Interrompe il ticchettio della pioggia che batte sui balconi con il suo "woom" sordo e profondo. "Sembra lontano, o forse no. Ma cos'era un tuono? A dicembre? Certo non è cosa comune, le nostre orecchie sono abituate al fragore dei tuoni nel semestre estivo, ma d'inverno no, è davvero strano". Questo esclama chi vive a Torino come a Milano, ad Aosta come a Trento.
Se facciamo la doverosa eccezione della Liguria e delle coste veneto-giuliane, che risultano più favorite per motivi orografici o legati agli umidi venti provenienti dal mare relativamente caldo, il nord Italia raramente si trova ad assistere a fenomeni temporaleschi durante l'autunno e l'inverno. Ma perchè in autunno e in inverno i temporali su quelle regioni sono così rari? Semplicemente perchè manca la fonte primaria di energia, ossia il surriscaldamento solare dei suoli.
In mancanza di riscaldamento solare sufficiente la colonna d'aria presenta una stratificazione prevalentemente stabile, con l'aria più fresca intrappolata in pianura e nei fondovalle e quella più mite che vi staziona o vi scorre sopra. In talune circostanze però questo equilibrio può venire sovvertito e solitamente quando ciò avviene è da imputare a particolari cause dinamiche. Si possono verificare diverse situazioni tra le quali ne citiamo due in particolare.
La prima prevede la risalita di aria calda di origine subtropicale carica di calore latente (aria umida) o di calore sensibile (aria calda) sulla parte avanzante di una saccatura. Quest'aria scorre nei bassi strati tramite un flusso di origine nord-africana che instabilizza la colonna d'aria. Da un punto di vista fisico, lo squilibrio avviene a causa del maggior peso dell'aria fredda e più secca presente in quota al di sopra del cuscino caldo-umido che fluisce al suolo e che cerca in ogni modo la via per salire per ripristinare il suo stato di equilibrio.
Ecco dunque lo sviluppo delle nubi verticali, i cumulonembi, solitamente "affogati" nelle frange nuvolose di una perturbazione che funge da innesco. Rispetto all'estate le sommità di tali masse nuvolose risultano più modeste ma riescono comunque a generale l'attività temporalesca.
Nella seconda ipotesi è l'aria fredda e secca in quota a farsi avanti e a sorpassare la massa nuvolosa della perturbazione, generalmente un sottotipo particolare di fronte freddo. Quest'aria fredda scorre perpendicolarmente al fronte spezzandolo in due tronconi. Per motivi dinamici, quello posto a sinistra rispetto alla direzione del getto si intensifica e genererà l'inaspettato temporale invernale.
Quando le temperature lo consentono il temporale può diventare di tipo nevoso e regala panorami davvero suggestivi. L'immagine allegata, riferita al lago di Como, ne è una ineluttabile testimonianza.