00:00 19 Gennaio 2001

Il cabernet della Val Gardena

Un racconto inventato che farà riflettere

Un racconto di pura fantasia, sicuramente pessimistico, ma tra le possibilità c’è anche quella di una preoccupante tropicalizzazione del clima dell’Europa Centrale e delle regione alpina. La città di Bolzano nell’anno 2006 in uno scenario quasi apocalittico.

L’intervento di un ingegnere esperto in esplosivi e di un vulcanologo in una immaginaria isola vulcanica dell’Indonesia è certamente di difficile se non impossibile realizzazione, fino ad ora si parla solamente di come fronteggiare il cambiamento climatico che sta avvenendo a livello mondiale e non mi risulta siano stati presi seriamente in considerazione progetti per modificare il clima in tempi rapidi.
Qualcuno al contrario sostiene che l’aumento di temperatura a livello planetario non è così marcato da destare preoccupazioni ma è semplicemente una temporanea fluttuazione verso l’alto mentre a lungo termine la terra si sta invece avviando naturalmente verso una nuova era glaciale.

Testo:

“Guardavo con un certo interesse quel vecchio termometro situato al centro di Piazza Municipio a Bolzano, era tale e quale a come lo ricordavo dieci anni prima, nel giugno del 1996 quando fu ripreso in un servizio televisivo perché segnava 43°, temperatura esagerata. Come allora era chiuso dentro quella cabina metallica dipinta di azzurro e battuta dal sole cocente. Erano passati dieci anni e la situazione era molto più drammatica: quello stesso termometro stava segnando 51° il che voleva dire che in realtà erano abbondantemente stati superati i 40°; consultai il sito meteo con il cellulare: la temperatura ufficiale di Bolzano Aeroporto era in quel momento 43.7°.

Era il 18 giugno 2006 e alle cinque e mezza del pomeriggio l’aria si era fatta torrida nonostante il fatto che, molto lentamente, il sole si stesse abbassando. Mi rifugiai sotto i portici all’interno dei quali si avvertivano miracolose folate di aria fresca e mi diressi velocemente verso la Piazza Erbe grondando abbondantemente sudore dalla fronte. Riflettevo sull’ondata di caldo implacabile che stava attanagliando il Mediterraneo e l’Europa Centrale da più di una settimana. Pensai con nostalgia al luglio 2000 quando su quelle stesse vie costantemente bagnate dalla pioggia nessuno portava le maniche corte.

Proprio con lo scoccare del nuovo millennio le estati erano diventate sempre più torride e gli inverni sempre più miti. -lo scorso inverno è stato il quarto consecutivo che qui a Bolzano non è caduto neanche un fiocco di neve – pensavo. Uscito dai portici ebbi la sensazione sgradevole che si prova quando si entra in un forno e notai che il cielo era diventato bianco lattiginoso e una strana foschia rendeva quasi invisibili anche le montagne più vicine. Già a metà maggio nessun nevaio delle dolomiti era sopravvissuto al caldo e alla persistenza della siccità su tutto l’arco alpino mentre il Belgio l’Olanda e le Fiandre francesi avevano da poco subito quell’alluvione apocalittica senza precedenti.

Attraversavo il Ponte Talvera con il viso bersagliato dai bollenti raggi solari temendo quasi di collassare per il caldo e osservavo i prati sottostanti il ponte che costeggiavano il torrente Talvera, ridotto a un misero ruscello. C’era fango secco dappertutto che nascondeva il giallo dell’erba, c’erano tronchi d’albero, tavole di legno marcio, brandelli di ferro arrugginito.

