00:00 30 Giugno 2005

Mucillagini anche nei laghi dell’Himalaya!

Uno studio del CNR sui sedimenti delle era passate ha stabilito che non si tratterebbe della prima volta in assoluto ma che vi sarebbero dei precedenti. E intanto da quei laghi sta scomparendo la pulce d'aqua, un piccolo crostaceo fondamentale per il delicato ecosistema himalayano.

Le mucillagini, annoso problema che spesso tormenta le acque dell’Adriatico settentrionale, sono un fenomeno che si ripresenta durante l’estate, specie quando fa particolarmente caldo.
Tutta “colpa” delle diatomee, alghe microscopiche caratterizzate da un rivestimento siliceo, che in particolari condizioni climatiche (temperature elevate, scarsa disponibilità di azoto e fosforo,accresciuta disponibilità di carbonio, forte illuminazione) aumentano la
produzione fotosintetica dei mucopolisaccaridi (carboidrati): questi ultimi vengono riversati all’esterno della cellula costituendo una guaina gelatinosa.

Novità assoluta e scoperta incredibile è il fatto che le mucillagini possano essere rinvenute in ambienti d’acqua dolce di luoghi remoti, quali i laghi d’alta quota del Nepal Himalayano, l’ambiente più puro e incontaminato che si possa pensare, lontano dall’influsso antropico.

L’area è da tempo oggetto di indagine nell’ambito del Progetto interdisciplinare Ev-K2-Cnr, nel quale l’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Verbania-Pallanza conduce indagini limnologiche sui laghi d’alta quota, anche in relazione allo studio degli effetti del trasporto a lunga distanza di inquinanti, portato avanti in collaborazione con il Cnr-Irsa di Brugherio.

Accanto agli studi sugli ecosistemi attuali, il progetto prevede la ricostruzione degli ecosistemi del passato, mediante l’analisi di carote di sedimento. L’analisi di una di queste carote ha messo in luce come in una fase della vita del lago designato come Lcdn40, databile a quasi 100 anni fa, vi sia stata una vera e propria fioritura di alghe verdi filamentose dei generi Mougeotia e Spyrogira, in quantità tali da determinare la produzione di vere e proprie mucillagini.

A seguito della fioritura e della produzione di tali mucillagini, dal Lago Cdn40 è scomparsa Daphnia tibetana, il minuscolo crostaceo che rappresentava il principale organismo zooplanctonico del lago, dominatore incontrastato per quasi 3000 anni della sua storia. La scomparsa è stata, con tutta probabilità, determinata da una morìa massiccia dei piccoli, i più sensibili all’azione nociva delle alghe filamentose responsabili della produzione di mucillagini.

A provocare la fioritura algale sarebbero state le particolari condizioni climatiche di quel periodo, caratterizzato da elevata piovosità e dal conseguente maggiore apporto di sostanza organica, condizioni sorprendentemente simili a quelle che determinano la produzione di mucillagini in Adriatico.

La Daphnia tibetana è una specie di “pulce d’acqua”, quella della canzone di Angelo Branduardi. In realtà si tratta, come detto, di un crostaceo endemico della regione, una tra le specie di dimensioni maggiori (fino a 2 cm di lunghezza). Si tratta inoltre di una specie melanica, capace cioè di produrre un tipo di melanina simile a quella dell’uomo: la specie che ne ha preso il posto è invece trasparente, in quanto incapace di produrre melanina.

Tale sostituzione rende questo ambiente più vulnerabile al bombardamento della radiazione ultravioletta: non a caso, in tutto il mondo le specie melaniche, più resistenti agli UV, stanno soppiantando quelle non melaniche, come risultato dei presunti cambiamenti climatici.
Autore : Simone Maio