00:00 10 Marzo 2008

Riscaldamento Globale: ecco perchè l’artico si scalda e l’Antartide no…

Un importante studio del NOAA/SEARCH condotto sulla parte euroasiatica dell’Oceano Artico (Artico Occidentale) sta producendo risultati sorprendenti.

Questa ricerca, che raggruppa una vasta schiera di enti ed università mondiali, e che fa riferimento alla NOAA, sta monitorando da anni lo stato dei ghiacci della zona artica euroasiatica, e sta osservando che esistono (come era intuibile) delle strette interazioni tra le variazioni di circolazione atmosferica (AO), lo strato dei ghiacci, le temperature di aria e ghiacci, e il flusso termico tra ghiaccio (mare sottostante) ed atmosfera.

L’inverno artico è l’ambiente ideale per studiare i flussi radiativi Terra-Atmosfera-Spazio, infatti, grazie all’assenza della radiazione solare incidente per un periodo così prolungato, è possibile studiare, senza interferenze esterne, il funzionamento del meccanismo che permette alla Terra di non perdere tutto il suo calore di notte: l’effetto serra.

Sorprendentemente, i dati raccolti sul flusso termico complessivo tra i ghiacci e lo spazio, durante l’inverno artico, hanno fornito nuovi spunti di riflessione sulle cause del riscaldamento globale.

Le osservazioni satellitari, infatti, hanno mostrato che è in atto un aumento nell’irradiamento nello spettro degli infrarossi dai ghiacci verso l’atmosfera (con assorbimento di parte del calore dall’atmosfera stessa) e quindi verso lo spazio, cioè c’è un maggiore flusso di calore Terra-Spazio rispetto al passato e rispetto alle previsioni.

Questo aumento di flusso termico sarebbe causato dall’assottigliamento, registrato nei decenni, della banchisa artica stagionale, che, isolando meno efficacemente l’atmosfera dal mare, avrebbe facilitato il trasferimento di calore dal mare verso l’alto.

Tale fenomeno potrebbe essere il maggiore responsabile dell’aumento termico registrato sia localmente che non.

Ma quali sarebbero le cause dell’assottigliamento della banchisa?
Il primo candidato è naturalmente l’effetto serra che, secondo i ricercatori che sostengono questa teoria, provocando un aumento termico causerebbe lo scioglimento dei ghiacci, ostacolandone poi la riformazione.

Ma le temperature artiche non sono tali da impedire la formazione del ghiaccio invernale, la riduzione di spessore della banchisa non sembrerebbe, quindi, imputabile all’azione diretta di un riscaldamento, ma piuttosto ad altre cause (il flusso di calore di cui si parla sopra avviene comunque a diversi gradi sotto lo zero).

C’è da considerare, poi, il fatto che il flusso termico opposto, cioè quello proveniente dall’alto diretto verso il basso, provocato proprio dalla capacità atmosferica di trattenere calore, riflettendo parte della radiazione emessa dal basso, è aumentato sopra il Polo in maniera proporzionale al flusso emesso dal giaccio e niente di più.

Va inoltre detto che, date le discrepanze con i rilevamenti satellitari e data l’assenza di un sistema esteso, a tutta la superficie oceanica e terrestre, di rilevamenti sul flusso termico riflesso verso il basso dall’atmosfera per effetto serra, tale teoria non ha ancora trovato un riscontro sperimentale, ma continua ad appoggiarsi a dei modelli matematici che, per quanto complessi, restano delle ricostruzioni virtuali ed piuttosto approssimative di una ipotetica realtà atmosferica.

Il secondo candidato potrebbe essere individuato nelle temperature delle correnti oceaniche artiche, ma i dati a disposizione ci dicono che non ci sono sensibili variazioni termiche nell’Oceano Artico, anche se si notano variazioni nel moto delle correnti artiche stesse.

Il terzo candidato sarebbe la circolazione atmosferica.

Infatti, mettendo insieme i cambiamenti registrati negli ultimi decenni in diversi parametri, si è arrivati a costruire l’ipotesi secondo cui il vero responsabile dei cambiamenti sopra citati (diminuzione dello spessore dei ghiacci, aumento termico atmosferico al suolo e aumento di flusso termico-radiativo criosfera-atmosfera-spazio) potrebbe essere la variazione della circolazione atmosferica nel nostro emisfero ed in particolare nella zona artica.

Infatti c’è una singolare coincidenza dell’andamento temporale di questi importanti parametri.

E’ stata rilevata una graduale diminuzione (media annua) di pressione atmosferica con una corrispondente variazione nella normale oscillazione atmosferica artica (AO). Contemporaneamente si è avuta la progressiva diminuzione dello spessore dei ghiacci ed un aumento di flusso termico mare-ghiacci-atmosfera-spazio, e quindi l’aumento termico atmosferico prossimo al suolo.

Le attenzioni del gruppo di scienziati che tentano di spiegare questo fenomeno, mettendo in relazione questi cambiamenti, si stanno concentrando sullo studio del progressivo cambiamento di circolazione atmosferica, che avrebbe prodotto l’assottigliamento dei ghiacci artici marini (dal 10 al 14% nell’ultimo secolo, ed in particolare nell’ultimo ventennio), tramite una riduzione di precipitazioni nella stagione invernale (solitamente già scarse nella zona artica) ma soprattutto con un cambiamento delle correnti atmosferiche nella circolazione dei ghiacci stessi sotto la spinta di correnti marine.

In pratica, se la ricerca andrà a buon fine confermando la tesi e i dati finora raccolti, si potrebbe dire che l’aumento termico atmosferico, almeno in gran parte, potrebbe spiegarsi con una variazione della circolazione atmosferica della parte più settentrionale dell’emisfero, che indurrebbe, indirettamente, un maggior trasferimento di calore dall’Oceano Artico (sotto la banchisa) all’atmosfera stessa.

Questa teoria troverebbe anche la risposta ad uno dei dati che ha messo maggiormente in crisi la “teoria dell’effetto serra”, ovvero il fatto che le medie termiche dell’emisfero australe, che oltre ad avere una circolazione atmosferica praticamente disgiunta dalla nostra, è anche caratterizzato da una zona artica situata quasi completamente su una zolla continentale (terraferma), non hanno registrato le sensibili variazioni del nostro emisfero.
Autore : Massimiliano Santini