Mi chiesi ancora una volta che tipo di intoppo burocratico impedisse la rimozione di ciò che ricordava la tragica alluvione del 25-26 febbraio 2006. Erano passati quattro mesi e nella mia mente era ancora vivo il ricordo di quel diluvio che aveva flagellato tutto il Nord-Est con piogge fino a oltre 3000 m seguite da un’abbondante “nevicata” di sabbia sahariana. Ripercorsi tutti gli avvenimenti meteorologici dei mesi precedenti, mi vennero in mente quelle tiepide mattinate tutte uguali del precedente dicembre quando già a metà mattina ci potevi mettere la mano sul fuoco che anche a Bolzano la temperatura aveva superato i 10°, pensavo con rabbia a quel cielo nuvoloso che non portava nessuna precipitazione.

Che fine aveva fatto il tipico cuscinetto freddo della Val d’Adige? Facevo fatica a ricordare i rigidi inverni degli anni novanta quando ogni tanto nevicava anche in città e se non c’era la neve c’era comunque il freddo pungente che stazionava per settimane. Pensai con nostalgia anche a quei giorni di freddo del gennaio 2001 seguiti dall’ultima abbondante nevicata che aveva dato l’illusione a molti che in realtà il clima non era cambiato. Quella imbiancata del 20 gennaio 2001 su molte regioni del Nord aveva rappresentato l’ultimo saluto della Dama Bianca a molte città.

Le valli alpine erano diventate una desolazione, in Val Gardena qualcuno aveva coltivato i vitigni del Cabernet, ottenendo ottimo vino mentre cadeva sempre meno neve in inverno e a quota 2000 risultava quasi sempre impossibile sparare la neve artificiale causa le mitissime temperature invernali che anche di notte riuscivano appena a raggiungere lo zero.eppure in Sicilia il clima non era cambiato molto a parte la siccità estiva che da qualche anno durava dai sei agli otto mesi e le brevi ondate di calore con 46° a Catania e Palermo.

Entrai in macchina e accesi immediatamente il climatizzatore, uscii dalla città dopo aver incrociato 3 ambulanze che soccorrevano qualcuno che si era sentito male per il caldo, mi diressi verso Trento. Provai a mettere la mano fuori dal finestrino, il sole era scomparso dietro le montagne ma l’aria era bollente, il paesaggio della Val d’Adige all’altezza di Ora desolante: erba secca ovunque e molti frutteti di meli abbandonati, se non fosse stato per le case in stile tedesco il paesaggio così arido poteva ricordare l’Andalusia.

Ingannando me stesso pensai:- fra 3 giorni le giornate cominceranno di nuovo ad accorciarsi e la situazione potrebbe anche cambiare- Accesi la radio e ascoltai con grandissimo entusiasmo una notizia interessantissima. La voce della giornalista che con un tono molto pacato e un leggero accento romanesco diceva: – dopo l’inaspettata approvazione da parte del Consiglio Internazionale per il Clima il progetto dell’ingegner Miller e del vulcanologo Robert Smithson sarà realizzato a partire dal 15 settembre prossimo.

Il 1° settembre verranno evacuati i 450 abitanti dell’isola indonesiana di Wallis. Le 14 esplosioni che avverranno a profondità differenti all’interno del tappo di lava solida saranno automaticamente innescate a partire dal 15 settembre non appena la sonda registrerà il primo consistente aumento di pressione magmatica. In quel momento le 14 esplosioni verranno azionate secondo una sequenza predefinita. L’improvviso crollo della pressione litostatica dovuto alle esplosioni favorirà l’esplosione vulcanica che immetterà da 3.9 a 4.6 milioni di tonnellate di materiale.

Grazie alle caratteristiche della lava solida l’esplosione innescata darà luogo ad una quantità enorme di ceneri vulcaniche che, raggiungendo la stratosfera inizieranno a schermare la radiazione solare e, conseguentemente, a riportare in brevissimo tempo la temperatura media della terra sui valori della metà del secolo scorso”

Sono passati cinque mesi da quel 18 giugno e mi sembra di essere tornato indietro di 30 anni, peccato che non potrò più bere il Cabernet della Val Gardena.
Autore : Alberto Bulgarelli (alberto 60)