00:00 28 Gennaio 2001

Isolati dalla neve: un Idillio Invernale

Una delicata poesia tradotta da un nostro lettore

Per la serie “Non ci resta che sognare”, ho tradotto la prima parte di una lunghissima poesia del poeta americano John Greenleaf Whittier (1807-1892) che descrive un ricordo della sua infanzia trascorsa in una fattoria solitaria del Massachusetts. Se un giorno inventeranno una macchina del tempo saprò subito dove andare….

A cura di Fabs

Snow-Bound: A Winter Idyl
(Isolati dalla Neve: un Idillio Invernale)

Il sole, in quel breve giorno di Dicembre
Sorse pallido sopra colline grigie,
E, cerchiato di scuro, diede a mezzogiorno
Una luce più triste della luna calante
Spandendo giù lentamente per il cielo che si copriva
La sua muta e cupa profezia,
Fenomeno quasi minaccioso,
Sparì dalla vista prima di tramontare.
Un gelo che nessun cappotto riusciva a respingere
Per quanto pesante e di lana domestica,
Una sensazione acuta, persistente e aspra di freddo,
Che bloccava, a mezza vena, il flusso
Del sangue vitale sul viso teso,
Annunciò l’arrivo della bufera.
Il vento girò da est: sentivamo il ruggito
Dell’Oceano sulla spiaggia d’inverno,
Che a forti raffiche pulsanti
Agitava la nostra aria di terraferma.

Nel frattempo svolgemmo le faccende serali,
Portammo la legna in casa,
Rivestimmo le stalle, e prendemmo dai cumuli di fieno
Il foraggio per le mucche;
Sentimmo il cavallo richiedere nitrendo il granturco;
E, sbattendo uno zoccolo dopo l’altro,
Attaccato alle stanghe, con impazienza
Il bestiame scuoteva questi archi di noce;
Mentre, scrutando dal suo trespolo
Sopra il palo di betulla,
Il gallo piegò l’elmetto crestato
E lanciò la sua sfida petulante.

Non più scaldata da alcuna luce crepuscolare,
La giornata grigia si mutava in notte,
Una notte resa bianca dal turbinio di danza
Della bufera accecante,
Un oscillare a zig zag, avanti e indietro
Percorreva e ripercorreva la neve alata:
E prima che fosse ora di coricarsi,
I cumuli bianchi raggiungevano la finestra,
E attraverso il vetro i pali degli appendipanni
Ci guardavano come alti e bianchi fantasmi.

Tutta la notte la bufera furoreggiò:
Il mattino sorse senza sole;
Con sfere minuscole e venata di linee
Dei segni geometrici della Natura,
Con fiocchi stellati, e faville,
Tutto il giorno scese la meteora ghiacciata;
E quando sorse splendente il secondo mattino,
Noi ammirammo un mondo sconosciuto,
E niente poteva più dirsi familiare.
Attorno a quella meraviglia scintillante
Si estendevano le mura azzurre del firmamento,
Non nubi sopra, non suolo sotto,
Un universo di cielo e di neve!
I vecchi oggetti quotidiani
Assumevano forme stupefacenti; strane cupole e torri
S’ergevano dove erano il porcile e il granaio,
O il muro del giardino, o il confine del bosco;
Al posto degli sterpi da ardere un cumulo liscio,
Un mucchio di neve senza steccato dove prima era la strada;
Il palo delle briglie era un vecchio seduto
Con un cappotto largo e un alto cappello a tricorno;
E perfino l’asta sopra il pozzo, alta e solitaria,
Nel suo splendore obliquo, sembrava ricordare
Il miracolo pendente di Pisa.

1866
Autore : Traduzione a cura di Fabs (da Mestre)