00:00 16 Ottobre 2012

13-16 ottobre 2000 in Piemonte e Valle d’Aosta, quell’alluvione da non dimenticare

Le premesse, l'evoluzione, le conseguenze. Ripercorriamo passo passo insieme ai nostri lettori uno degli eventi alluvionali più gravi avvenuti negli ultimi anni su Piemonte e Valle d'Aosta.

Nell’ultimo ventennio fu sicuramente l’evento alluvionale più grave dopo quello tragico del 1994. Un fatale concatenamento di eventi che ha visto coinvolte in un drammatico effetto domino meteorologia, geologia, idrologia e urbanistica.

Tutto nacque dallo sviluppo di un’onda sinottica di tipo depressionario proiettata con il suo asse principale dal nord Atlantico fin sulle Isole Britanniche. Il 12 ottobre il Regno Unito divenne il quartier generale del profondo vortice, ribattezzato poi con il soave nome di Josephine. A breve però la componente discendente della corrente a getto, posta sopravvento all’asse della saccatura, provocò l’allungamento della lingua depressionaria e il suo rapido sviluppo sul cuore della Penisola Iberica e ancor più fin sull’entroterra algerino.

Dall’altra parte del sacco, in direzione dell’Italia, prese vita un intenso letto di correnti meridionali a curvatura ciclonica, bene individuate alla quota di circa 1500 metri (low level jet), entro le quali si inseriva un primo sistema frontale carico d’acqua. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Lo sviluppo di due minimi secondari, uno sottovento ai Pirenei per via dei flussi freschi nord-occidentali in subentro dall’Atlantico, e l’altro sottovento all’Atlante per via dei richiamo caldo meridionale nord-africano, portò all’ulteriore approfondimento del vortice e al suo trafserimento in pieno Mediterraneo.

Il low level let si manifestò quale intenso vento di Scirocco e sospinse verso le nostre regioni di nord-ovest enormi quantitativi di energia sotto forma di calore latente (umidità) e sensibile (rialzo delle temperature). L’energia venne costretta a sprigionarsi in blocco in seguito al processo di sbarramento orografico imposto dall’impatto contro il versante padano delle Alpi occidentali.

Ecco che il giorno 13 ottobre il Piemonte e la bassa Valle d’Aosta finirono sotto una colonna di precipitazioni ininterrotta e di una intensità impressionante. La situazione dal punto di vista del carico idrico dei terreni divenne rapidamente insostenibile, anche in virtù del fatto che la pioggia cadeva fino a quote prossime ai 3500 metri. Fiumi e torrenti giunsero già nel pomeriggio di quel giorno al collasso. La perturbazione, continuamente alimentata da nuovi apporti umidi da sud-est, rimaneva bloccata sul posto fino a 15 ottobre a causa della resistenza opposta dalla risalita di un promontorio anticiclonico subtropicale sui Balcani.

I suoli montani cedettero in numerosi settori causando frane anche devastanti. Tra le vallate piemontesi maggiormente colpite dall’evento alluvionale ricordiamo la valle dell’Orco, le valli di Lanzo, la val Soana, la valle di Susa. Straripati tra gli altri i fiumi Stura, Sangone, Dora Riparia, Sesia. Tra le vallate valdostane segnaliamo quella di Cogne (oltre 450mm di pioggia i 72 ore) e quella del Lys (320mm).

La struttura depressionaria rimase sul posto fino al 16 ottobre esaurendo lentamente e sempre sulle stesse zone il suo potenziale fino all’ultima goccia. Solo a fine evento le torbide acque dei fiumi si colorarono di azzurro. Tutti tirarono un sospiro di sollievo: subentrarono le prime infiltrazioni di aria fredda e in montagna la quota neve calo rapidamente fin verso i 1500 metri. Era la fine, questa la volta la fine dell’incubo.

 

Autore : Luca Angelini