I ghiacciai alpini stanno morendo: così servizi radio-televisivi, dossier, tigì e quotidiani d’informazione d’ogni sorta hanno infarcito la solita estate italiana da grido eco-catastrofista. Metteteci poi gli immancabili incendi, i 100 gradi Farenheit raggiunti a Londra, i 41 centigradi toccati a Parigi, le migliaia di vittime di mezza Europa, il gran secco del Nord-Ovest italiano, ed ecco che il siparietto sul “clima che cambia” è potuto calare senza costrizione alcuna sull’opinione pubblica di un’Italia tutta a bocca aperta, e non solo per il gran caldo.
E così, seppure ci fosse stato qualche timido scetticismo a far capolino nella grande farsa del “serrismo a tutti i costi”, ecco che questo s’è dovuto ricredere: il clima è veramente cambiato, oramai non ci sono più dubbi!
E come averne? L’estate Duemilatre è una prova inconfutabile. A detta di tutti.
Fare notizia ad ogni costo sembra diventata la “conditio sine qua non” del giornalismo di oggigiorno. Non c’è notizia senza scoop, non c’è audience senza l’immancabile caricatura del “mai accaduto da vent’anni a questa parte”. Il giornalismo sembra essersi ridotto alla nuda, agonizzante ricerca del dato eclatante, incredibile e clamoroso. Sembra esser svanita nel nulla la cura del particolare, la passione per l’informazione, l’aspetto “sentimentale” del voler raccontare al mondo i fatti del mondo.
Ad oggi il giornalismo (almeno quello legato alla cronaca del tempo atmosferico) altro non è che pura elencazione di dati numerici, cruda narrazione di eventi catastrofici, semplicistica catalogazione di situazioni, interventi, procedure. L’intervista al professionista del settore, sempre più ridotta ad una manciata di secondi, quando non ad un ridicolo botta-risposta, ha il sapore dell’interrogazione dell’oracolo.
Strano, poi, il destino del meteorologo di turno: al momento dell’intervista-lampo mezza Italia sembra pendere dalle sue labbra, per un attimo egli sembra vestire i panni del “guru” tibetano in grado di prevedere piogge monsoniche e sciogliere prognosi delicatissime, fino a che (roba di pochi minuti dopo) viene selvaggiamente criticato e screditato nella sua previsione, quando non deriso ed infangato nella dignità di uomo e di professionista. Succede, è roba di questa Italia. Non stupiamocene: è affare di tutti i giorni.
Si dice sempre che in Italia ci sono cinquanta milioni di commissari tecnici; ebbene, sarà anche vero; ma è anche vero che il nostro Belpaese ha il piacere di ospitare altrettanti meteorologi in erba!
E giù con la menata del clima impazzito, delle stagioni stravolte, dei picchi-record di temperatura e dell’insostenibile siccità dovunque e comunque. Complici i media, che fomentano questo sterile “movimento di pensiero”, radicato chissà dove e in chissà quale teoria scientifica. Roba da Medioevo targato ventunesimo secolo.
Ma, ahimè, per stavolta tocca dar ragione a “lorsignori”. Ebbene sì: per una volta ci hanno preso, gli improvvisati giornalisti del meteo. A forza di spararla grossa, alla fine l’estate da incubo è arrivata. Volente o nolente, la premiata ditta “Cason & Co.” ha fatto centro: è questa la stagione dei record assoluti, dei ghiacciai in ritirata e della siccità da incubo.
E, a questo punto, ci vien da pensare...
...Che ce l’abbiano “mandata” loro?