00:00 30 Gennaio 2002

Quel tredici Agosto 1955, fatti di meteorologia vissuta.

Cumuli di bel tempo, cumuli imponenti e cumulo nembi.

Il Maggiore Cominelli mi ordina di trasferire uno degli AT-6 della nostra Scuola, dislocata sull’Aeroporto di “Gino Lisa”, a Foggia. Dovrò consegnarlo al Generale Monti che attende all’Aeroporto di Guidonia.
Vicino all’aereo trovo il Capitano Danesi, uno degli Ufficiali Tecnici. E’ romano e chiede un passaggio per trascorrere il Ferragosto in famiglia.

Decollo senza fare un’analisi dettagliata delle condizioni meteorologiche: il tempo è buono e siamo in piena estate. Danesi si è dimenticato la cuffia ed anche il berrettino. Non ci possiamo comunicare attraverso l’interfonico di bordo così batte sulla cloche ogni volta che vuole chiamare la mia attenzione. Mi volto e vedo che si è messo sulla testa un fazzoletto bianco annodato ai quattro angoli per proteggersi dal sole. Non ha però dimenticato la macchina fotografica.

Seguo la rotta diretta in VFR che sorvola l’Appennino. E’ proprio una passeggiata inaspettata.
Poco a poco spuntano i primi cumuletti. Sembrano spruzzi di panna montata. Cominciano poi a crescere a vista d’ochio. Crescono rapidamente, sempre più alti ed all’improvviso mi trovo circondato da ogni lato. E’ un fenomeno naturale a cui dovevo pensare. L’aria che si riscalda, favorita dalle cime, sale vertiginosamente fino a formare quei bei cumuli imponenti. Se avessi analizzato con più attenzione le previsioni meteorologiche non mi troverei ora in questa situazione.

Non posso navigare nelle nubi senza autorizzazione. Chiamo allora il Controllo del Traffico Aereo per cambiare il piano di volo ma da diecimila piedi non mi riceve. Devo in ogni modo continuare: non c’è altra soluzione. Mi preparo allora al volo strumentale e, per il controllo della navigazione, tento di sintonizzare il radiofaro di Guidonia. L’intensa attività elettrica all’interno dei cumulo nembi in formazione interferisce però sull’indicatore dello strumento di bordo che oscilla in tutte le direzioni.

Le chiamate ai radiogoniometri di navigazione restano anch’esse senza risposta. Mi volto indietro ed osservo la faccia sorridente del Capitano Danesi. Non sospetta di niente e sta scattando fotografie ai cumuli.

Mantengo la stessa rotta fino allo scadere del tempo stimato che ho calcolato. Dovrei trovarmi in prossimità di Guidonia ma se il vento mi avesse scarrocciato? Iniziare a scendere senza un riferimento preciso può essere pericoloso ed invece di sbucare nelle vicinanze dell’Aeroporto potrei sbattere contro qualche cima. Non posso però restare in volo all’infinito così decido di perdere quota scendendo a spirale con un minimo rateo di discesa. Ad ogni piede che diminuisce la stretta al cuore, aumenta.

All’improvviso scorgo il terreno. Mi “tuffo” in quello squarcio e mi trovo finalmente al disotto delle nubi. Chiamo la Torre di Controllo che mi risponde prontamente e mi comunica le istruzioni per l’atterraggio. Poso le ruote sulla pista con una certa tremarella nelle gambe. Il Capitano Danesi, all’oscuro di tutto, si complimenta per la bella navigazione!
Autore : Pierluigi Marsigli