00:00 1 Ottobre 2003

Quando la natura si addormenta

Come reagiscono le piante e gli animali all’arrivo dei primi freddi autunnali?

In questi ultimi giorni, stante le basse temperature che si sono manifestate soprattutto di notte e al primo mattino, l’autunno si è fatto veramente sentire.

Anche se in alcuni casi il sole si è dimostrato ancora generoso e in grado di scaldare l’ambiente, tutti ci siamo accorti che l’aria è cambiata e l’estate è ormai un ricordo.

La stessa sensazione di cambiamento stagionale è stata percepita, oltre che da noi, anche dal mondo vegetale e dagli animali che popolano i nostri boschi.

Il fatto che una pianta si trovi in un luogo piuttosto che in un altro, sta a significare che questa è adattata a vivere in quel luogo e può sopportare anche eventuali condizioni avverse.

Un esempio su tutti riguarda il faggio: questo albero dal portamento maestoso, cresce esclusivamente in zone dove gli inverni sono spesso freddi e ventosi, accompagnati talvolta da grandi quantità di neve. Sui versanti padani dell’Appennino ligure lo si può trovare già dai 600 metri in su, mentre su quelli marittimi il suo limite è attorno ai 900-1000 metri.

Le foglie di questa pianta ingialliscono presto, specie negli esemplari che vivono a quote più elevate e sui pendii montuosi. L’azione del vento le fa cadere quasi subito, infatti già nella seconda metà del mese di ottobre si possono trovare alberi completamente spogli.

Anche i castagni sono piante tipiche di un bosco mesofilo ( di media montagna), anche se i loro adattamenti al freddo sono sicuramente meno spiccati rispetto ai faggi.

Introdotti un tempo per scopi alimentari, ora vengono governati a ceduo, ovvero con il taglio periodico degli esemplari più vecchi.

La sua dislocazione va dalle basse quote dai pendii rivolti a nord, fino ai 900-1000 metri di altezza. L’albero perde quasi completamente le foglie entro la prima metà del mese di novembre.

Un’altra pianta tipica dei nostri boschi è la quercia. Anche questo albero fa parte dei boschi mesofili e si distingue in base all’acidità del terreno in cui vive.

Su molte zone dell’Appennino ligure centro-orientale, le rocce prevalenti sono i calcari, formati da grandi quantità di carbonato di calcio. Su questo tipo di terreno cresce una quercia chiamata “Roverella”, molto tenace, in quanto riesce a mantenere sui rami le foglie ingiallite fino al mese di febbraio, nonostante sia spesso battuta da venti anche intensi.

Viceversa, dove prevalgono terreni più acidi, formati in prevalenza da serpentiniti , cresce il “Rovere”, quercia dalle foglie più scure e meno tenace rispetto alla “Roverella”.

I fattori che determinano la caduta delle foglie da una pianta non sono imputabili solo alla diminuzione della temperatura, ma anche alla diminuzione del “fotoperiodo” ovvero la quantità di luce che di giorno viene emessa dal sole.

Nel semestre freddo, la quantità di luce presente di giorno è nettamente inferiore rispetto al semestre caldo e ciò comporta un brusco rallentamento dei processi vitali di una pianta. Questo si manifesta con la caduta delle foglie, oppure con un minore accrescimento dei germogli e dell’erba.

Anche gli animali che popolano i nostri boschi devono adattarsi a vivere nei periodi freddi. Alcuni vanno il letargo, altri in diapausa, sospendendo tutte le loro attività vitali con una sorta di “sonno”. Molti uccelli migrano verso luoghi più caldi e ritornano solo quando le temperature sono ormai aumentate.

Altri animali, definiti stanziali, devono sopportare sulla loro pelle i rigori del freddo e in occasione di inverni particolarmente rigidi possono anche morire. E’ il caso dei cinghiali, dei caprioli e di molti uccelli non migratori che devono affrontare una dura battaglia per avere un po’ di cibo. Proprio in questo periodo, per chi possiede una casa in campagna, è più facile vedere questi animali avvicinarsi maggiormente agli agglomerati urbani, con la speranza di trovare qualcosa da mangiare.
Autore : Paolo Bonino