento in cui sarebbe necessario procedere ad opere di restauro risulta anticipato soltanto del 2-5%.

Anche se l’acidità venisse dimezzata, il momento del restauro verrebbe differito di appena il 10-15%. In poche parole, una riduzione dell’acidità del 50% consentirebbe di restaurare una facciata ogni 56 anni anzichè ogni 50!

A seguito degli esperimenti compiuti, il rapporto annuale sullo stato delle foreste pubblicato congiuntamente da Nazioni Unite e Commissione Europea nel 1996 afferma che " l’inquinamento dell’aria si è rivelato essere la causa dei danni ( subiti dalle foreste) soltanto in un esiguo numero di casi" e soprattutto "che la prevista moria di piante e foreste prevista da molti negli anni 80 per via dell’inquinamento atmosferico, non si è verificata".
 

Autore : Paolo Bonino