00:00 21 Marzo 2013

Fango, neve, sabbia e veleni su PECHINO

La nevicata su Pechino ci dà lo spunto per parlare della grave situazione di inquinamento che grava sulla città.

18 milioni di abitanti, una cappa di smog di quelle inimmaginabili anche nell’inquinatissima Milano, e ora anche la neve mista a fango e sabbia. E’ stata data una grande rilevanza al fenomeno verificatosi martedì 19 marzo su Pechino: prima che i fiocchi coprissero ogni cosa con uno strato di circa 10cm, in città sono scesi inizialmente grigiastri, come non si era mai visto, e spesso misti a fango e sabbia. Un cocktail tra inquinamento e sabbia del deserto dei Gobi, nulla di nuovo per la metropoli cinese, eppure mai come oggi l’episodio è salito agli onori della cronaca.

Evidentemente gli abitanti di Pechino sono stufi di inghiottire veleno e si ribellano, postando in rete i video più significativi dell’evento. Del resto la città vive quasi costantemente avvolta da un alone grigio che riduce la visibilità anche sino a 100m, quasi tutti sono muniti di mascherine; le concentrazioni di polveri sottilissime, PM 2,5, nello scorso gennaio era addirittura salito a 896 microgrammi al metro cubo, quando l’organizzazione mondiale della sanità ha sancito che non dovrebbe superarne i 25.
 
Per contrastare la tendenza alla desertificazione e per migliorare la qualità dell’aria il Governo ha deciso già nel 2011 di piantare trecento milioni di alberi nella regione dell’Hebei, a nord e a ovest della capitale, lungo il confine con la Mongolia Interna, per arrestare l’avanzata della sabbia dal deserto del Gobi.

Il progetto mira a far crescere una nuova foresta di 250 mila chilometri quadrati di superficie. Le dune, alte fino a duecento metri, avanzano di venti metri all’anno: una velocità tripla rispetto alla media del secolo precedente. Dal 1990, sabbia, siccità e cemento hanno distrutto 135 mila chilometri quadrati di macchia. Per garantire l’irrigazione iniziale delle piante, nei prossimi anni saranno deviati anche ventiquattro fiumi, a partire dal Fiume Giallo.

Del resto le contee interne e del Nord, tra gli altipiani tibetani e la Manciuria, sono flagellate da catastrofici periodi di siccità. Le precipitazioni annue, dal 2001, sono diminuite del 37%. Nella zona di Pechino i giorni di vento sono saliti da una media di 136 a 178 all’anno. La capitale, nel 2010, è stata raggiunta da 56 tempeste di sabbia. Costi e danni economici sono incalcolabili.

Sabbia, polveri sottili ed emissioni del carbone usato per industrie e riscaldamenti formano un cocktail mortale. La fascia agricola che circonda Pechino negli ultimi cinque anni si è ridotta del 12% e nella nazione vivono 400 milioni di eco-profughi. Sono i contadini costretti ad abbandonare la terra resa sterile dalla sabbia e dai veleni, pericolosamente ammassati oggi nelle metropoli.

Le autorità comuniste sperano che l’umidità generata dalla selva, respingendo la sabbia verso i deserti mongoli e russi, induca anche la formazione di nuvole e lo scarico di piogge. Il 90% delle antiche sorgenti imperiali è prossimo all’estinzione, i laghi Ming sono ridotti a spiagge di quarzo e i pechinesi temono di doversi concentrare presto sulla costa ad est di Tianjin. A meno che una foresta artificiale, nella culla della deforestazione asiatica, torni a salvare la nuova capitale del pianeta.

Autore : Report di Alessio Grosso