00:00 14 Aprile 2004

La fuliggine e l’isola di calore urbana

L'aria che respiriamo nelle città è spesso molto sporca. Ci sono altre sostanze che contribuiscono all'aumento delle temperature medie nei centri urbani.

Oltre all’anidride carbonica purtroppo, le attività umane immettono nell’aria anche grandi quantitativi di fuliggine, più consistenti nelle grandi città. In massima parte consiste di carbonio e si genera dalla combustione di gasolio, carbone, legna o biomassa in genere. Viene prodotta anche in natura durante le eruzioni vulcaniche, anche se il fenomeno è in diminuzione negli ultimi 100 anni.

Se osserviamo attentamente una superficie esposta all’aria come una terrazza o un balcone, specialmente in una grande città dopo qualche giorno di sole e proviamo a spazzarla, noteremo, insieme alle altre polveri, anche dei fini granellini grigio scuri che non sono altro che fuliggine depositata al suolo.

Secondo recenti studi, pubblicati sulla prestigiosa “Nature”, anche quelle particelle contribuiscono, per il 20% circa, all’isola di calore urbana. Precedentemente si riteneva che la fuliggine non si potesse mescolare agli altri gas atmosferici ed invece si è notato che combinandosi con l’ossigeno, assorbe più radiazione solare ma riflette anche il doppio del calore rispetto al carbonio puro.

Alcuni ricercatori della Stanford University hanno anche dimostrato come la fuliggine si mescoli, in soli cinque giorni, con il pulviscolo, l’aerosol marino e altre sostanze, spingendosi col vento a migliaia di km da dove è stata originata.

Quali effetti potranno avere milioni di tonnellate di questa sostanza sul clima mondiale? È ancora troppo presto per dirlo ma di fatto, per quanto riguarda l’isola di calore urbana, è un fattore da tenere sicuramente in considerazione nella stima delle temperature medie, molto più, ad esempio, del metano.

Come si dice, i guai non vengono mai da soli. Secondo altri studi all’Università di Medicina di New York, sembra ci sia una forte correlazione tra fuliggine e tumore ai polmoni. Come sottolineato sul “Journal of the American Medical Association”, in oltre 16 anni di ricerca si è appurato che il particolato fine (granelli di meno di 2,5 micrometri di diametro) causi il cancro ai polmoni almeno quanto una prolungata esposizione al fumo passivo. In particolare, il rischio di tumore aumenta dell’8% ogni 10 microgrammi di particolato per metro cubo d’aria.
Autore : Simone Maio