
Il sole della primavera non scalda come quello dell'estate. Eppure se ci pensiamo bene , il sole di aprile ad esempio è alto nel cielo quanto quello di agosto. In piena estate tutto questo calore trova come valvola di sfogo lo sviluppo delle termiche; l'aria calda si stacca dal terreno e dai pendii di montagna sotto forma di bolle, le quali poi, a seconda dell'umidità o meno della massa d'aria che le compone e a quella che le circonda, può condensare o meno in nubi cumuliformi.
Il riscaldamento del suolo prodotto dalla radiazione solare avviene quindi in modo molto diverso da zona a zona. Il tipo di superficie e il tipo di terreno determinano quanta radiazione debba venire assorbita per scaldare l'aria e quanta invece debba venire riflessa mantenendo la temperatura su valori inferiori
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Laddove si verifica il maggior assorbimento della radiazione solare, ad esempio su suoli brulli, sassosi, terreni rocciosi e senza vegetazione, grandi centri urbani, distese di sabbia o di terra arida, l'aria si riscalda maggiormente rispetto alle zone circostanti. Zone con folta vegetazione, specchi d'acqua, residui di neve in montagna invece si riscaldano molto meno e fungono da sebatoi di aria più fredda che tende a rimanere aderente al luogo di origine.
Orbene, se ci troviamo sui nostri monti nella stagione primaverile, possiamo notare un fenomeno molto frequente che avvinene in primavera: la fascia prealpina o le zone appenniniche medio-basse si sgombrano prima dalla neve rispetto alle creste alpine retrostanti più elevate, soprattutto i versanti meridionali e orientali. Questi pendii vengono dunque scaldati dal sole il quale innesca così il fenomeno delle termiche. Le bolle d'aria calda, aiutate anche dall'inclinazione e dalle asperità verticali dei pendii, vengono accompagnate nel loro moto verso l'alto senza dispendio di energia e possono condensare l'umidità al loro interno formando banchi di nubi cumuliformi più o meno sviluppate.
In situazioni di aria stabile, una volta superata la spinta inerziale agevolata dal pendio, la nostra bolla o nuvoletta, ha nel frattempo eguagliato la temperatura della massa d'aria circostante e quindi non nè in grado di galleggiare da sola, pertanto inizia a scendere e a tornare al punto di partenza con la dissoluzione del cumulo stesso. Frattanto un altro cumulo avrà preso il suo posto rinnovando il ciclo che, stante le condizioni di stabilità della colonna d'aria, si manterranno fino a sera per poi terminare al tramonto del sole o poco dopo. In condizioni di aria instabile, ad esempio con flussi più freddi in alta quota, aria molto secca in altitudine e molto umida presso il suolo, lo sviluppo cumuliforme può divenire imponente e portare alla formazione di temporali. Questi si organizzano secondo una linea ben precisa che sovrasta le creste prealpine o le zone appenniniche sgombre da neve.
Le Alpi vere e proprie o la cresta più elevata dell'Appennino se estesamente innevata, rimangono fuori dai giochi e il cielo può anche rimanere sereno o appena "sporcato" da banchi di nubi stratiformi a media e alta quota: perchè? Vi ricordate il discorso fatto sui pendii scaldati dal sole? Ebbene là dove la neve giace ancora abbondante crea l'effetto albedo, il quale inibisce fortemente la formazione delle termiche. Per motivi geografici inoltre l'aria umida che penetra ad esempio dalla val Padana attraverso le valli prealpine, spesso non ha la spinta necessaria per inoltrarsi nelle vallate alpine, poste all'interno della catena. L'aria risulta così più asciutta ed è un ulteriore punto a sfavore delle nostre nubi cumuliformi che a questo punto si mostrano in tutta la loro inclinazione primaverile a preferire le nostre belle montagne verdi.