00:00 1 Ottobre 2004

RIFLETTIAMO: la montagna e il doppio volto dello sci

Lo sci e il problema del mancato rispetto verso la montagna: è solo una questione di sensibilità?

Avete mai pensato a cosa si immagina quando si pronuncia la parola “montagna”? A me vengono in mente vette innevate, ma anche cime verdeggianti e boscose; poi penso al freddo, ma anche ad una tiepida giornata di sole; e poi potrei pensare ad una bufera di neve con un vento fortissimo e teso, ma al contempo ad un pic-nic all’ombra di un castagno nel bel mezzo di una calda estate mediterranea.
Poi penso allo sport, al movimento, all’attività fisica: “montagna” significa mountain-bike, escursionismo, jogging, trekking a cavallo, scialpinismo, free climbing o quant’altro di più bizzarro si possa immaginare.
Per non parlare, poi, di chi, come me, vede la montagna come un immenso teatro in cui scattare all’infinito le proprie fotografie naturalistiche.

E’ difficile oggi pensare alla montagna come ad un qualcosa di statico, di univoco, di ben definito e di circoscritto.
La montagna è quell’insieme di sensazioni e di emozioni in cui la persona sa trovare una propria dimensione d’appartenenza, e nell’àmbito della quale coltivare le proprie passioni.
La montagna potrebbe insomma essere paragonata ad un’immensa palestra, in cui ognuno si sente libero di esprimere la propria creatività, il proprio bisogno d’evasione e su tutto la propria personalità.

La montagna non si risparmia a nessuno: l’infinità delle sue risorse, la molteplicità delle sue forme, la sua grande adattabilità alle esigenze umane e la sua prestanza ne fanno un mondo tutto da scoprire, anche per il più distratto dei suoi visitatori.

Ma, ahimè, oggi la montagna sembra diventata un surrogato dello sci, tanto è diventato, nel corso del tempo, il business e lo strapotere di questo sport nell’economia della montagna stessa.
Sembra impossibile pensare alla prima senza un seppur minimo riferimento al secondo, come se le due realtà viaggassero necessariamente assieme; ma posso assicurarvi che non è così.

Non tutti coloro che amano la montagna, infatti, si sentono portati ad amare lo sci; e non tutti coloro che amano lo sci amano di conseguenza la montagna.
Anche perché, parlando di sci, va fatto un ulteriore distinguo: parliamo dello sci di discesa, non certo dello sci di fondo o delle altre discipline ad esso vicine, purtroppo considerate come sport invernali “di Serie B”.

C’è però anche da dire che in molti hanno imparato a sciare in relazione al proprio amore per la montagna.
Praticare lo sci di discesa significa in un certo senso vivere a pieni polmoni l’intensità e l’emozione della montagna, completando un percorso che inizia con un semplice trekking in campagna e che può portare allo scialpinismo e oltre.
Si arriva allo sci anche per poter godere di splendidi panorami, praticando al contempo uno sport completo, agonistico ed entusiasmante.

E poi c’è anche chi arriva allo sci per puro caso, perché magari l’amico o il parente ti porta con sé, e dunque -per i casi strani della vita- ci si ritrova catapultati in una realtà che fino a qualche giorno prima risultava impensabile da pronosticare; e magari quello diventa il punto di partenza per un avvicinamento alla montagna che trova il suo “input” proprio dallo sci.

Insomma, si può amare la montagna ad iniziare dallo sci, o si può arrivare allo sci per l’amore che si nutre verso la montagna; ma questa non è una regola fissa.

C’è infatti chi arriva allo sci per pura e semplice noia, per provare qualcosa di diverso dalla routine quotidiana; c’è poi chi decide di imparare a sciare perché lo impone la moda, perché adesso sciano tutti, o perché magari per qualcuno lo sci è diventato uno “status symbol”.

C’è chi scia per sfoggiare la tuta più sgargiante del comprensorio, o gli occhiali all’ultimo grido; o magari perché, all’occorrenza, lo sci è anche pura apparenza, cosa che non guasta mai.

Poi c’è chi deve battere il record dei cento chilometri orari, in barba ai criteri di sicurezza vigenti sulle piste; così come c’è chi va in settimana bianca per aderire ad un nuovo fenomeno sociale, quello delle amicizie e delle love-stories da vacanza.
E, come se non bastasse, c’è chi scia al cospetto delle più belle montagne del mondo, senza sapere di essere nel cuore delle Dolomiti, come se le piste di discesa fossero delle giostre impiantate lì per caso, purtroppo lontano da casa, e magari non proprio all’altezza delle nostre aspettative.

E non sarebbe da stupirsi più di tanto se, tra non so quanti anni, venissero realizzati degli impianti di risalita e delle piste con neve artificiale nel cuore di Roma o di Milano, o magari di fianco a Gardaland. In fondo lo sci è una giostra, un modo per divertirsi: perché essere costretti a fare cinquecento chilometri?

Una signora conosciuta qualche settimana fa sugli impianti mi ha detto: «Che veniamo a fare quassù, con questo freddo, con queste strade ghiacciate, piene di curve? Mettiamo lo sci in città, sarebbe più comodo…».
Autore : Emanuele Latini