00:00 28 Dicembre 2015

Ancora un braccio di ferro tra modello europeo e modello americano

Uno sguardo all'evoluzione atmosferica messa in evidenza dai due principali centri di calcolo europeo ed americano relativamente alla prima decade di gennaio. Le opinioni tra questi due grandi colossi della previsione tornano ad essere divergenti.

Sino agli aggiornamenti relativi a ieri, domenica 27 dicembre, le previsioni del modello europeo e del modello americano, sembravano ormai allineate verso uno scenario comune di instabilità che avrebbe dovuto caratterizzare la prima decade del mese invernale per eccellenza, gennaio. Quest’oggi il modello americano tradisce in parte queste aspettative, proponendo un flusso zonale oceanico che avrebbe nuovamente la tendenza a scorrere su latitudini abbastanza elevate da impedire alle masse d’aria più fresche ed instabili di raggiungere le latitudini mediterranee.

Dall’altra parte abbiamo invece il modello europeo che, al contrario, amplifica proprio sul Mediterraneo le conseguenze instabili portate da un flusso di correnti piuttosto fredde di derivazione nord-atlantica. I due modelli sono invece abbastanza concordi riguardo la mancata interazione tra l’aria gelida di origine continentale e l’aria più mite di derivazione oceanica, un incontro-scontro che, con tutta probabilità, porterà i suoi massimi effetti sui settori europei centro-orientali.

Diminuisce quindi l’apporto d’aria fredda sull’Italia nel periodo compreso tra giovedì 31 dicembre (notte di S.Silvestro) e sabato 2 gennaio, laddove sia il centro di calcolo europeo, sia il modello americano, stimano un valore termico di appena -2°C alla quota di 850hpa (circa 1400 metri).

Confermato invece l’intervento di una fase abbastanza umida e piovosa soprattutto sulle regioni del versante tirrenico. Come abbiamo detto c’è però una sostanziale differenza nella previsione dei due centri di calcolo, laddove il modello americano prevede infatti il passaggio di sistemi frontali inseriti in un contesto termico molto mite, il modello europeo mette in evidenza un Fronte Polare assai più basso di latitudine, con una maggiore componente di rovesciamento freddo dalle quote superiori verso i bassi strati dell’atmosfera.

Questo potrebbe rivelarsi di fondamentale importanza per chi si aspetta un ritorno della neve a bassa quota se non addirittura in pianura su alcune delle nostre regioni italiane. In soldoni, secondo il modello americano nevicherebbe solo in montagna, secondo il modello europeo potrebbero esserci chances d’avere episodi nevosi anche in bassa collina ed in pianura, segnatamente al nord.

Comunque vadano le cose, vediamone i risvolti positivi, ritornerebbe finalmente la neve in montagna, senza più avere quei paesaggi brulli e marroni che ancora sono protagonisti delle quote elevate alpine, anche in questo preciso istante. Oltre martedì 5 gennaio per il momento sarebbe meglio non spingersi. 

Seguite gli aggiornamenti. 

Autore : William Demasi