00:00 11 Gennaio 2018

Clamorosa scoperta: sorgente di magma sotto l’Appennino la causa di forti terremoti?

Importante scoperta dell'INGV.

Trovate sorgenti di magma sotto l’Appennino meridionale, zona Matese. Possono essere la causa dei terremoti?

Esiste una sorgente di magma sotto l’Appennino centro-meridionale che sarebbe in grado di generare terremoti di elevata magnitudo con ipocentro più profondo rispetto a quelli che solitamente avvengono lungo la catena appenninica. È quanto emerso dalla recente scoperta dell’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) in collaborazione col dipartimento di geologia di Perugia, pubblicata sulla rivista Science Advances.

 

L’interessantissimo studio tratta in maniera specifica la il sottosuolo della catena appenninica, la sua composizione e la sua sismicità e anche i meccanismi di risalita dei magmi e dei gas e su come monitorarli.

A tal proposito è intervenuta Francesca di Luccio, geofisico INGV e coordinatore del gruppo di ricerca, assieme a Guido Ventura : "Le catene montuose sono generalmente caratterizzate da terremoti riconducibili all’attivazione di faglie che si muovono in risposta a sforzi tettonici, tuttavia, studiando una sequenza sismica anomala, avvenuta nel dicembre 2013-2014 nell’area del Sannio-Matese con magnitudo massima 4.9, abbiamo scoperto che questi terremoti sono stati innescati da una risalita di magma nella crosta tra i 15 e i 25 chilometri di profondità. Un’anomalia legata non solo alla profondità dei terremoti di questa sequenza rispetto a quella più superficiale dell’area (meno di 10-15 chilometri), ma anche alle forme d’onda degli eventi più importanti, simili a quelle dei terremoti in aree vulcaniche".

La scossa del 29 dicembre 2014 fu decisamente forte, con magnitudo 4.9 sulla scala richter tanto che fu avvertita su molte regioni come Campania, Basilicata, Puglia, Lazio e Molise. Il sisma fortunatamente non provocò vittime o feriti, ma solo alcuni lievi danni strutturali nell’area dell’epicentro.  Dopo quella scossa gli esperti capirono subito che non si trattava di una sequenza sismica tipica degli Appennini. A tal proposito è intervenuto Nicola Alessandro Pino dell’Ingv, fra gli autori dello studio : "In poche ore gli ipocentri sono saliti da oltre 20 chilometri a 10 chilometri. Le scosse si sono mosse verso l’alto lungo due linee dritte, come se un fluido stesse risalendo verso l’alto ai due margini di una frattura.

E’ abbastanza frequente, nelle falde acquifere dell’Appennino, ritrovare anidride carbonica di origine vulcanica disciolta nell’acqua. Ma terremoti come la sequenza del matese sono fenomeni sporadici ed è difficile determinare se a risalire sia direttamente magma o gas che viene premuto verso l’alto dal magma sottostante. Quello che noi osserviamo è l’anidride carbonica che risale in superficie, mentre di quel che si trova sotto abbiamo solo un’idea approssimativa".

 

"E’ da escludere che il magma che ha attraversato la crosta nella zona del Matese possa arrivare in superficie formando un vulcano", aggiunge Giovanni Chiodini, geochimico dell’Ingv. "Tuttavia, se l’attuale processo di accumulo di magma nella crosta dovesse continuare, non è da escludere che, alla scala dei tempi geologici (ossia migliaia di anni), si possa formare una struttura vulcanica". 

 

Autore : Redazione MeteoLive.it