00:00 20 Ottobre 2004

Roma: piogge e rischi, vent’anni di memorie dal sottosuolo

Terreno fragile, speculazioni edilizie e sistema fognario non sempre all' altezza le cause dei dissesti idrogeologici. Ma il Comune ha un piano. Con l'autunno si riccendono le spie d'allarme per allagamenti e smottamenti. Ecco la mappa dei 68 punti critici.

Nei racconti della gente di Monteverde c’è ancora una traccia di quegli smottamenti ai primi del Novecento. Nella memoria ben più recente della città è fresco il ricordo per la tragedia di sei anni fa, in via di Vigna Jacobini, 27 morti al Portuense.

Roma e la pioggia, gli smottamenti, le frane: non è sempre storia di drammi, è sempre però un racconto di disagi. I primi quest’anno a settembre, quando la prima perturbazione ha fatto cadere in 36 ore tutto ciò che era previsto piovesse nel mese. L’autunno ora si fa sentire: gli ultimi disagi, l’altra sera, a Tor Bella Monaca, con l’allagamento del tunnel sotto la ferrovia e una famiglia salvata dai pompieri.

Mappa – Sulla base di ricerche della Protezione Civile e di studi geologici, ecco la mappa dei 68 punti che negli ultimi 20 anni hanno attirato l’attezione degli esperti: tra zone dove nel tempo si sono registrate sei frane (Granicolo, Monteverde, Montemario, Parioli, Campidoglio); luoghi dei 21 maggiori allagamenti (da Trullo e Magliana a Flaminio e Prati, da Tor di Quinto a viale Libia, da San Basilio a Tor Bella Monaca); cavità sotterranee (24) dall’Ardeatino alla Tiburtina, dal Portuense alla circonvallazione Gianicolense); voragini (17), da suddividere per quartiere: Centro storico, Tiburtino, Fiera di Roma, Centocelle, Casilino, Monteverde, Portense, Balduina.

Terreno – Il sottosuolo nel corso dei secoli si è trasformato per l’accumulazione di materiali sempre diversi. La continua sovrapposizione, senza un preciso criterio geologico o tecnico, di malta, sabbia, pietre, asfalto, ha prodotto oggi un sottosuolo fragile, incapace di drenare l’acqua piovana. Le pesanti modifiche dovute all’urbanizzazione che hanno stravolto l’aspetto fisico originario del territorio, come sbancamenti, notevole accumulo di terreni di riporto e scavo di cavità sotterranee, hanno accresciuto la predisposizione al dissesto. A questo va aggiunta la presenza di un fiume importante come il Tevere.

Tevere – Le argille e le sabbie che ricoprono la zona collinare cittadina, ubicata sulla destra orografica del Tevere, compresa tra Monte Mario e Ponte Galeria sono soggette a movimenti franosi. In realtà la cronaca di questi ultimi anni ha origini antiche, se si pensa che, soprattutto nella zona di Monteverde, sin dai primi del ‘900, si sono verificati numerosi smottamenti.

Mura Gianicolensi – Il 10 gennaio del 1963 una frana causò gravissime lesioni ai muri di sostegno, alle sedi stradali e alle reti fognanti, determinando uno stato di pericolo che portò alla chiusura al traffico di tutta la zona compresa tra le Mura Gianicolensi e viale Trastevere.

Centro Storico – Anche il centro storico non è immune dall’accumulo di terreni di riporto, materiale non omogeneo alle caratteristiche di quello originario e più antico, al punto che nella stratigrafia di tutte le carte geologiche il terreno di riporto è classificato come il più recente.

La conseguenza è che la cementificazione di ogni area, realizzata colmando i naturali dislivelli, ha sconvolto il naturale deflusso delle acque verso le quote più basse e, da queste verso il Tevere e l’Aniene.

I piccoli corsi d’acqua, che convogliavano verso quelli maggiori le precipitazioni non assorbite dal terreno, sono scomparsi o non riescono più a svolgere la loro funzione in quanto deviati, interrati o trasformati in discariche.

Fogne – E’ insufficiente il funzionamento della rete fognaria e troppo occasionale la ripulitura dei tombini da foglie e detriti. Negli ultimi anni si è parlato sempre più spesso delle buche nell’asfalto che rendono difficile la vita soprattutto ai motorini, ma ciò che più stupisce è la perseveranza nell’errore: una “pezza” d’asfalto e via, fino al prossimo cedimento causato, magari, da una debole pioggia.

Cave all’Aventino – Intanto il sottosuolo di Roma continua a degradarsi a causa della presenza di cave e cunicoli che spesso cedono sotto il peso della pioggia, del traffico o dei manufatti sovrastanti. In alcuni casi, come in via di San Giosafat all’Aventino o nell’ultimo tratto di via Valli al Portuense, la chiusura dura da circa un decennio.

Pubblicato sul Corriere della Sera – Roma, Lunedì 18 Ottobre 2004, pag.51
Autore : Francesco Leone