00:00 16 Gennaio 2001

Prato, la Trieste della Toscana

Aspettando la neve, descriviamo un fenomeno poco conosciuto

Prato, 16 gennaio
Non sono un botanico, ma stamattina ho provato molta pena nel vedere le mimose precocemente fiorite (così presto solo nel mitissimo inverno 87-88), con le siepi ghiacciate intorno alle fontane a creare un illusorio effetto neve.

Ce lo eravamo scordati a Prato l’inverno delle fontane gelate e della tramontana che taglia la faccia. Un clima che mi riporta alla memoria i rigidi inverni degli anni ’60, quando a 7-8 anni mi svegliavo in piena notte e restavo col naso appiccicato alla finestra per scorgere i primi fiocchi sfarfallare sotto la luce del lampione. La mia grande passione per il tempo è nata da quei primi turbamenti: la neve, o più spesso solo l’attesa del suo arrivo, l’alluvione di Firenze e le mareggiate estive lungo la costa tirrenica.

Da noi la neve non è certo di casa, ma non è neppure tanto rara. Mi confortano oltre 30 anni di dati giornalieri e statistiche personali, senza il supporto del quali tenderei anch’io ad avere la memoria corta e a ricordare solo gli eventi “clou”. Prato, insieme a Pistoia, è la città toscana di pianura dove nevica con maggiore frequenza (Arezzo e Siena si trovano a 300 metri di altitudine).

Quando andavo all’università, mi stupivo delle differenze con il capoluogo gigliato, nonostante i 20 chilometri scarsi che ci separano. L’effetto serra da riscaldamento urbano che grava sulla conca fiorentina comporta più di un grado di gap, in qualsiasi stagione. Ma è soprattutto la particolare posizione di Prato a fare la differenza. Vale la pena aprire una parentesi per soffermarsi su un fenomeno locale poco conosciuto.

Qui l’Appennino non è un ostacolo invalicabile e dal nord ci arrivano folate impetuose attraverso la Valbisenzio e la Valmarina. La tramontana è quasi un simbolo della città di Malaparte, al punto che qualche anno fa il Cai voleva dedicargli un monumento. A dire il vero la direzione prevalente è nord-est, ma tramontana è più bello di grecale e nell’immaginario collettivo secolare è conosciuta così. Insomma, abbiamo anche noi la nostra bora oppure, senza scomodare gli amici triestini, una situazione molto simile a quella di Genova. Qui in inverno la tramontana è davvero di casa, soffia forte e fastidiosa per giorni e giorni di seguito, anche quando il quadro generale sembra decisamente mutato e nelle vicine Firenze e Pistoia non si muove una foglia.

Proprio grazie a questo regalo di Eolo (ma per la maggioranza dei pratesi è solo una iattura),
spesso l’Appennino ci spedisce fioccate che non toccano affatto le zone vicine.
Ultima in ordine di tempo, davvero singolare e devastante, è stata quella di 2 anni fa: la notte del 9 febbraio 15 centimetri di neve “pesante” spezzarono l’80% dei pini cittadini. Seguirono un fortunale di libeccio e 50 millimetri di pioggia scrosciante che, oltre a innalzare la temperatura a 11 gradi, provocarono la piena di tutti i corsi d’acqua, con numerosi allagamenti.

Il giorno dopo, termometro in picchiata sotto una bora sferzante e nuova nevicata pomeridiana, stavolta solo un paio di centimetri. Le nevicate più abbondanti e durevoli, manco a dirlo, sono state quelle del gennaio 1985. Per una volta ho invidiato i fiorentini, solitamente arrabbiati perché da loro la neve “non attacca” quasi mai. Infatti, mentre sul ponte Vecchio l’8 gennaio ’85 si posava calma e a falde larghe, qui infuriava una tormenta poco raccomandabile. Il vento accantonava mezzo metro di neve nei punti protetti, lasciando solo ghiaccio e polvere bianca su altre superfici esposte.

Insomma, quella volta a Firenze la dama bianca se la sono goduta, noi un po’ meno. Altre nevicate storiche le abbiamo avute nel novembre-dicembre 1973 (28 centimetri) e nel febbraio 1991 (22 centimetri). La più inattesa e sorprendente – 12 centimetri, questa volta tranquilli e senza vento – è stata però quella del 16 marzo 1987, alle soglie della primavera. A parte i casi già citati e tralasciando poco significative spruzzatine, nell’ultimo decennio ci ha provato con esiti finali più modesti anche nel gennaio ’93, dicembre ’95, febbraio e dicembre ’96 e il 21 novembre ’98.
Autore : Francesco Albonetti