00:00 3 Marzo 2003

Montagne da salvare: i Monti Simbruini

Un complesso sistema idrografico e geomorfologico fa di questi monti l'ultimo rifugio per molte specie animali e vegetali, in una cornice paesaggistica e climatica molto interessante

Come una profonda ruga che incide terre ricche di storia, tradizione e bellezze paesaggistiche d’ogni tipo, la stretta Valle dell’Aniene conserva l’intero segreto dell’entroterra laziale, e segue con andare sinuoso gli strapiombanti contrafforti rocciosi dei Monti Simbruini, che su di essa adagiano la propria natura selvaggia, boscosa, complessa.

“Sub imbribus”: così gli antichi Romani erano soliti indicare queste zone, caratterizzate dall’evidente abbondanza di acque, sia superficiali che precipitative. Non a caso, i nomi “Simbruini” e “Simbrivio” (nome del bacino adiacente) stanno proprio a ricordare il suddetto connotato etimologico.
A conferma di quanto detto, oggi sappiamo che l’area geografica in questione è tra le più piovose dell’intero Appennino, superata solo – in termini di medie annue – da alcune zone dei Monti del Matese, del Cilento e delle Alpi Apuane.

La complessa idrografia e l’articolata struttura geomorfologica, unite ad una tormentata natura carsica, fanno dei Monti Simbruini un’area climatica, paesaggistica, faunistica e floristica notevolmente interessante ed estremamente diversificata.
Nonostante il deturpante intervento dell’uomo (caccia, pesca, insediamenti turistici, stazioni sciistiche, urbanizzazione selvaggia), e le gravi mancanze da parte del Parco istituito per difendere e valorizzare l’area, i Monti Simbruini rimangono un’isola felice per molte specie animali e vegetali, nonché per chi voglia vivere la montagna con lo spirito pionieristico di una volta.

Il paesaggio è tra i più diversificati: accanto ad immensi pianori erbosi dove pascolano bovini e cavalli, ecco spuntare dolci crinali ricoperti di selve boscose, intervallati qua e là da alture più argute e vette che si fanno più marcate man mano che ci si sposta verso sud.
La natura calcarea del terreno trova espressione in doline, grotte, inghiottitoi, cascate ed impressionati strapiombi.

Le altitudini mai esagerate non impediscono un notevole colpo d’occhio, anche grazie alle zone vallive che circondano il sistema montuoso a nord e ad est. I Simbruini non lesinano panorami mozzafiato sull’Agro Romano, sui Colli Albani, sulla Ciociaria e sull’intero entroterra laziale, fino ad abbracciare nelle giornate più limpide il colore caldo del Mar Tirreno. Ma il balcone verde non si risparmia nemmeno sull’altro versante, dove gli orizzonti spaziano sulle cime più alte dell’intero Appennino: dal Gran Sasso alla Maiella, dal Velino al Sirente, dal Terminillo alla Meta.

Le due vette maestre della catena, il Cotento ed il Tarino (2014 m il primo, 1956 il secondo), regalano emozioni uniche anche all’escursionista più esigente. Ed è proprio alle loro falde, tra incastonati contrafforti rocciosi, che trova il suo nido un pullulare strenuo di acque sorgive. Da lì scorre, inesausto, l’Aniene.
Autore : Emanuele Latini