00:00 27 Ottobre 2009

Foschie e nebbie ai raggi X

Una lezioncina per fare conoscenza con un nemico impalpabile.

La foschia è un fenomeno che si manifesta in prevalenza nelle pianure e nelle valli, prevalentemente in autunno e in inverno ed è piuttosto frequente nei regimi anticiclonici.

L’umidità relativa è superiore al 60%. Sulle distese d’acqua può essere presente in qualsiasi stagione. Molti sono portati a chiamare foschia anche la nebbia, che invece è composta da una concentrazione più alta di piccole gocce o di minuti cristalli di ghiaccio, che si formano in uno strato molto vicino al suolo.
La differenza tra ciò che gli addetti chiamano foschia e la nebbia è dovuta dallo stato di visibilità.

Si chiama foschia quell’offuscamento dell’atmosfera che consente comunque una visibilità superiore al chilometro, mentre si può chiamare già nebbia una visibilità inferiore al chilometro.

Le nebbie possono assumere sfumature diverse di intensità e colore ( dal bianco al grigiastro) e presentarsi in forma assai fitta da impedire la visibilità anche a pochi metri.

Nelle foschie ne risente solo la nitidezza della vista; le montagne e gli insediamenti lontani appaiono come celati da una atmosfera velata, con accenti più o meno marcati. Le nebbie inoltre si presentano con un’alta percentuale di umidità relativa, vicina al 100%
Le nebbie si manifestano prevalentemente in autunno e in inverno, e viste dall’alto di un colle o di una montagna hanno l’aspetto di una coltre biancastra, più o meno ondulata, che cela alla vista tutta la valle o la pianura.

Per quanto riguarda le nostre regioni, nei mesi invernali sono frequenti gli afflussi di aria fredda dal primo quadrante, determinati dalla presenza dell’anticiclone siberiano.

Quando quest’ultimo riesce a interessare la penisola balcanica, l’afflusso di aria tende a ruotare dal secondo quadrante raccogliendo umidità nel suo passaggio sul mare Adriatico.

La Pianura Padana ne risulta quindi la più diretta interessata in quanto accoglie l’aria marittima umida e piuttosto fredda che ristagna poi nei bassi strati.

Durante la notte inoltre, l’irraggiamento non è più sostenuto dall’apporto di calore generato dalla radiazione solare e la temperatura al suolo tende ad assumere valori sempre più bassi.

E’ facile quindi che si determini una situazione di inversione termica e si riscontrino temperature più alte in quota rispetto al suolo. Con temperature vicine allo zero, si formano nebbie molto basse.
La nebbia chiamata da irraggiamento si forma infatti dal contatto di aria più calda e umida con un suolo particolarmente freddo.

Lo spessore di uno strato di nebbia dipende dal rimescolamento delle correnti d’aria. In un aria senza correnti e praticamente immobile la condensazione avviene solamente nello strato più vicino al suolo, come avviene per la rugiada o per le nebbie la cui altezza o spessore raggiunge a malapena il metro.

E’ quindi sicuramente necessario che si sviluppi un leggero movimento dell’aria affinché il raffreddamento e quindi la nebbia possa avere maggior spessore ed estensione.

Venti che soffiano entro i 5 nodi si ritiene possano avere forti influssi circa la formazione di corpi nebbiosi consistenti sia in estensione che in spessore. Venti di intensità di poco più forte consentono molto raramente la formazione di strati di nebbia, mentre il rimescolamento potrebbe comportare la formazione di banchi di nebbia nelle zone di collina meno elevate.

Le nebbie di avvezione sono quelle determinate normalmente dall’aria umida e calda che si sovrappone a una superficie fredda. L’aria in movimento si satura e il vapore acqueo si condensa. Nelle nebbie di avvezione l’effetto del cambiamento delle temperature diurne e notturne è marginale. Al suolo si formano quando l’aria proveniente dal mare, più calda, giunge a contatto con il suolo più freddo Sul mare si formano quando l’aria terrestre più calda giunge a contatto con acque più fredde o quando l’aria marina più calda trova una corrente fredda.

Vi sono ancora nebbie chiamate comunemente “di vapore” quando l’aria fredda passa sopra acqua più calda, o “miste” quando l’aria calda e quasi satura, si mescola con aria più fredda, come nel passaggio di un fronte caldo dove l’aria calda arriva a mescolarsi con aria più fredda pre-frontale.

La caligine è dovuta a tutte quelle particelle solide che vagano nell’atmosfera come fumi e pulviscoli. La sua consistenza e spessore e molto variabile a secondo delle condizioni atmosferiche e interessa gli strati più vicini al suolo. Il limite superiore raggiunto dalla caligine è spesso determinato da una situazione di inversione in quota che ne favorisce la concentrazione e il ristagno.

Infatti, tutti i fumi e le polveri non potendo risalire oltre il limite delle inversioni si espandono e si ammassano al di sotto. Durante i regimi anticiclonici purtroppo la strato di caligine si abbassa ulteriormente in quanto l’effetto di subsidenza abbassa il livello d’inversione.

Le componenti caliginose restano in sospensione per effetto della turbolenza sia meccanica che termica e per il rimescolio dovuto alle correnti convettive. Con le precipitazioni, tutte queste componenti caliginose vengono ricondotte verso il suolo e l’atmosfera appare nuovamente limpida, dando una migliore definizione e contrasto alla visibilità.
Autore : Alessio Grosso