00:00 28 Giugno 2011

“Et venne pioggia calamitosa per giorni et giorni”

Gli eventi estremi sono sempre esistiti e forse erano anche peggiori di quelli attuali.

"Et venne pioggia calamitosa per giorni et giorni", così l’inizio della descrizione di una alluvione dell’Arno da parte di un cronista fiorentino contemporaneo di Leonardo. Brani simili si possono trovare nelle "historie" di qualsiasi comune italiano: descrizioni accurate di terribili carestie dovute a siccità non di uno, ma di più anni consecutivi, che costringevano gli abitanti delle zone coinvolte dal disastro ad andarsene o a cambiare completamente il tipo di coltivazione; piogge devastanti che provocavano straripamenti dei fiumi, i quali, talvolta, mutavano completamente il loro corso, come nel caso del Po, che in provincia di Ferrara ha lasciato decine di toponimi (da "Malcantone" a "Ruina", a "Malborghetto") che testimoniano un passato non di certo tranquillo.

E che dire di alcuni fenomeni naturali che mutarono in poche decine di anni le fortune di ricche e potenti città, come l’interramento del porto di Pisa, o di quello di Ravenna? Si dirà: testimonianze di un passato lontano.

Fino ad un certo punto: a metà dell’ottocento, l’Irlanda (e non qualche plaga desolata sub sahariana) subì una serie di annate agricole talmente disastrose da provocare la morte di migliaia di persone e la partenza per l’america di decine di migliaia di emigranti.

L’Olanda restò in balia delle onde dell’Oceano, sempre più invasive anche a causa di irrisolti problemi di subsidenza, fino a che, a metà degli anni 50, non si iniziò una lunga e ininterrotta costruzione di dighe in cemento. E per venire a casa nostra, non vanno dimenticate le piogge torrenziali che provocarono le alluvioni del Polesine e di Firenze.
 
Se, compiendo un percorso contrario a quello che normalmente avviene nelle analisi dei fenomeni naturali, non ci fermiamo alle cause, ma osserviamo anche gli effetti, ci renderemo conto che, restando negli ultimi 500 anni e nel panorama europeo, le nazioni del nostro continente hanno dovuto sempre affrontare cataclismi naturali di vario ordine e grado, e che in realtà questi cataclismi, oggi, non sono meno numerosi o rovinosi che in passato.

Anzi, le conoscenze acquisite nel secolo appena concluso, specie nell’ambito della meteorologia, ci permettono di affrontare in modo più accurato molte situazioni di emergenza. In sostanza, dove cento o duecento anni fa non restava che dire "speriamo che passi presto" oggi abbiamo le capacità per poter intervenire per fronteggiare pressoché ogni tipo di calamità naturale.

Come ho detto in altre occasioni, ci troviamo, quindi, specie da parte dei media, di fronte a una diffusa epidemia di "meteodimenticanze" che inducono a una sensazione di panico ed insicurezza costante. Occorre che recuperiamo il senso delle cose effettivamente avvenute, altrimenti, come diceva Orwell in "1984", si arriverà a credere che quanto ricordiamo (temporali, grandinate, estati brutte, inverni freddi), in realtà non sia mai successo prima di ora.

Non è possibile continuare ad affermare che "non si sono mai viste inondazioni come quelle verificatesi nell’estate 2002", quando i grandi fiumi europei, come il Danubio, hanno avuto decine di modificazioni del loro percorso negli ultimi secoli. Non si può continuare a scrivere di "siccità inattese nel sud Italia" quando perfino ai tempi dei Normanni ci si occupava di come distribuire le risorse idriche nell’interno della Sicilia. Insomma, probabilmente per affrontare situazioni che per centinaia di anni i nostri avi hanno affrontato, forse con meno risorse, ma senz’altro con più forza d’animo, occorre sfatare un ultimo tabù, creato (a mio avviso) artificiosamente dai media per aumentare le nostre paure: le mezze stagioni, probabilmente, non sono mai esistite.

Autore : Andrea Rossi