00:00 10 Febbraio 2012

Il Blizzard: se lo conosci lo eviti (o lo vai a cercare)

Termine americano ultimamente salito agli onori della ribalta anche in Italia per via della straordinaria ondata di gelo siberiano. Ma cosa si intende esattamente e che fenomeno è esattamente il Blizzard?

 Come sempre gli Americani ci arrivano prima. In questo caso lo possiamo anche capire, visto che un vero oceano (e non è l’Atlantico) divide la divulgazione della meteorologia tra noi e i cugini d’oltre oceano. Il termine è nato per identificare quelle tempeste di neve accompagnate da irruzioni di aria artica che durante l’inverno possono investire con estrema severità il Canada e le coste orientali degli Stati Uniti.

E sono stati dunque proprio gli Americani a fissare i connotati di questo temibile fenomeno della natura che naturalmente può verificarsi anche in altre parti del globo, sulle zone polari come lungo la fascia temperata e quindi anche in Europa. Per essere classificato come Blizzard dobbiamo trovarci dinnanzi ad una bufera di neve con vento di almeno 35 mph, ovvero circa 55 km/h e temperature che procurino un wind chill (mix di vento+ freddo) di almeno -20°C.

Con queste condizioni la neve viene soffiata praticamente in orizzontale lungo le streamlines del vento e può causare la diminuzione della visibilità al di sotto dei 500 metri, ma ciò non basta ancora: a una tempesta con queste caratteristiche viene conferito il titolo di Blizzard quando ha una durata superiore alle 3-4 ore.

Se ci pensimo bene il Blizzard in Italia è molto più frequente di quanto si pensi: consideriamo ad esempio le violente bufere di neve che si accompagnano al transito delle perturbazioni invernali sulle cime delle Alpi o dell’Appennino, il cosiddetto "Scaccianeve" nostrano. Il fenomeno può diventare problematico però quando riesce a scendere fin verso le pianure o addirittura sulle zone costiere.

Anche in Italia abbiamo quindi i nostri Blizzard: basti pensare agli effetti della Bora o della Tramontana scura, rispettivamente sul Triestino e sulla Liguria centrale, ma anche i forti venti di grecale quale propaggine estrema del temibile Buran siberiano che investono con particolare severità le nostre regioni adriatiche raggiungendo a  volte perfino le coste.

Trovarsi immersi in una tempesta di questo calibro crea diversi rischi, dovuti essenzialmente alla difficoltà di respirare per via della neve sminuzzata dal vento che si introduce nelle vie respiratorie. Rischi dovuti anche agli accumuli abnormi causati dall’azione eolica ripetuta per diverse ore, nonchè alla visibilità ridotta che, unitamente al rapido attecchimento della neve al suolo, non permette di procedere in sicurezza sulle strade.

Ultimo fattore, ma certo da non sottovalutare, è il rischio di congelamento: ricordiamo che le estremità degli arti (mani e piedi), ma anche lobi delle orecchie e naso, perdono rapidamente calore in favore degli organi interni. Una prolungata esposizione al Blizzard può causare gravi congelamenti con blocco della circolazione sanguigna periferica degli arti, possibile necrosi con il rischio estremo, nei casi più gravi, di amputazione spontanea degli stessi.

Autore : Luca Angelini