00:00 4 Luglio 2007

Variazioni climatiche ed aumento della temperatura globale: allarmismi infondati?

Troppi elementi avvalorano le tesi contrarie alla responsabilità dell'intervento umano in merito ad un ipotetico riscaldamento globale, inoltre i dati certi sono ancora insufficienti per formulare delle ipotesi fondate.

Le discussioni intorno ai problemi inerenti ad una possibile variazione climatica verso un riscaldamento globale dovuto all’emissione di gas serra sono all’ordine del giorno.

Sull’argomento si spendono fiumi di parole e si intersecano le opinioni più disparate che spesso i mass media traducono in catastrofismi ma i dati fino ad oggi disponibili non sono sufficienti per formulare delle ipotesi scientifiche fondate e certe.

Personalmente non credo che le variazioni climatiche in atto siano da imputare principalmente all’intervento umano e ritengo infondati gli allarmismi riguardanti un repentino aumento della temperatura globale. Ma procediamo con ordine.

Alcuni sostengono che negli ultimi 100 anni la temperatura media, secondo i dati raccolti tramite i termometri sulla superficie terrestre, sarebbe aumentata di 0,6 gradi.

E’ vero che lo sviluppo della popolazione e delle attività ad essa connesse hanno creato delle “isole di calore” in prossimità dei grandi agglomerati urbani ma si tratta di aree geografiche molto ristrette rispetto alla totalità della superficie del nostro pianeta.

Basti pensare alla superficie occupata dagli oceani, dai deserti, dalle foreste e dalle zone disabitate quali la Groenlandia, l’Antartide e la Siberia. In queste zone non solo la presenza umana è totalmente, o quasi, assente ma non è mai esistita alcuna forma di monitoraggio delle temperature.

Come possiamo parlare di riscaldamento? Ma c’è di più. A partire dal 1979 sono disponibili le misure della temperatura della parte inferiore dell’atmosfera raccolte dai satelliti. Le misurazioni dei satelliti coprono l’intera superficie terrestre, sono realizzate secondo una metodologia omogenea ed hanno una elevata precisione.

Ebbene, dalle rilevazioni satellitari risulta che negli ultimi 25 anni non si è rilevata nella media alcuna variazione significativa.
Se poi volessimo accettare come valida la serie storica relativa ai dati rilevati al suolo, non si può affermare che le temperature attuali rappresentino una condizione mai verificatasi in precedenza.

Valori analoghi si erano registrati circa 1000 anni fa nel periodo definito “optimum climatico medievale” quando i Vichinghi occuparono la Groenlandia (non a caso, in inglese, Green-Land). E nello stesso periodo anche i ghiacciai alpini erano decisamente meno estesi di adesso, tanto è vero che nell’antica cartografia del 1200 esistono passaggi che oggi definiremmo alpinistici (il colle del Teodulo, tanto per citare un esempio).

Idem dicasi per tempi ancora più remoti, quando nel 218 a.C. Annibale attraversò le Alpi. Con i mezzi dell’epoca ed una schiera di elefanti non propriamente indicati a sopportare climi freddi, le condizioni climatiche dovevano necessariamente essere più favorevoli.

In sostanza la Terra è stata più calda di oggi in diversi periodi storici e non è stata la rivoluzione industriale a determinare quei cambiamenti. Secondo alcuni studi negli ultimi 500 milioni di anni la Terra ha perso per ben quattro volte le calotte polari e le ha rifatte, l’uomo non c’era. Se poi vogliamo ostinarci a paragonare i dati attuali con quelli di 100 anni fa non dobbiamo trascurare i margini di errore degli antichi strumenti di misura, di tutt’altra grandezza rispetto ai centesimi di grado con cui siamo abituati a ragionare oggi.

Parliamo ora della CO2, l’anidride carbonica, ovvero la maggior imputata alla realizzazione dell’effetto serra. Sembra che la concentrazione atmosferica di anidride carbonica sia costantemente aumentata dal 1880 circa, passando in 120 anni dalle 280 ppm alle attuali 360 ppm.

In un articolo pubblicato sulla rivista Science, Stephen Schneider scriveva che un incremento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera dell’800% avrebbe prodotto un incremento della temperatura di 2°C.
Ciò significa che un raddoppio della concentrazione produrrebbe approssimativamente un riscaldamento di soli 0,25 gradi. Inoltre, se tale parametro è così determinante per l’effetto serra, come mai a cavallo degli anni 50 è stato registrato un trend negativo delle temperature, tanto da indurre alcuni climatologi a pensare che si stesse andando verso una nuova glaciazione ?

Infine la produzione di anidride carbonica da parte delle attività umane è pari soltanto al 4% della CO2 prodotta da attività naturali ed è noto che la stessa CO2 favorisce la crescita della flora che, a sua volta, utilizza la CO2 nella fotosintesi clorofilliana per produrre ossigeno e sostanze organiche. Anche l’equilibrio e le interazioni tra presenza di CO2 nell’atmosfera e le funzioni del regno vegetale vanno quindi attentamente studiati ed analizzati.

In conclusione sappiamo che l’atmosfera è un delicato sistema deterministico caotico non lineare e le variabili che entrano in gioco nell’evoluzione del clima sono molteplici.

Prima di ritenere valide catastrofiche sentenze occorre studiare attentamente ogni parametro e forse oggi non abbiamo ancora tutti gli strumenti ed i dati necessari per formulare delle ipotesi precise.
Autore : Claudio Vancini