00:00 2 Ottobre 2013

Temporali: fin quando saranno possibili al nord?

I temporali sulle nostre regioni settentrionali sono prerogativa della stagione estiva. Il fenomeno, se corredato da un sufficiente numero di fattori concomitanti a livello termodinamico, può comunque verificarsi anche nel corso dell'inverno, vediamo quando e perchè.

 Autunno, stagione di temporali. Per molti però sono gli ultimi temporali stagionali, prima del letargo invernale. E’ il caso delle nostre regioni settentrionali, che durante l’inverno raramente assistono a fenomeni temporaleschi, come invece seguita ad avvenire su gran parte del centro e del meridione.

Se facciamo la doverosa eccezione della Liguria e delle coste veneto-giuliane, che risultano più favorite per motivi orografici o legati agli umidi venti provenienti dal mare relativamente caldo, il nord Italia raramente si trova ad assistere a fenomeni temporaleschi durante la seconda parte dell‘autunno e soprattutto in inverno.  Ma perchè in autunno e in inverno i temporali su quelle regioni sono così rari? Semplicemente perchè manca la fonte primaria di energia, ossia il surriscaldamento solare dei suoli.

In mancanza di riscaldamento solare sufficiente la colonna d’aria presenta una stratificazione prevalentemente stabile, con l’aria più fresca intrappolata in pianura e nei fondovalle e quella più mite che vi staziona o vi scorre sopra. In talune circostanze però questo equilibrio può venire sovvertito e solitamente quando ciò avviene è da imputare a particolari cause dinamiche. Si possono verificare diverse situazioni tra le quali ne citiamo due in particolare.

La prima prevede la risalita di aria calda di origine subtropicale carica di calore latente (aria umida) o di calore sensibile (aria calda) sulla parte avanzante di una saccatura. Quest’aria scorre nei bassi strati tramite un flusso di origine nord-africana che instabilizza la colonna d’aria. Da un punto di vista fisico, lo squilibrio avviene a causa del maggior peso dell’aria fredda e più secca presente in quota al di sopra del cuscino caldo-umido che fluisce al suolo e che cerca in ogni modo la via per salire per ripristinare il suo stato di equilibrio.

Ecco dunque lo sviluppo delle nubi verticali, i cumulonembi, solitamente "affogati" nelle frange nuvolose di una perturbazione che funge da innesco. Rispetto all’estate le sommità di tali masse nuvolose risultano più modeste ma riescono comunque a generale l’attività temporalesca.

Nella seconda ipotesi è l’aria fredda e secca in quota a farsi avanti e a sorpassare la massa nuvolosa della perturbazione, generalmente un sottotipo particolare di fronte freddo. Quest’aria fredda scorre perpendicolarmente al fronte spezzandolo in due tronconi. Per motivi dinamici, quello posto a sinistra rispetto alla direzione del getto si intensifica e genererà l’inaspettato temporale invernale.

Quando le temperature lo consentono il temporale può diventare di tipo nevoso e regala panorami davvero suggestivi. L’immagine allegata, riferita al lago di Como, ne è una ineluttabile testimonianza.

 

Autore : Luca Angelini