00:00 31 Gennaio 2013

La posta dei lettori: risolviamo gli ultimi dubbi su riscaldamenti stratosferici e ondate di gelo

Dubbi, curiosità, controsensi, voglia di imparare? Scrivete e la nostra Redazione risolverà i vostri quesiti.

Carissimo Luca Angelini, ho letto con interesse i tuoi articoli sui riscaldamenti stratosferici ma non capisco come possa il calore partire dalla troposfera. Per prima cosa, non capisco come questi riscaldamenti possano attingere a 60-70° di latitudine il calore sufficiente per innalzare in pochi la temperatura dai do oltre 60°C. Secondo punto: se il calore giunge dal basso, come mai i radiosondaggi non lo vedono e danno dal suolo sino ai 23-24 chilometri di quota temperature bassissime? Alfredo Negroni.

Risponde LUCA ANGELINI

Gentilissimo Alfredo domande più che lecite le tue. Tanto per iniziare i riscaldamenti proiettati verso la stratosfera polare in ambito invernale partono da onde planetarie troposferiche di tipo anticiclonico risonanti, di ampiezza e spessore sviluppati oltre un certo limite. Il limite è fissato anche matematicamente ed è noto come velocità critica di Rossby. Il flusso di calore che risale nell’onda anticiclonica (solitamente parte dall’anticiclone semi-permanente situato sulle isole Aleutine) è noto come "flusso di Eliassen e Palm", dal nome degli scopritori e deve convergere verso il Polo.

Laddove un’onda planetaria assuma queste caratteristiche tende a sfondare la tropopausa, limite oltre il quale le caratteristiche di stabilità e di densità dell’aria si modificano in modo sostanziale. Proprio a causa di queste modifiche, l’onda planetaria e il calore in essa contenuti aumentano notevolmente la propria ampiezza, quindi le loro caratteristiche. Ecco che il calore aumenta in modo esponenziale ed è quindi in grado di intaccare lo strato di ozono, abbondante il stratosfera, in modo diverso a seconda dell’annata e della conseguente relazione che lega la direzione dei venti stratosferici equatoriali (indice QBO) e la fase corrente dell’attività solare. La regola tuttavia è solo empirica e l’evento di quest’anno ne è una riprova.

Per concludere: il calore filtrato dalla troposfera si è così amplificato nella stratosfera e le reazioni cui vengono sottoposte le molecole di ozono provocano un ulteriore riscaldamento ma non è tutto. Una volta giunto alla sommità della stratosfera, ossia alla stratopausa (tetto che in taluni eventi può anche scendere di ben 20 chilometri rispetto alla situazione normale), il calore viene riflesso e tende a rientrare in troposfera.

Nel suo viaggio di ritorno la massa d’aria riscaldata viene intercettata dalla Corrente a Getto Polare, la quale la risucchia e la fa scendere forzatamente per una altro migliaio di metri, provocandone un ulteriore riscaldamento per compressione adiabatica. Ecco che il nostro anticiclone polare tocca terra (non sempre naturalmente) e scinde il blocco freddo originario del vortice polare troposferico mettendo in moto il noto meccanismo che inverte i centri di pressione dunque le correnti ad essi associate.

Per quanto riguarda i radiosondaggi occorre solo andare a pescare il luogo giusto dove il calore sta scorrendo verso l’alto. Solitamente questa zona la si trova al di sopra dell’anticiclone delle Aleutine nel caso della cosiddetta "wave1", o sull’Atlantico nel caso della "wave 2", ma è molto più agevole utilizzare apposite sezioni verticali dell’atmosfera che mettono bene in evidenza quanto calore stia salendo e dove. Nell’immagine è allegato il radiosondaggio del’area aleutinica, durante un episodio di stratwarming imminente: si nota chiaramente che la curva della temperatura, linea di destra, si innalza fortemente nella parte alta del grafico (ingresso in stratosfera) e raggiunge valori pari o addirittura superiori a quelli del suolo.

Autore : Redazione