00:00 20 Marzo 2009

Quando il livello del mare non obbedisce al Global Warming

Se la linea di costa arretra e il mare avanza sulla terraferma non è sempre colpa dell’aumento di temperatura; molte altre sono le cause di oscillazione del livello marino e soprattutto del deterioramento dei litorali.

Dappertutto si sente proclamare che il livello del mare si alzerà nei prossimi anni, che città come Venezia, Stoccolma, Amsterdam (tra l’altro già sotto tale livello di circa 2m); ma anche New York, Calcutta, Tokyo e tante altre saranno invase dai flutti marini, fino a costringere gli abitanti al loro progressivo abbandono.

Si danno cifre, si fanno date, addirittura si progettano piani di eventuali evacuazioni e trasferimenti di interi abitati o regioni. Nei giornali di una decina di anni fa si leggeva che il livello del mare si sarebbe alzato di 60 cm entro il 2012; mancano poco più di due anni, ma di questo innalzamento nessuna traccia. Le previsioni per i prossimi 50 anni e la fine del secolo? Parlano di metri, ma la realtà dei fatti è molto complessa e lungi dall’essere univoca per tutto il pianeta.

Tornando alle oscillazioni del livello del mare, innanzitutto è bene precisare che un aumento di temperatura causa una dilatazione delle masse d’acqua, quindi anche di quella del mare; ma solo oltre i 4°C. Nelle acque fredde infatti avviene l’esatto opposto (fenomeno per il quale il ghiaccio è più leggero dell’acqua da cui si origina). I sostenitori dell’innalzamento del livello globale dei mari, a causa del GW, hanno giustamente aggiunto questo dato a quello dello scioglimento dei ghiacci polari.

Il fenomeno in effetti è reale, ma il suo contributo si risolve calcoli alla mano in alcuni millimetri per grado di temperatura che, con tutte le complicazioni dovute alla salinità, al raffreddamento delle acque per scioglimento dei ghiacci polari, all’aumento di evaporazione per il presunto riscaldamento ecc. porta a conseguenze trascurabili.

Ma se il livello del mare può sembrare in equilibrio su tutto il pianeta, dato che gli oceani sono tutti comunicanti, si presume che la linea di costa si muova in modo uniforme ovunque; che insomma un innalzamento, anche minimo, del livello del mare si ripercuota su tutti i bagnasciuga del mondo. Niente di più falso e semplicistico.

Le migrazioni delle linee di costa sono soggette ai fattori più disparati, da quelli tettonici e geologici, a quelli glaciologici, astronomici e non meno importanti quelli antropici, sia diretti che indiretti.

Tra i primi si annoverano i lenti movimenti di quelle che sono chiamate le zolle della crosta terrestre; un mosaico di colossali frammenti rocciosi che galleggiano su uno strato semi-fluido, instabile e in continuo movimento, noto come “mantello”. Gli effetti in superficie si apprezzano a distanza di decenni, spesso secoli, ma che localmente possono essere molto vistosi. Le linee di costa arretrano o si estendono verso l’interno di alcune regioni perché in quelle zone la crosta terrestre, fondale comune per il mare come per l’aria, sprofonda o si innalza sotto le spinte interne della terra. Solo nella nostra Italia sono tanti gli esempi di zone costiere in lento sprofondamento, come quelle del medio Tirreno, ed altre in sollevamento come parte della Calabria Ionica.

Ci sono poi cause miste, geologico-glaciologiche, come l’isostasia, letteralmente equilibrio di galleggiamento. Già perché questi zatteroni di crosta terrestre, in alcune parti del pianeta come l’Antartide e la Groenlandia, e in passato anche altrove e in modo molto più esteso, sono oberati da imponenti cappucci di ghiaccio, leggero più dell’acqua certo, ma molto pesante per via degli spessori kilometrici (fino a 3-4 km). Queste zone continentali si comportano un po’ come barche sovraccariche; appena il ghiaccio tende a sciogliersi ecco che la linea di pescaggio, ossia quella di costa, emerge dai fondali marini. La Scandinavia ad esempio, un tempo seppellita da una poderosa calotta glaciale, continua tutt’ora a sollevarsi e le sue linee di costa ad avanzare nel mare, soprattutto dalla parte del Golfo di Botnia.

Anche l’uomo contribuisce più o meno direttamente alle migrazioni delle linee di costa, soprattutto quando si tratta di farla arretrare, con conseguente allagamento delle pianure costiere. Ad esempio l’estrazione di acqua e/o idrocarburi nelle zone litoranee crea degli spazi vuoti in profondità ai quali la terra risponde con il fenomeno della subsidenza; letteralmente un lento, ma progressivo sprofondamento.

Questo è un fatto risaputo per molte zone della Pianura Padano-Veneta e dell’alto Adriatico, ma anche del Mare del Nord e del Golfo del Messico, dove tra l’altro le estrazioni da qualche anno sono vietate fino a diverse decine di km dalla costa. La subsidenza nelle pianure interne, lontano dalle coste, provoca inoltre impaludamenti ed allagamenti più repentini e frequenti.

Ma l’attività antropica nella modifica degli equilibri litoranei si esprime anche attraverso numerose attività di sfruttamento dei sedimenti fluviali o del loro pressoché completo intrappolamento con gli sbarramenti artificiali, installazioni portuali, dighe ed affini. Da anni si registra un impoverimento progressivo della quantità di sedimenti adatti alla formazione delle spiagge e una loro conseguente erosione, con progressivo arretramento della battigia.

La stessa battigia, un tempo libera di spostarsi anche orizzontalmente seguendo cicli naturali o fenomeni di migrazione litoranea, che oggi si cerca a tutti i costi di imbrigliare e stazionare, nei pressi di una famosa stazione balneare o di un noto lungomare, ora con dighe litoranee, poi con pennelli e frangiflutti più o meno sommersi, e costosissimi ripascimenti dove la sabbia viene a costare più dell’equivalente di asfalto!

In questo casi l’innalzamento del livello del mare è solo apparente; in realtà è la costa ad arretrare, la spiaggia ad assottigliarsi e le dune a scomparire. Insieme a tutto questo diminuisce la protezione autonoma e naturale del litorale ed aumenta la sua vulnerabilità al moto ondoso e alle mareggiate.

Che il livello del mare, ma soprattutto le linee di costa, sono in continuo movimento è risaputo ed è un fenomeno che si è sempre verificato, anche in maniera più drastica che nell’attuale. La novità è nella componente antropica e nella sua influenza negativa sugli equilibri costieri. Inutile e troppo semplice far seder sul banco degli imputati un personaggio ambiguo come il riscaldamento globale, che sia o no provocato dall’uomo. Il vero responsabile è quest’ultimo e chiare ed evidenti sono anche le conseguenze delle sue azioni di modifica del paesaggio. È su queste che bisognerebbe intervenire dal momento che, dopo decenni di studi ed indagini, se ne conoscono anche gli effetti.

Gli studi esistono e sono più che avanzati, così come le tecniche da mettere in atto per contrastare il fenomeno; ma l’inerzia politica e decisionale, gli interessi contrastanti (ad esempio tra stabilimenti balneari ed installazioni portuali, anche a decine di km di distanza; oppure invasi per la produzione di energia idroelettrica o irrigazione e abitati costieri) e lo scarica barile in direzione dei cambiamenti climatici, la tentazione di rifarsela con il riscaldamento globale, se da un lato spolverano un pò le coscienze, dall’altro ci cementificano nell’immobilismo.
Autore : Giuseppe Tito